Rinascita-Scott: ecco tutte le posizioni stralciate e le originarie accuse
La Dda di Catanzaro non chiede al gup il rinvio a giudizio per 23 indagati coinvolti inizialmente nell’imponente operazione antimafia
Sono in totale 23 le posizioni stralciate dalla Dda di Catanzaro con la richiesta di rinvio a giudizio dell’inchiesta “Rinascita-Scott” per la quale il gup distrettuale di Catanzaro, Claudio Paris, ha fissato l’inizio dell’udienza preliminare per l’11 settembre prossimo nell’aula bunker del penitenziario romano di Rebibbia. L’aula bunker di via Paglia a Catanzaro (solitamente utilizzata per i maxiprocessi) in condizioni di normalità non supera infatti gli 80 posti, mentre per Rinascita-Scott gli imputati sono ben 456 ed a questi bisogna aggiungere i rispettivi legali e ben 224 parti offese. [Continua]
Rispetto all’avviso di conclusione delle indagini preliminari escono quindi di scena 23 indagati, alcuni dei quali erano stati inseriti nell’inchiesta proprio all’atto della chiusura indagini e non anche al momento del blitz dell’operazione (19 dicembre 2019). Due le possibili spiegazioni: o per tali posizioni – all’esito degli interrogatori di garanzia – la Dda ha ritenuto di non avere in mano elementi tali per chiederne il rinvio a giudizio (e si va quindi verso un’archiviazione) oppure ha ritenuto che (sempre all’esito degli interrogatori di garanzia o dalla presentazione di memorie difensive) non vi siano più le aggravanti mafiose nei reati inizialmente contestati con il conseguente invio degli atti alle Procure ordinarie funzionalmente e territorialmente competenti. Nel caso di Giuseppe Soriano e di Leone Soriano, invece, le loro posizioni in Rinascita-Scott sono state riunite al procedimento nato dall’operazione “Nemea” il cui processo è in corso dinanzi al Tribunale collegiale di Vibo Valentia.
Gli stralci. Ecco tutte le posizioni stralciate e per le quali la Dda non ha quindi avanzato richiesta di rinvio a giudizio: Salvatore Ascone, 54 anni, di Limbadi; Adnant Beshaj, 29 anni, albanese espulso e rimpatriato in Albania il 31 maggio 2018; Domenica Brosio, 61 anni, di Vibo Valentia; Orkid Cobaj, 28 anni, albanese irreperibile in Italia dal 18 maggio 2019; Costantino Gaudioso, 28 anni, di Zungri; Luciano Gramendola, 24 anni, di Sant’Onofrio; Ydai Hoxhaj, 29 anni, albanese, rientrato in Albania il 18 dicembre 2019; Luciano Ira Ira, 30 anni, di Pizzo; Paolo Lopreiato, detto “Bambolo”, 38 anni, di Sant’Onofrio; Paolo Mizzau, 78 anni, di San Giovanni Rotondo; Pio Daniele Mizzau, 49 anni, di San Giovanni Rotondo ma residente a Roma; Rosa Carmen Montalto, 71 anni, di San Giovanni Rotondo; Daniele Primavera, 30 anni, di Sant’Onofrio; Domenico Protettì, 54 anni, di Vibo Valentia; Diana Pugliese, 53 anni, di San Gregorio d’Ippona; Pasqualina Rito, 51 anni, di Ionadi; Souad Sdihi, detta “Jasmine, 44 anni, marocchina residente a Firenzuola D’Arda (Pt); Lavdosh Serani, 45 anni, albanese irreperibile dal 7 maggio 2018; Giuseppe Soriano, 29 anni, di Pizzinni di Filandari; Leone Soriano, 54 anni, di Pizzinni di Filandari; Gaetano Staropoli, 53 anni, di Ionadi; Michele Staropoli, 28 anni, di Ionadi; Andrea Zaccaria, 26 anni, di Sant’Onofrio.
Le originarie accuse. Salvatore Ascone era accusato di concorso in narcotraffico ed in particolare di aver finanziato l’importazione di una partita di marijuana dall’Albania del valore di 50mila euro. Contestazioni relative al narcotraffico anche per gli albanesi coinvolti nell’operazione “Rinascita-Scott” e la cui posizione è stata ora stralciata, mentre Domenica Brosio era inizialmente indagata per il reato di concorso in rivelazione di segreti d’ufficio in concorso con l’avvocato Francesco Stilo (arrestato). In particolare, secondo l’originaria accusa, Domenica Brosio “violando i doveri inerenti alle funzioni o al servizio e comunque abusando della sua qualità di impiegata ministeriale, con mansioni di commessa negli uffici giudiziari di Vibo Valentia” avrebbe illecitamente fornito informazioni, da lei acquisite durante l’attività lavorativa, affermando testualmente: “E’ vero che sono una commessa e sono l’ultimo gradino della scala, ma sono quella che sa manovrare le fila e tutto”. L’indagata avrebbe agito – secondo l’originaria accusa – “con la consapevolezza dell’illiceità della sua condotta affermando: “Ed io controllo rischiando pure di perdere il posto, perché ci sono pure i provvedimenti disciplinari”. La contestazione era aggravata dalle finalità mafiose, coprendo un arco temporale che arrivava sino al 27 settembre 2017. Per Costantino Gaudioso, invece, figurava l’originaria accusa di associazione mafiosa ed in particolare di aver preso parte al clan Accorinti di Zungri, mentre Luciano Gramendola e Andrea Zaccaria erano accusati di essere vicini a Domenico Bonavota di Sant’Onofrio, di recente catturato dopo un periodo di latitanza.
Al clan Mazzotta di Pizzo Calabro – con il compito di detenere le armi per conto della cosca – era invece accusato di appartenere Luciano Ira Ira, mentre Paolo Lopreiato era indagato a piede libero del reato di associazione mafiosa (clan Bonavota). Paolo Lopreiato, detto “Bambolo”, è il genero dell’ex presidente della Provincia di Vibo Valentia, ed attuale leader dell’Udc vibonese, Gaetano Ottavio Bruni. Lo stesso Paolo Lopreiato è quindi anche cognato dell’attuale assessore all’Ambiente del Comune di Vibo Valentia, Vincenzo Bruni.
I fratelli Pio e Marco Mizzau, eredi di una famiglia di imprenditori titolari di una struttura alberghiera a San Giovanni Rotondo (in provincia di Foggia), denominata Hotel Villa Eden, erano invece finiti indagati – unitamente a Rosa Montalto – per il reato di concorso in riciclaggio, con al centro una complessa operazione societaria che li vede pure parti offese per via di un tentativo di recupero crediti con modalità estorsive per 3 milioni e 200mila euro, attuato dal boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale avvalendosi di Francesco Carnovale, 52 anni, di Vibo ma residente a Fiumicino, Alessandro Iannarelli, 46 anni, di Marino (entrambi costituenti una “cellula romana” direttamente da dipendente da Razionale) e Salvatore Valenzise, 54 anni, di Castiglione Olona (Va) in danno dei fratelli Pio e Marco Mizzau.
Per Daniele Primavera, invece, l’originaria contestazione di concorso in intestazione fittizia di beni (nel caso di specie un tabacchino a Sant’Onofrio ritenuto nella disponibilità di Nicola Bonavota).
Di ricettazione aggravata dalle finalità mafiose era poi indagata Diana Pugliese. Un’accusa che le veniva mossa in concorso con Benedetta Giamborino, 28 anni, Rosa Giamborino, 34 anni, di Piscopio, Salvatore Mandaradoni, 64 anni, di Vibo Valentia e Giuseppe Mandaradoni, 32 anni di Piscopio. Diana Pugliese (la cui posizione è stata ora stralciata) ed i due Mandaradoni, secondo l’accusa, avrebbero ricevuto da Giovanni Giamborino (arrestato e padre di Rosa e Benedetta) la somma di dodicimila euro, denaro di illecita provenienza “a loro nota”. Dopo avere ottenuto, previo versamento della suddetta somma, tre assegni circolari dalle banche del valore di quattromila euro ciascuno, sono accusati di aver versato tali titoli – nell’interesse di Benedetta e Rosa Giamborino – nella società Gsrb srl con sede a Vibo, proprietario di un immobile sito nei pressi dell’ospedale.
Infine, intestazione fittizia di beni l’accusa originariamente mossa per la vicenda dell’impresa “Staropoli costruzioni srl” (per le quote di Michele Staropoli e Pasqualina Rito con presunto socio occulto Gaetano Staropoli) con sede a Ionadi.
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