venerdì,Novembre 22 2024

Carità e Covid, monsignor Ramondino: «No a passerelle e patetiche strette di mano»

Intervista al vicario della diocesi e presidente dell’Operem, ente gestore dei centri d'accoglienza “Casa di Nazareth” di Vibo e “Casa Betania” di Mileto

Carità e Covid, monsignor Ramondino: «No a passerelle e patetiche strette di mano»
Monsignor Filippo Ramondino

Il Covid-19 sta mettendo in discussione tante certezze e il modo di vivere a cui si era abituati, sta costringendo a fare i conti con limitazioni stringenti e ad utilizzare comportamenti impensabili appena un anno fa. Ad essere contagiati dal virus e a perdere la vita soprattutto gli anziani, molti dei quali ospitati in Residenze sanitarie assistenziali (Rsa). In questo periodo, tra l’altro, tante le nuove povertà. Al riguardo, abbiamo ascoltato il vicario generale della diocesi monsignor Filippo Ramondino, tra l’altro presidente dell’Opera di Religione (Operem) che gestisce due importanti strutture di accoglienza del Vibonese: “Casa di Nazareth” e “Casa Betania”, osservatori privilegiati per comprendere molti esiti problematici della nostra realtà territoriale. La prima, attiva a Vibo, offre assistenza residenziale a   persone in difficoltà socio-economiche e, attualmente, ospita 14 persone. La seconda, operativa a Mileto, offre assistenza residenziale e domiciliare ad uomini anziani e, allo stato, ne ospita 12.     

Presidente, cosa fare davanti alle nuove sfide?

«Il contatto diretto con queste realtà mi permette di ribadire che il nostro compito, come Chiesa, non è mai quello di dare valuta alla povertà ma di darle valore, non favorire l’accomodamento nella povertà né, peggio, la strumentalizzazione della povertà che, per diversi casi, non è sempre quelle economica. C’è, caso mai, la denuncia di un sistema di inequità; c’è, come diceva Paolo VI, la prova che “Ognuno nella Chiesa è oggetto di amore”. C’è la dimostrazione, confermata dalla crisi pandemica in atto, che fulcro della civiltà restano perennemente ed essenzialmente tre cose: la persona, la famiglia e la comunità; realtà, per chi è credente, assunte dal Mistero del Verbo Incarnato».

A proposito di nuovi poveri…

«L’ approssimarsi al “povero” non è fatta di cuoricini palpitanti e patetiche strette di mano, pacche di mani curate sulle spalle piagate di infelici o episodici intrattenimenti in saloni di beneficenza. Rischiamo più di alimentare emotivamente la povertà, che combatterla razionalmente. E’ fatta, piuttosto, di organizzazione come istituzione, di movimento unitario come pensiero, di risorse onestamente e progettualmente impiegate non per tamponare emergenze, ma per raggiungere obiettivi di benessere morale e socio-economico permanente».

Visti nell’ottica del Natale?

«Il Signore ci ha assicurato che i poveri li avremo sempre tra noi, perché la povertà non è un fattore sociale ma anzitutto esistenziale, considerando le varie forme di povertà antiche e nuove, e in questa categoria ci sono giovani da accompagnare e anziani da onorare, magari soli, sfortunati,  accidentati, mai da scartare o rottamare, ma degni di accoglienza dentro l’atmosfera di una casa, di una famiglia con operatori che credono nel loro servizio, offrono una speranza, agiscono con amore, quello che si misura con l’ideale puro e il sacrificio vero». 

La pandemia ha costretto a repentini cambiamenti…

«Le nostre sono strutture di servizio che, per la loro efficienza e funzionalità, devono quotidianamente misurarsi con i continui cambiamenti amministrativi, strutturali, giuridici, burocratici, molte volte logoranti perché interpretano situazioni umane più con una logica matematica che sapienziale, più idealista che reale. L’impatto umano con queste realtà, però, ci dice altro, anche in epoca di pandemia: la casa di accoglienza è anzitutto luogo esperienziale, non sperimentale, per capire oggi, per esempio, l’incontro di culture, la convivialità delle differenze, il mettere in comune, partendo dalla ferialità, dalla cura degli ambienti e il rispetto delle regole. In conformità con i concetti espressi da Papa Francesco nell’enciclica “Fratelli tutti”. Queste cose cerchiamo di farle, grazie anche a tutti coloro, privati e aziende, che, in vario modo, anche in questo periodo di crisi hanno offerto un aiuto alle nostre case».

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