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Scomparsa di Maria Chindamo: a Vibo in Procura il legale dell’associazione Penelope (VIDEO)

Insieme a Vincenzo Chindamo ha incontrato il pm Concettina Iannazzo impegnata nelle indagini sul caso della donna di Laureana di Borrello sparita dinanzi alla sua tenuta agricola di Limbadi

Scomparsa di Maria Chindamo: a Vibo in Procura il legale dell’associazione Penelope (VIDEO)
Da sinistra Nicodemo Gentile e Vincenzo Chindamo

Hanno varcato stamane il portone del Tribunale di Vibo Valentia, e quindi gli uffici della Procura, il legale dell’associazione Penelope, Nicodemo Gentile, e il Vincenzo Chindamo, il fratello di Maria Chindamo, la donna di 44 anni, di Laureana di Borrello, scomparsa nel nulla il 6 maggio dello scorso anno dopo essere stata aggredita a Limbadi dinanzi al cancello della sua tenuta agricola. Il legale ha voluto personalmente recarsi dal sostituto procuratore Concettina Iannazzo per depositare la nomina per contro della famiglia Chindamo e per scambiare con il magistrato alcune idee sul caso. Ma soprattutto per ribadire l’impegno ed il sostegno dell’associazione Penelope all’azione portata avanti con grande scrupolo dal pubblico ministero che sta coordinando le indagini per far luce sulla scomparsa di Maria Chindamo. Il legale e Vincenzo Chindamo al termine dell’incontro si sono dichiarati soddisfatti dell’attenzione loro prestata dal pm Iannazzo che insieme al procuratore Bruno Giordano non stanno lasciando nulla di intentato al caso per assicurare alla giustizia gli autori della scomparsa di Maria Chindamo.

“Vogliamo essere di supporto alla famiglia – ha ribadito anche oggi Nicodemo Gentile – con l’intera associazione Penelope di cui anche Vincenzo Chindamo è entrato a far parte. Si tratta di un dramma , la scomparsa di Maria, che ha investito un’intera comunità. Non si tratta di un caso strettamente privato, ma che scuote le coscienze di tutta la società civile e di tutte le persone perbene come lo era Maria, la quale merita una risposta. E lo meritano i suoi familiari ed i suoi figli. Ecco perché l’associazione Penelope ha subito sposato la causa di Vincenzo Chindamo che è a questo punto diventata la causa di tutti. Per questo la società civile deve continuare a stare accanto alla famiglia Chindamo e l’intera Calabria e l’intera Italia non devono dimenticare. I criminali che hanno portato via Maria devono essere assicurati alla giustizia e siamo certi che la magistratura lo farà. Il sostituto procuratore Concettina Iannazzo è un magistrato molto attento e preparata che sta dando il massimo per risolvere il caso. Invitiamo chiunque può offrire un piccolo particolare ed a chi sa qualcosa sulla scomparsa – ha concluso il legale ed anche Vincenzo Chindamo – a parlare ed a mettersi in contatto con l’associazione e con la Procura di Vibo. Maria Chindamo continua a rappresentare il volto della Calabria onesta e pulita che aspetta e chiede solo giustizia.

Sul fronte delle indagini, invece, vige il più stretto riserbo. Al vaglio della Procura di Vibo vi è da tempo una lettera anonima trasmessa al pm Iannazzo dal capitano dei carabinieri della Compagnia di Gioia Tauro che a sua volta l’ha ricevuta da don Pino De Masi, referente di “Libera” per la Piana di Gioia Tauro e parroco della comunità “S. Marina Vergine” di Polistena. Una missiva anonima inviata al sacerdote contenuta in una busta ed infilata nella cassetta delle lettere della parrocchia. Su un foglio bianco qualcuno ha fornito  delle indicazioni precise che don Pino De Masi – nel corso di un’intervista – non ha esitato a definire come “super attendibili”.

Il rapimento, il sangue e la telecamera manomessa. Gli inquirenti hanno da subito escluso il coinvolgimento della ‘ndrangheta nel rapimento di Maria Chindamo e alcuni elementi portano a ritenere quasi certa la presenza di testimoni che hanno assistito all’aggressione ed al successivo sequestro della donna.

Si indaga da tempo anche su un particolare di non poco conto: i sequestratori hanno manomesso l’unica telecamera della zona, quella che avrebbe potuto filmare la presenza e i movimenti di chi ha deciso di prelevare con la forza Maria Chindamo e portarla con sè per farla sparire. Sul luogo del rapimento, ovvero nei pressi del cancello della tenuta agricola della donna, gli investigatori hanno trovato diverse tracce di sangue di Maria Chindamo. Nulla trapela però dagli inquirenti sulla possibilità che alcune tracce di sangue, rinvenute sulla Dacia Duster di Maria, possano appartenere anche ad altre persone ovvero ai suoi sequestratori. Appare certo che la donna ha opposto resistenza prima di essere portata via.

 Il collaboratore Giuseppe Dimasi. Da ultimo sulla scomparsa di Maria Chindamo arrivano pure le dichiarazioni del nuovo collaboratore di giustizia di Laureana di Borrello, Giuseppe Dimasi, coinvolto nell’operazione antimafia denominata “Lex” e ritenuto legato al clan Ferrentino di Laureana. Interrogato dal pm della Dda di Reggio Calabria, Giulia Pantano, il 2 agosto scorso (ma i verbali sono stati depositati solo da poco nell’ambito del procedimento “Lex”) ha infatti dichiarato: «Con riferimento alla scomparsa di Maria Chindamo, Marco Ferrentino diceva “secondo me gliel’hanno fatta pagare e alludeva al fatto che la donna aveva avuto una relazione extraconiugale e il marito non accettando la separazione si era suicidato». Poche parole che però aprono una pista ben precisa, quella della vendetta per una presunta relazione intrapresa da Maria Chindamo.

Il suicidio del marito ed il messaggio su facebook. Altro particolare non trascurato dagli inquirenti è quello relativo all’inquietante coincidenza temporale fra la scomparsa di Maria ed il suicidio del marito Ferdinando Punturiero, avvenuto esattamente un anno prima, cioè il 6 maggio 2015. La relazione fra i due era finita da tempo. La Procura di Vibo, con il pm Concettina Iannazzo, è quindi impegnata ad esplorare anche l’ambito strettamente privato e familiare di Maria Chindamo che, una settimana prima del rapimento, sulla sua pagina facebook personale aveva riportato una frase di Oriana Fallaci: “Il coraggio è fatto di paura…”. Che Maria Chindamo temesse qualcosa o qualcuno è uno degli interrogativi principali a cui gli inquirenti sono chiamati a dare risposte.

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