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La Befana del vigile a Vibo, storia di una tradizione che non c’è più

Il giorno dell’Epifania rappresentava un momento di riconciliazione tra le guardie municipali e la cittadinanza che li omaggiava di ogni ben di Dio

La Befana del vigile a Vibo, storia di una tradizione che non c’è più
La Befana del vigile a Vibo (foto Guido Maduli)

La Guardia municipale di Vibo Valentia, come allora veniva chiamata, era composta da un numero sufficientemente ampio di unità, adeguato alle esigenze della città di quegli anni e che riusciva a destinare, in maniera permanente, un’unità anche nelle frazioni maggiori.

La Befana del vigile negli anni ’50 (foto Maduli)

Il 6 gennaio era un po’ la loro festa. Rappresentava la giornata della riconciliazione tra cittadini e vigili urbani, ai quali venivano perdonate le multe comminate durante l’anno appena finito. Sulla classica pedana di legno, i vigili si alternavano nel compito di dirigere il traffico. La città non era ancora invasa dal traffico asfissiante che conosciamo oggi e per controllarlo non vi era bisogno di impianti semaforici, bastava un vigile che lo regolamentava per mezzo di movimenti delle braccia: braccio alzato per comandare l’alt, braccio destro o sinistro teso lateralmente per far transitare.

Nel giorno dell’Epifania i cittadini erano soliti lasciare un dono accanto alla pedana posta in via Circonvallazione, all’incrocio di via Gagliardi, e in quella posizionata per l’occasione nella piazzetta di Vibo Marina. Ai piedi della postazione veniva depositato di tutto: gli immancabili panettoni con relative bottiglie di spumante, ma anche dolci, olio, pasta, fiaschi di vino, latticini, tranne, naturalmente, offerte in denaro. Qualcuno lo faceva con il segreto intento di una “captatio benevolentiae”, ovvero per guadagnarsi un atteggiamento benevolo da parte delle guardie, ma molti altri intendevano mostrare, con questo segno d’attenzione, la riconoscenza e la gratitudine per il servizio prestato a favore della comunità dai vigili, ai quali a quei tempi veniva quasi riconosciuta una funzione di “educatore sociale”.

Negli anni successivi, quando le ristrettezze economiche del dopoguerra si fecero meno stringenti, parte dei doni costituiti dai generi di prima necessità venivano poi distribuiti dalle guardie alle famiglie meno abbienti. Questa tradizione aveva, pertanto, un doppio scopo: quello di riconoscenza per il servizio svolto dai vigili e quello della solidarietà. Una fotografia in bianco e nero ingiallita dal tempo, ci restituisce il senso di quel rito: infreddoliti nei loro lunghi cappotti neri, i due vigili (Trentacapilli e Mirabello) sembrano però riscaldati dai gesti di generosità espressi da tanta gente nonostante i tempi non proprio opulenti, quando il boom economico era ancora lontano.

La Befana del Vigile non ebbe lunga vita. Nel giro di pochi anni uscì di scena senza una motivata spiegazione, ma la tradizione ancora vive in molte città del nord. A Verona, ad esempio, la Befana del Vigile viene  riproposta in chiave storica, con una sfilata di veicoli dell’epoca anni 50/60 e con il vigile in pedana, con l’obiettivo di far rivivere l’atmosfera del dopoguerra, anni difficili ma pieni d’entusiasmo e di voglia di ripartire.

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