Caccia: commissariamento degli Atc, Manduca rivendica la bontà del suo operato
L’ex presidente dell’Atc Vibo Valentia 1 sottolinea di aver lavorato alla luce del sole e senza sperperare denaro pubblico, definendo illegittima e inusuale la decisione della Regione
Non si fermano le polemiche riguardo al commissariamento degli Ambiti territoriali di caccia attuato di recente dal Governo regionale. Accusato dal presidente di Enalcaccia Piperno, in ultimo ad intervenire con durezza nel dibattito è l’ex presidente dell’Atc Vibo Valentia 1 Bruno Manduca, il quale sottolinea che nel consiglio di pertinenza “le decisioni sono state prese all’unanimità nella stragrande maggioranza dei casi, anche con il voto favorevole del rappresentante Enalcaccia quando presente” e che in relazione al controllo degli ungulati eseguito senza il consueto censimento previsto dalla legge, “l’Atc ne ha più volte richiesto la gestione alla Regione Calabria, così come previsto dal regolamento emesso dalla Regione stessa”.
Nel suo intervento, Manduca rivendica, poi, che l’ambito da lui presieduto “ha lavorato alla luce del sole, senza sperperare un euro di denaro pubblico. Nonostante le difficoltà, provocate nella maggior parte dei casi dalla mancata redistribuzione dei fondi regolarmente versati dai cacciatori per poter esercitare l’attività venatoria – spiega – l’Atc Vibo 1 ha intrapreso numerose iniziative con il coinvolgimento degli agricoltori. Mi riferisco in particolare ai miglioramenti ambientali che avrebbero dovuto consentire di ottenere risultati diversi sul contenimento dei cinghiali grazie ad una corretta politica di gestione e grazie all’utilizzo degli 87 selecontrollori della provincia di Vibo Valentia, oltre alla valorizzazione di altri tipi di attività venatoria, come quella stanziale, la piccola selvaggina, la lepre e il fagiano”. Sempre sulla gestione degli ungulati, l’ex presidente pone a questo punto l’attenzione sul fatto “che questa è stata richiesta per iscritto con un atto formale, eventualmente consultabile da tutti i richiedenti, così come è stato richiesto di utilizzare gli 87 selecontrollori della provincia di Vibo.
Ciò nonostante – accusa – l’ufficio caccia della Regione ha evidentemente preso impegno soltanto con alcuni amici e amici degli amici, dimenticando completamente che l’obiettivo primario era quello di ridurre il numero di cinghiali presenti, non quello di ostacolare chi su questo argomento era di gran lunga più competente e forgiato. Sicuramente, se la richiesta fosse stata rispettata, i risultati del selecontrollo sarebbero stati diversi”. Infine, Manduca ribadisce che l’ambito di sua pertinenza “è stato sempre interessato alla gestione, non a puri e semplici atti di bracconaggio che sono serviti a devastare il territorio senza risolvere alcun problema. Non voglio entrare nel merito nemmeno dei commissariamenti, assolutamente illegittimi ed inusuali in quanto non previsti dalla legge – conclude – poiché se ne occuperanno i giudici nelle sedi adeguate. Il mio pensiero, è che non consentiremo a nessuno di distruggere quello che abbiamo costruito con decenni di sacrifici personali e di tutti i cacciatori. Non saremo certamente scalfiti da prese di posizione che vanno contro la caccia e i cacciatori tutti”.
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