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Depositi costieri a Vibo Marina, sulla delocalizzazione la cittadinanza si divide

La normativa sul Piano delle Emergenze del Ministero dell’Ambiente prevede anche una consultazione popolare

Depositi costieri a Vibo Marina, sulla delocalizzazione la cittadinanza si divide
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Si riaccende il dibattito sui depositi costieri di Vibo Marina e sulla loro possibile delocalizzazione. A fare ritornare d’attualità la” vexata quaestio” è stata la recente presa di posizione del prefetto di Vibo Valentia che ha manifestato con determinazione la volontà di dare  compiuta attuazione al Piano delle Emergenze previsto dal D.Lgs 334/99 modificato dal D.Lgs 238/2005. La predisposizione del P.E.E. ( Piano delle Emergenze Esterne) degli stabilimenti a rischio di incidente rilevante insediati nelle zone industriali ha lo scopo di impedire o ridurre le possibili conseguenze originatesi anche all’esterno delle aree produttive, prevedendo una serie di misure che vanno dalla creazione di una fascia di interdizione alle altre attività a una possibile delocalizzazione degli insediamenti industriali, al fine di evitare che nella stessa zona coesistano attività produttive a rischio e attività di altra natura. L’ordinanza n.61 del 2008, emanata in conseguenza dell’alluvione del 2006, che imponeva alle imprese presenti nell’area interessata la loro delocalizzazione, entro il termine di dodici mesi, in aree più sicure, rimase lettera morta. Si era promesso di liberare il centro abitato di Vibo Marina da una delle servitù più pesanti per il cittadino, ma i buoni propositi, corroborati da qualche atto formale, si sono però scontrati con la dura realtà della mancanza di finanziamenti , con gli aut-aut delle aziende e con il ricatto occupazionale. Quella delocalizzazione che finora non é stato possibile effettuare sembrerebbe adesso prendere corpo. Ma la popolazione comincia a dividersi sulla validità dell’operazione.

Da una parte vi sono quelli che sostengono la necessità di una delocalizzazione sia per motivi di sicurezza (i più anziani ricordano ancora quanto avvenne il 19/10 1962 quando a seguito di un incendio sviluppatosi su una petroliera l’intero paese venne evacuato) e sia perché questa viene ritenuta la premessa necessaria per un risanamento ambientale a sua volta propedeutico ad uno sviluppo in chiave turistica della cittadina; dall’altra parte  stanno coloro che, al contrario, ritengono che le aziende non accetterebbero la delocalizzazione per gli alti costi ad essa collegati e finirebbero per trasferire gli impianti in altre realtà portuali disposte ad accoglierle (ad esempio Gioia Tauro) facendo perdere al territorio una risorsa economica.

A questi ultimi, i fautori della delocalizzazione obiettano che le accise incassate dallo Stato e dalla Regione dai depositi costieri di Vibo Marina neanche in minima parte sono ritornati sul territorio che le ha prodotte a fronte dell’elevato prezzo pagato in termini ambientali a causa di questo tipo d’insediamenti, nonostante una direttiva europea attribuisca alle accise una finalità di tutela ambientale in base al principio “chi inquina paga”.

In ogni caso è la normativa stessa ad essere dirimente in merito. Il Ministero dell’Ambiente, con decreto del 29/9/2016, ha infatti previsto il coinvolgimento delle popolazioni interessate che dovranno essere consultate  relativamente alla predisposizione, alla revisione e all’aggiornamento dei Piani di emergenza esterna al fine di limitare gli effetti dannosi derivanti da stabilimenti di soglia superiore. Il prefetto, prima dell’adozione del Piano, sarà quindi tenuto a consultare la popolazione d’intesa con il Comune e i cittadini potranno in tal modo presentare al prefetto osservazioni, proposte o richieste.  

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