Un’eruzione ogni quattro anni: misurata la “memoria” dello Stromboli
Uno studio dell’Ingv, in collaborazione con l’Università di Bristol, stima le probabilità di esplosioni più intense. L’ultima si è verificata nel 2019
Lo Stromboli è noto per la sua attività esplosiva di bassa energia e persistente, praticamente è sempre in attività. Questa caratteristica l’ha reso una forte attrattiva per visitatori e vulcanologi provenienti da tutto il mondo. Ma ci sono alcuni periodi in cui si verificano esplosioni più intense e improvvise (i cosiddetti “parossismi stromboliani”).
Arriva ora la notizia che i ricercatori dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv) e dell’Università inglese di Bristol hanno portato a termine uno studio per stimare le probabilità di eruzioni ed esplosioni più intense. L’obiettivo è stato quello di analizzare la frequenza di accadimento dei parossismi stromboliani per accertare se il vulcano avesse una sua “memoria”, ovvero se statisticamente era possibile stabilire un intervallo temporale tra un’eruzione parossistica e la successiva. Il risultato, pubblicato in questi giorni sulla rivista “Scientific Report”, mostra che esse avvengono in media ad intervalli di una ogni quattro anni circa.
Negli ultimi anni lo Stromboli ha attraversato una delle fasi più intense della sua storia recente, come avvenuto il 3 luglio e il 28 agosto 2019. I ricercatori hanno analizzato 180 eventi esplosivi accaduti a Stromboli dal 1879 al 2002, rilevando che 36 di questi eventi sono da considerare come parossismi, analoghi a quelli dell’estate 2019. Se ne ricava che il tasso annuale medio dei parossismi negli ultimi 140 anni è stato di 0,26 eventi all’anno, ovvero un evento ogni 4 anni circa. Negli anni ’40 gli eventi parossistici furono assai più frequenti, mentre negli ultimi dieci anni l’intervallo tra un evento e il successivo é stato di circa quattro anni.
“Iddu”, come gli isolani chiamano il vulcano, alterna, quindi, periodi di intensa attività a periodi di relativa quiete. Calcolando quattro anni dall’ultimo parossismo, avvenuto nel 2019, è lecito attendersi la prossima fase esplosiva per il 2023. «La stima della “memoria” dell’attività esplosiva più intensa – rileva Augusto Neri dell’Ingv – può dare un significativo contributo alla quantificazione della pericolosità di questi fenomeni e, di conseguenza, alla riduzione del rischio associato».