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La battaglia per la vita di Vanessa Gasparro: «Non arrendetevi mai»

Trentuno anni, da 4 lotta contro un angiosarcoma cardiaco. La giovane, originaria di San Gregorio d’Ippona, affida alla sua pagina Facebook la cronaca della sua guerra quotidiana contro la malattia

La battaglia per la vita di Vanessa Gasparro: «Non arrendetevi mai»

«Non arrendetevi. Mai». Le pagine del diario online di Vanessa Gasparro finiscono sempre così, ogni giorno. Che lo dica esplicitamente o faccia solo balenare l’acciaio del suo coraggio, il messaggio di questa ragazza di 31 anni è chiaro: lottare sempre, mollare mai. Anche se ti danno pochi mesi di vita, anche se i medici ti dicono che la tua malattia è rarissima, in teoria quasi impossibile. Un tumore al cuore. Dove si è mai sentito, ma non scherziamo. E invece sono passati 4 anni da quando Vanessa ha scoperto il suo mortale nemico: angiosarcoma cardiaco. Da allora ha subito diversi interventi e sfiancanti terapie per ricacciare indietro il mostro, che però puntualmente torna a insidiare il suo futuro.

Le hanno letteralmente tagliato via un pezzo di cuore, lo hanno ricostruito, le hanno impiantato un pacemaker. Ma niente. Il bastardo torna sempre. In questi ultimi anni ha ceduto alla disperazione e si è rialzata, è caduta di nuovo nello sconforto e ancora è tornata ad agitare i pugni contro la sua nemesi. Vanessa, vibonese di nascita e cosentina d’adozione, è una che difende il suo diritto ad esistere con le unghie e mentre lo fa racconta sui social la sua battaglia.

«Ho vissuto al massimo per 27 anni – dice ricordando la sua vita com’era -, ho amato senza rimpianti, ho riso a crepapelle, sono stata tradita, ho pianto fino a svenire, ho rischiato senza freni, ho corso dietro a un pallone, ho nuotato senza braccioli, senza paura, ho servito ai tavoli per pagarmi gli studi, ho avuto cotte estive da mozzare il fiato, ho chiesto scusa e imparato a perdonare, ho ballato finché c’era musica, ho viaggiato e imparato, ho amato tutti i miei cani come fratelli, ho giocato, ho rispettato, ho pianto leggendo un libro, ho amato l’università, ho vinto tornei e medaglie come terzino sinistro, ho conosciuto la paura senza farmi cambiare, mi sono fatta male, ho provato delusione e smarrimento, ho fatto festa e cantato a squarciagola, mi sono inebriata di felicità. Ho fatto sempre di testa mia, ho seguito sempre e solo l’istinto. Ho fatto tutto quello che volevo, ma questo tutto non è ancora abbastanza».

Eccolo, ancora una volta, il suo messaggio: mai arrendersi. Parole che sembrano uno sperone di roccia al quale aggrapparsi nel tentativo di raggiungere la cima e mettersi in salvo, mentre ancora dondola sul baratro. Dalla sua pagina Facebook quasi ogni giorno esorta se stessa a vivere, a crederci. E con lei migliaia di persone che la seguono si aggrappano allo stesso appiglio di speranza, la incitano ad andare avanti, le chiedono di farcela anche per loro.

«Dentro il petto ho una scatola che batte al posto mio – scrive ancora Vanessa -, un cuore a metà che si difende come può. Due gambe stanche e tante cicatrici. Capelli che vanno e vengono, ossa rotte e sorriso malinconico, quattro anni di chemioterapia e sperimentazioni. In mezzo, un mare di sofferenza e sopportazione per guadagnarmi la vita». Un concetto che spazza via gli inutili affanni quotidiani con i quali ci confrontiamo, che rendono miserrime le rivendicazioni che spesso sibiliamo a denti stretti contro il mondo. Basta fermarsi a riflettere su cosa sta affrontando Vanessa, ma soprattutto su come lo sta facendo, perché tutto venga ridimensionato: «La vita continua a mettere muri… e io continuo a disegnarci finestre».

«Chi mi cura spera che vada tutto per il meglio – continua nella toccante cronaca della sua malattia -. Ma il meglio sarebbe riuscire a stare in piedi. Il meglio sarebbe riuscire a sedersi senza soffrire, mettere le scarpe e allacciarle senza andare in apnea. Fare passeggiate, entrare in un qualsiasi negozio senza avere attacchi di panico. Respirare a pieni polmoni senza quel senso di soffocamento che mi fa sentire sempre come un orologio rotto. Asciugarmi i capelli da sola. Portare a spasso i miei cani, riuscire a parlare con chiunque per un po’, senza sentire quella metà di cuore che mi esplode nel petto. Il meglio per me non è avere tutto. Il meglio per me è ottenere qualcosa “nonostante tutto”. Se quel qualcosa è una passeggiata o meno dolore alle ossa poco importa, quel qualcosa per me sarà tutto ciò di cui ho bisogno». Ma per molti di noi, per la maggioranza di noi, quel tutto è niente. Banale e noiosa esistenza che però Vanessa, con le sue parole, ci rivela per quello che è davvero: vivere.

«Una come me forse non guarirà mai, che mi manca un pezzo di cuore. Ma quello che m’è rimasto, lo giuro, vale doppio».

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