4 dicembre 1865, la nascita del porto di Santa Venere in un reportage dell’epoca
La cronaca dei festeggiamenti per la posa della prima così come riportata nella relazione estratta dall’archivio storico della Capitaneria di porto
155 anni fa veniva posta la prima pietra per la costruzione di un nuovo porto, che sarebbe per molto tempo rimasto il più importante scalo marittimo esistente tra Napoli e Messina. Intorno a quel porto si sarebbe, in seguito, sviluppata la cittadina di Vibo Marina. L’avvenimento venne festeggiato in maniera solenne, molte furono le speranze di progresso economico e civile che vennero riposte nella realizzazione dell’importante infrastruttura. Riportiamo la relazione originale estratta dall’archivio storico della Capitaneria di Porto.
La prosa usata è di registro alto, scritta nella lingua di metà Ottocento con uno stile ampolloso e ridondante, a volte sconfinante nella retorica. Tuttavia il cronista riesce a dare un’immagine icastica dell’entusiasmo che si respirò in quel lontano giorno nel piccolo borgo di marinaro di Santa Venere.
Un giorno di festa – Oggi si sono inaugurati e festeggiati i lavori del porto di Santa Venere, una delle opere più splendide della civiltà contemporanea…Tutte le campane delle chiese, ripetute salve di grossi mortaretti e la banda civica di buon ora diedero il segnale della festa. Ed il popolo desto incominciò allora a correre per le strade festante, manifestando nei volti, negli atti, nelle parole la gioia improvvisa del cuore, la speranza di un avvenire migliore, di una più lieta e dignitosa accoglienza. All’apparire del giorno la città comparve da un punto all’altra imbandierata. Non vi fu persona che non vi partecipò al generale tripudio…
La benedizione del cantiere – Alle ore 9 molte barche appositamente apparecchiate ed elegantemente pavesate accolsero in questa marina il clero, il segretario capo della Prefettura, i Municipi di Pizzo e di Monteleone, le autorità civili e militari, la Guardia nazionale e tutte le forze di terra e di mare, e le condussero al cantiere…si trovò quivi apparecchiato recentissimo altare donde il Parroco impartì alla divina opera la benedizione. Dopo questa commoventissima funzione religiosa, alla quale assistette un immenso numero di persone del paese e di fuori , tutti gli intervenuti percorsero processualmente l’intero cantiere, spesando al suono della banda Salmodie e inni devoti…è questa la prima volta dopo il volgere di tanti secoli che desti paraggi sono calpestati da tanta onda di popolo, sono onorati di sacre liturgie, son fatti lieti da note musicali e di tanta esultanza.
Il rinfresco – Terminata la processione, a spese della prelodata impresa Fiocca fu aperto a tutti lautissimo riposto… vi furono per tutti dolci e confetture squisite di ogni sorta, liquori e vino forestiero di ogni qualità, cioccolate, caffè, caffellatte, geli, sigari, tutto. Fu in prima servito il clero, indi i funzionari pubblici con i notabili, poi la guardia nazionale, i reali Carabinieri, le forze di terra e di mare, la banda, in ultimo le generalità. Vi fu robba per tutti, se ne buttò, ne rimase, non potevasi né fare né sperare di più.
La benedizione e posa della prima pietra – Benedetto il cantiere tutti gli astanti ripresero l’imbarco ed il convoglio mosse verso il luogo indicato dall’ing. Dragonetti e dal rappresentante dell’impresa sig. Carelli, pel butto della prima pietra. La banda civica, allogata sul vapore di rimorchio, ha reso più gaia la festa e la non breve traversata dal cantiere al porto; dopo di lui son state rimorchiate le marielle, ossia le barcaccie destinate al trasporto di materiale cariche di grossi massi, ed in seguito una infinità di barche e barchette di ogni grandezza. Su tutti i legni sventolavano bandiere di svariate dimensioni e foggie. Era una scena, un colpo d’occhio nuovo ed incantevole, uno spettacolo. Si salpò al grido di “Viva l’Italia, viva il Re, viva il Porto”, che fu ripetuto da tutti e dallo stesso eco delle circostanti grotte marine. Giunti al luogo destinato al butto della prima pietra, sopra un mare di tavola, che Iddio benedicendo per primo quell’opera desiderio del passato, altissimo bisogno del presente, infrenò. Barche circoscrissero un cerchio ond’essere meglio di osservare la funzione. Il parroco impartì solennissima benedizione ad un grosso masso il quale poi adorno di devozioni e di figure fu subito calato a fondo. Non trovo qui le parole per descrivere ciò che avvenne, la gioia, l’esultanza, l’entusiasmo, la commozione, i voti, gli applausi, gli auguri, le felicitazioni. Per averne un’adeguata idea bisognava essere presenti…
La gente sulla collina – Il tratto del ridentissimo e verdeggiante appennino, che bagna il pié del mare, che si retra tra Pizzo e Briatico, aveva sulle spalle le popolazioni dei paesi vicini, spettatrici di quell’incanto. Non saprei dire se il cielo la vincea sulla terra, e questa sul mare. Il certo è che, e cielo, e terra, e mare, aggrapparono insieme in un sol punto tutte le loro bellezze, le loro dovizie, le loro grazie.
Sino a sera – Compiuta la cerimonia, le barche defilarono ed in bell’ordine tornarono alla città tra gli evviva sempre al Magnanimo Re. Lo sbarco è avvenuto alle ore 5 pomeridiane. E quantunque il popolo era rauco e stanco, d’acché quasi l’intera giornata era stato in azione e in festa, di prima sera illuminati, imbandierati, pavesati elegantemente sono tutti i legni della marina. La esultanza è generale e indescrivibile. Nel momento in cui scrivo, che è il tocco della mezzanotte, continuano fragorosi applausi all’Italia ed al Re.
L’entusiasmo vissuto in quella memorabile giornata di oltre mezzo secolo fa è oggi svanito completamente, quasi nessuno crede più nella possibilità di un rilancio del porto e le speranze riposte in quell’opera, all’epoca considerata un segnale di progresso, si sono lentamente ma inesorabilmente infrante contro il muro di una realtà fatta di disattenzione e di occasioni perdute.