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Omicidio Vangeli, condanna a 30 anni per Giuseppe Prostamo

Il delitto nell’ottobre del 2018. Tiene l’impalcatura accusatoria, ma cadono le aggravanti mafiose. Il corpo del 26enne di Filandari non è stato ancora ritrovato

Omicidio Vangeli, condanna a 30 anni per Giuseppe Prostamo
Giuseppe Prostamo

Condanna a 30 anni di reclusione. Questo il verdetto del gup distrettuale, Gabriella Logozzo che, quanto alla richiesta di pena, ha accolto quella formulata dal pm della Dda di Catanzaro, Annamaria Frustaci, nei confronti di Giuseppe Prostamo, 34 anni, di San Giovanni di Mileto, accusato di concorso in omicidio e soppressione di cadavere ai danni del 26enne di Scaliti di Filandari Francesco Vangeli, nonché del reato di detenzione illegale di armi. 
Il processo si è svolto con rito abbreviato e quindi nella condanna si è tenuto conto dello sconto di pena di un terzo per via della scelta del rito alternativo (processo allo stato degli atti) scelto nel giugno scorso dall’imputato, difeso dagli avvocati Giuseppe Grande e Sergio Rotundo.

Per Giuseppe Prostamo ed il fratello Antonio (che si trova imputato dinanzi alla Corte d’Assise di Catanzaro avendo scelto il rito ordinario), l’accusa è quella di omicidio e soppressione di cadavere ai danni di Francesco Vangeli aggravata dal metodo e dalle finalità mafiose e dall’ulteriore aggravante di aver commesso il fatto per motivi abietti “connessi per un verso all’avere Vangeli riallacciato la relazione sentimentale con Alessia Pesce, per altro verso al mancato pagamento di un debito di droga dello stesso Vangeli – sostiene la Dda di Catanzaro – nei confronti di Giuseppe Prostamo”. L’aggravante della metodologia mafiosa per Giuseppe Prostamo è stata però esclusa dal giudice in sentenza e veniva fatta derivare, secondo la prospettazione accusatoria, dai legami dei due Prostamo con gli zii Nazzareno (già condannato all’ergastolo per l’omicidio di Pietro Cosimo consumato nel 1990 a Catanzaro) e Giuseppe Prostamo, quest’ultimo ucciso a San Costantino Calabro il 4 giugno 2011 in un agguato mafioso.  [Continua dopo la pubblicità]

Francesco Vangeli

Giuseppe Prostamo (ed al fratello Antonio) veniva poi mossa anche l’accusa di detenzione e porto illegale di una pistola che, nel corso del 2017, i due avevano “affidato a Francesco Vangeli affinchè – spiega la Dda nei capi d’imputazione – la conservasse per loro conto”. Per i due Prostamo anche l’accusa di detenzione di un fucile. 
Infine, per il solo Giuseppe Prostamo l’ulteriore accusa di percosse poichè il 7 gennaio 2019 – in concorso con altri soggetti non identificati – avrebbe pestato brutalmente altro soggetto allo stato rimasto ignoto per sapere se fosse stato lui a parlare agli inquirenti ed a fornire informazioni sul suo conto”. Anche in questo caso la contestazione era aggravata dal metodo mafioso, ma per tale reato (percosse), l’imputato è stato assolto.

Giuseppe Prostamo è stato altresì condannato al pagamento dei danni nei confronti delle parti civili (la mamma di Francesco Vangeli, Elsa Tavella, in proprio e in qualità di tutrice di Mariangela Prandini, Valerio Vangeli, Marco Vangeli e Federico Vangeli) da liquidarsi in separata sede. Immediatamente esecutiva una provvisionale a carico di Giuseppe Prostamo di 40mila euro per ciascuna parte civile. L’imputato è stato condannato anche al pagamento delle spese processuali. I familiari di Francesco Vangeli si erano costituiti parte civile con gli avvocati Nicodemo Gentile, Francesca Comito e Antonio Cozza. Per la famiglia di Francesco Vangeli, l’avvocato Francesca Comito (che rappresentava l’accusa privata affiancando quindi la pubblica accusa) aveva chiesto per l’imputato la condanna all’ergastolo. [Continua in basso]

Il movente del delitto

Antonio Prostamo

Secondo l’accusa, il delitto non avrebbe una connotazione esclusiva di omicidio passionale legato alla contesa della ragazza Alessia Pesce (ex fidanzata di Francesco Vangeli andata a vivere dopo il delitto ed una maternità con Antonio Prostamo). I nuovi elementi acquisiti nel corso delle indagini avrebbero infatti permesso alla Dda di riscontrare come ulteriore movente dell’omicidio, oltre alla relazione con Alessia Pesce, anche – scrive la Procura antimafia – i debiti di droga maturati da Francesco Vangeli nei confronti di Giuseppe Prostamo, nonché la mancata restituzione dell’arma da fuoco ad Antonio e Giuseppe Prostamo”.

Gli altri indagati  

Il 22 settembre scorso gli atti sono stati restituiti alla Dda di Catanzaro per le posizioni di Fausto Signoretta, 29 anni, di Nao di Ionadi e Alessio Porretta, 24 anni, di Filandari, entrambi accusati di favoreggiamento personale nei confronti dei fratelli Prostamo. Per la posizione di Alessia Pesce, 21 anni, di Pizzinni di Filandari (accusata di false dichiarazioni), gli atti sono stati invece restituiti alla Procura di Vibo Valentia non essendoci nel suo caso aggravanti mafiose nelle contestazioni. [Continua dopo la pubblicità]

Il brutale omicidio e il contesto

Secondo la ricostruzione accusatoria, avendo Francesco Vangeli compreso la gravità della situazione – anche alla luce della riconciliazione con Alessia Pesce avvenuta nella mattina del 9 ottobre 2018 – si sarebbe portato con Alessio Porretta a Nao di Ionadi per informare della situazione Fausto Signoretta (in virtù, per la Dda di Catanzaro, della sua vicinanza alla famiglia Mancuso avendo lo stesso Signoretta battezzato la figlia di Giuseppe Mancuso, quest’ultimo figlio di Giovanni Mancuso) e riferirgli che era in procinto di recarsi a San Giovanni di Mileto.

Successivamente, Francesco Vangeli si sarebbe recato dai fratelli Prostamoportando con sé, come “garanzia” per la propria incolumità il suo amico Alessio Porretta, attesi i rapporti parentali  di Porretta – evidenzia la Procura distrettuale – con la famiglia Tavella di San Giovanni di Mileto, affiliata al medesimo locale di ‘ndrangheta a cui appartiene la famiglia Prostamo”.

Giunti sul posto, Porretta sarebbe stato riaccompagnato a casa, mentre Francesco Vangeli sarebbe stato costretto a restare con i Prostamo ed al termine di un “confronto” con i due fratelli Antonio e Giuseppe, sarebbe stato colpito con un colpo d’arma da fuoco, rinchiuso in un sacco nero di plastica ancora moribondo, trasportato a bordo del suo veicolo e gettato nel fiume Mesima ancora agonizzante, mentre la vettura ed il telefono cellulare sono stati dati alle fiamme. Il corpo di Francesco Vangeli, nonostante le ricerche nel fiume Mesima, non è stato ancora ritrovato.

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