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‘Ndrangheta: condannato l’armiere del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”

Nel processo nato dall’operazione “Mediterraneo”, condanne pure per altri due vibonesi. Pene per oltre 200 anni per il clan Molè di Gioia Tauro

‘Ndrangheta: condannato l’armiere del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”

Oltre due secoli di carcere. Una vera e propria stangata per il clan Molè di Gioia Tauro. Si è concluso infatti con 30 condanne il processo nato dall’operazione antimafia denominata “Mediterraneo”, condotta il 24 giugno 2014 dai pm Roberto Di Palma e Matteo Centini e che vedeva alla sbarra personaggi di primo piano dello storico clan operante a Gioia Tauro, colpiti in quelli che per gli inquirenti sono il loro principale affare, ovvero la droga e le slot machine. La sentenza della Corte d’Appello di Reggio Calabria ha sostanzialmente confermato il giudizio di primo grado arrivato nel dicembre del 2015.

Fra i condannati anche tre vibonesi: Domenic Signoretta, 32 anni, di Ionadi, ritenuto vicino al boss Pantaleone Mancuso di Nicotera, detto “l’Ingegnere”, condannato a 12 anni (12 anni e 4 mesi in primo grado); Giovanni Burzì, 27 anni, di Joppolo, 2 anni; Domenico Galati, 36 anni, di Filandari, 2 anni e 4 mesi e 2.400 euro di multa;

Domenic Signoretta è stato ritenuto responsabile di aver avuto un ruolo nella compravendita di armi cedute al clan Molè, mentre Giovanni Burzì secondo la Dda di Reggio Calabria avrebbe avuto un ruolo in reati concernenti gli stupefacenti (cocaina e hashish) ceduti ai Molè di Gioia Tauro attraverso contatti che sarebbero avvenuti pure a Roma.

Domenico Galati si era invece reso latitante nel 2014 e si è poi consegnato ai carabinieri di Filandari il 7 luglio 2015.

Fra i personaggi di maggiore spessore criminale, senza dubbio emerge la figura di Domenic Signoretta, condannato anche in un altro processo celebrato a Vibo a 7 anni e 6 mesi per detenzione illegale di numerose armi da fuoco. Signoretta viene ritenuto l’armiere dell’articolazione del clan Mancuso che fa capo a Pantaleone Mancuso, detto“l’Ingegnere”, il boss estradato dall’Argentina dopo essere stato catturato nel 2015 in Sud America dove si era reso latitante. 

Fra le armi rinvenute, un fucile a pompa calibro 12 con matricola abrasa, una mitragliatrice e sette pistole di vario calibro e marca, più mille munizioni. L’aggravante dell’agevolazione del clan mafioso dei Mancuso nel processo celebrato a Vibo nasceva dalle dichiarazioni di Arcangelo Furfaro, nuovo collaboratore di giustizia di Gioia Tauro vicino alla cosca Molè che ha ricostruito il ruolo di Signoretta quale “braccio-destro del boss Pantaleone Mancuso”.  Lo stesso Arcangelo Furfaro (condannato ora a 12 anni) che ha avuto un ruolo importante nell’impalcatura accusatoria del processo “Mediterraneo”, unitamente ad altri due collaboratori di giustizia: Pietro Mesiano Mazzacuva, genero dei Molè, condannato a 3 anni ed 8 mesi, e Marino Belfiore, condannato a 3 anni e 6 mesi.

Arcangelo Furfaro ha svelato in particolare di aver diviso lo stesso appartamento a Roma con Domenic Signoretta il quale, fra le altre cose, avrebbe svelato al futuro collaboratore di giustizia anche particolari del tutto inediti sull’omicidio del broker della cocaina Domenico Campisi, ucciso a Nicotera nel giugno 2011.

Fra le condanne dell’operazione “Mediterraneo”, anche quella a 11 anni e 4 mesi rimediata dal romano Stefano Sammarco, attore in diverse fiction televisive. Avrebbe avuto contatti continui per gli stupefacenti con il clan Molè di Gioia Tauro.

Queste le altre condanne, tutte nei confronti di imputati di Gioia Tauro:

10 e 4 mesi per Carmelo Stanganelli; 10 anni Girolamo Magnoli; Antonio Bonasorta, 6 anni e 2 mesi; Antonio Albanese 6 anni; Carmelina Albanese, 2 anni e 8 mesi;  Cosimo Amato, 6 anni;  Khayi Ayoub Baba, 13 anni e 4 mesi; Giuseppe Belfiore, 6 anni; Marino Belfiore, 3 anni e 6 mesi; Antonio Bonasorta, 6 anni e 2 mesi; Fabio Cesari, 8anni e 8 mesi; Carmelo Cicciari, 6 anni e 8 mesi; Gaetano Cicciari, 7 anni; Patrizio D’Angelo, 2 anni e 4 mesi; Patrizio Fabi, 8 anni; Eugenio Ferramo, 2 anni e 4 mesi; Arcangelo Furfaro, 12 anni; Giuseppe Guardavalle, 3 anni e 8 mesi in continuazione con altra sentenza; Domenico Mazzitelli, 6 anni e 6 mesi; Ippolito Mazzitelli, 6 anni; Pietro Mesiani Mazzacuva, 3 anni e 8 mesi; Francesco Modaffari, 4 anni, 6 mesi e 14 giorni in continuazione con altra sentenza; Antonio Molè (classe 1989), 11 anni e 4 mesi; Antonio Molè (classe 1990), 6 anni 9 mesi e 10 giorni di reclusione; Annunziato Pavia, 9 anni e 4 mesi; Fiorina Silvia Reitano, 6 anni; Pasquale Saccà, 8 anni e 8 mesi.

Assolti: Vincenzo Bagalà, assolto (richiesti 5 anni e 6 mesi di reclusione); Pietro Giovanni De Leo, assolto (2 anni di reclusione in primo grado).

L’indagine ha svelato l’attività di narcotraffico del clan, attraverso la quale la cosca sarebbe riuscita ad assicurarsi un regolare flusso di ingenti quantitativi di hashish e cocaina in entrata sulla Capitale, sfruttando tre direttrici di approvvigionamento e il ricorso ad una strutturata rete di partecipi, sia italiani, che stranieri. Centinaia i chili di hashish e cocaina introdotti sul territorio nazionale: i Molè avrebbero operato anche a Roma e nel comprensorio di Civitavecchia.

In foto dall’alto in basso: Domenic Signoretta, Domenico Galati e l’attore Stefano Sammarco. 

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