Vibo, studenti da tre settimane in attesa dell’esito dei tamponi – Video
Si allarga e si fa sempre più preoccupante il caso degli alunni del liceo Capalbi entrati in contatto con un docente positivo al Covid. Il preside afferma: «Sono duecento i ragazzi che aspettano il responso dell'Asp»
«Sono molti di più gli alunni vibonesi in attesa dell’esito del tampone». Così il dirigente scolastico del liceo Vito Capialbi di Vibo Valentia Antonello Scalamandrè. Non 50, ma addirittura 200 alunni suddivisi nelle sette classi. Tante ne ha varcate il supplente risultato poi positivo al Sars-Cov2. Era la settimana a cavallo tra il 19 e il 23 ottobre scorsi.
Il supplente positivo al Covid
La scoperta della positività del docente fa scattare il protocollo dell’Asp che allerta il preside ottenendo l’elenco completo degli studenti entrati in contatto con il professore. L’immediata corsa al drive-in per il tampone e la decisione – causa eccessiva richiesta e momentanea assenza di un macchinario in grado di processarli – di inviare i test a Bari. Ed è nella città pugliese che il sistema si inceppa.
L’indignazione dei genitori
Dopo più di tre settimane di vana attesa, l’ansia lascia il posto alla rabbia e all’indignazione delle duecento famiglie vibonesi che ancora non conoscono i risultati del test biomolecolare. «Inutile contattare i numeri dell’Asp. Non risponde quasi mai nessuno», chiosa una mamma. Quelle rare volte che ciò avviene la risposta è un: «Le faremo sapere». Qualcuno avrebbe addirittura invitato i genitori a rivolgersi al dirigente scolastico che di certo non può sostituirsi alle autorità preposte. «Anch’io ho provato a contattare i numeri dedicati all’emergenza. Ma dopo tre tentativi ho desistito» ammette Scalamandrè che decide di rivolgersi a un responsabile dell’azienda sanitaria che è a conoscenza della situazione delle famiglie, conferma che si tratta dei tamponi inviati a Bari, ma non sa che fine abbiano fatto.
Tamponi andati persi?
Il timore, più che fondato, è che gli esami siano andati persi. Ad ogni modo il sistema non ha funzionato e i familiari dei ragazzi hanno continuato la loro vita di sempre, seppure in regime di lockdown. Non senza timori. «Viviamo nell’angoscia. Appesi a un filo. E se qualcuno dei duecento ragazzi fosse risultato positivo al Covid?»