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Scuole, a Tropea braccio di ferro tra genitori e sindaco: «Chi tiene i figli a casa rischia una denuncia»

I rappresentanti di classe chiedono uno screening preventivo. Il primo cittadino Giovanni Macrì risponde a muso duro: «Inutile, qui non ci sono focolai. L’obbligo scolastico non può essere eluso»

Scuole, a Tropea braccio di ferro tra genitori e sindaco: «Chi tiene i figli a casa rischia una denuncia»
Foto di repertorio (Ansa)

A Tropea è in corso un vero e proprio braccio di ferro tra il sindaco Giovanni Macrì e i genitori contrari alla riapertura delle scuole senza uno screening preventivo per la ricerca di eventuali casi di Covid non conclamati.
A puntare i piedi sono alcuni rappresentanti dei genitori, che lamentano «una situazione di disomogeneità di provvedimenti che vede, all’interno dell’area territoriale afferente il medesimo istituto scolastico, comuni che hanno disposto gli screening ed altri che non hanno ritenuto opportuno provvedere».   

«Una situazione caotica ed inspiegabile – affermano – anche alla luce della riunione del 4 gennaio che ha visto riuniti i sindaci, i dirigenti scolastici e le autorità sanitarie, nel corso della quale è stata formulata la proposta di procedere alla sospensione delle attività scolastiche per un periodo di dieci giorni e dove è stato evidenziato da tutti i dirigenti scolastici che la didattica digitale integrata è pienamente equiparabile, ai sensi di quanto disposto dal competente ministero, alla didattica ordinaria».

Da qui la richiesta al Comune di avviare «una campagna di screening volta a tranquillizzare gli animi e a garantire adeguate condizioni per il rientro». In particolare, i genitori che animano la protesta puntano il dito contro quello che definisco come «incomprensibile atteggiamento del sindaco», che ha bollato «come inutile la campagna di screening anche a dispetto di una situazione che ampiamente smentisce tali atteggiamenti». «Basti ricordare – continuano – la situazione di Ricadi dove, grazie allo screening preventivo puntualmente disposto dal sindaco, sono stati rilevati otto casi di positività in una popolazione scolastica di numero ampiamente inferiore a quello di Tropea».

In attesa di sviluppi, dunque, la stragrande maggioranza dei genitori ha deciso di non mandare i figli a scuola, come avvenuto in altri Comuni della provincia vibonese.
Un atteggiamento stigmatizzato da Macrì, che, interpellato dal nostro giornale, rimarca «l’obbligo scolastico» previsto dalla legge e le «conseguenze penali a cui possono andare incontro i genitori che lo eludono».

«Il Comune di Tropea – ha detto il primo cittadino, rivolgendosi direttamente ai genitori – segue rigorosamente le indicazioni che vengono impartite dallo Stato e dagli organismi deputati alla gestione della pandemia: Iss e Cts. Superfluo ricordare la fine delle 2 ordinanze della Regione Calabria e di quelle di qualche sindaco calabrese (sospese dal Tar, ndr). L’amministrazione comunale di Tropea agisce secondo scienza e coscienza e nel rispetto della legge, nell’interesse superiore della popolazione e, nella fattispecie, dei bambini e dei ragazzi. Non poniamo in essere azioni discutibili, per non dire inutili, il cui unico fine è quello di assecondare una fetta di popolo e fare arricchire qualcuno con i tamponi antigenici».

Per dare maggiore forza alla sua tesi, il sindaco richiama i numeri molto contenuti del contagio a Tropea: solo 12 sono i positivi, mentre fino a ieri se ne contavano 17. «Un numero irrisorio su una popolazione residente di circa 6.200 – conclude -. Mi fido solo del Comitato tecnico scientifico, non mi improvviso virologo. A Tropea non esistono e non sono mai esistiti focolai. Dispiace per i bambini che oggi non sono rientrati a scuola. I miei due figli si sono regolarmente presentati in classe. Esiste un obbligo scolastico che non può essere ignorato».

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