L’economia criminale della ‘ndrangheta secondo il pentito Andrea Mantella – Video
L'audio esclusivo. Imprese create per diventare lavatrici: i soldi entrano sporchi ed escono puliti. I Bonavota re del riciclaggio tra Lazio, Liguria e Piemonte. Il business delle agenzie finanziarie per fare affari coi proventi illeciti e alimentare i giri d’usura
I soldi li aveva fatti pure lui: s’arricchì, ma non troppo. Perché in fondo, più che un uomo d’affari era un tipo d’azione. Poi la sua crescita rampante fu fermata. Un arresto dopo l’altro, i sequestri. Oggi ci ironizza su, durante un interrogatorio con i carabinieri del Ros e il pm antimafia di Catanzaro Annamaria Frustaci: «Mi avete lasciato in mutande». Malgrado fosse stato più avvezzo al maneggio delle armi che a quello dei soldi, il contributo di Andrea Mantella si rivela prezioso anche nel gettare ampi fasci di luce nel mondo oscuro dell’economia criminale.
È l’ottobre 2018, sede centrale del Ros, Roma. L’ex killer e padrino emergente, devastante ieri con la pistola e oggi con le corde vocali, è davanti agli ufficiali del reparto investigativo d’élite dell’Arma e alla donna magistrato del pool di Gratteri. Gli inquirenti sono interessati a comprendere i sistemi attraverso cui i clan del Vibonese, della città e dell’hinterland, riciclano i proventi dei traffici di droga, del racket, di tutte quelle attività illecite che assicura ricchezza ai capi e sostentamento agli affiliati.
«I proventi che vengono dalla droga, dall’estorsione – replica Mantella ai carabinieri che lo incalzano – cercano di lavarli con strutture turistiche e cercano di fare qualche attività pulita apparentemente, di vendere auto… e così sulle attività commerciali, diciamo… ecco, fanno una piccola attività con una partita Iva e, praticamente, pure che il negozio non lavora, lo scontrino viene battuto come se in cassa ci fossero mille euro, quando in realtà ha incassato zero». [Continua]
È così che l’ugola vibonese spiega come funzionano le lavanderie della ’ndrangheta. Attività – lascia intendere – che in realtà non vendono, non offrono alcun servizio o ciò che offrono non basterebbe loro per sopravvivere, ma emettono scontrini e fatturano comunque, pagano quindi volentieri le tasse, e ciò costituisce la pezza giustificativa agli incassi ottenuti grazie a loschi traffici di droga e armi, piuttosto che grazie al racket. I soldi sporchi che diventano così puliti.
A volte, aggiunge, si ricorre anche allo strumento delle assunzioni fittizie. In pratica l’impresa-lavatrice si prende in carico gli uomini dei clan, che hanno un regolare contratto di lavoro, busta paga e stipendio ma – spiega il collaboratore di giustizia in quell’interrogatorio – anziché stare sul cantiere oppure sull’attività, sono in giro, sono a spasso e alla fine non lavorano». In pratica i soldi sporchi, magari entrati con artifizi contabili, diventano puliti quando escono a saldare emolumenti per prestazioni lavorative in realtà mai svolte.
Così funziona nella provincia di Vibo, ma anche lontano dalla Calabria. A Roma, per esempio, i Bonavota, quelli ora guidati dal boss superlatitante Pasquale, sono dei giganti del riciclaggio. E le parole di Andrea Mantella puntellano un quadro che sul clan dei santonofresi le Procura di Catanzaro, Roma, Torino e Genova, con le inchieste Uova del drago, Replay, Maglio, Minotauro, hanno compiutamente tratteggiato sin dal 2005. L’ex antagonista dei Mancuso, che proprio dei Bonavota è stato uno dei più stretti alleati, racconta che «in particolare Pasquale Bonavota ha fatto delle attività qui a Roma, il bar poi intestato a suo fratello Antonio, piazzava pure delle macchinette, sia le cosiddette mangiasoldi e sia quelle delle bibite, dei caffè, cioè si cerca sempre a legalizzare».
Non è ’ndrangheta stracciona. È ’ndrangheta di serie A quella che, con Rinascita Scott, il pool di Nicola Gratteri e i carabinieri hanno colpito. Clan che partono dal Vibonese ed hanno allungato i tentacoli su tutta Italia. Roma, ma anche il Piemonte e la Liguria. Metafora del sistema proprio un uomo dei Bonavota, Onofrio Garcea, uno che si sarebbe arricchito – racconta Mantella – grazie soprattutto a società ed agenzie finanziarie. Uno abile a far soldi, Garcea, a detta del superpentito vibonese, con il quale ad un certo punto si sarebbe messo in affari, per aprire anche su Vibo Valentia delle filiali per la concessione di crediti. Erano uno strumento interessante, dal punto di vista criminale, le finanziarie – spiega Mantella – perché esse rappresentano sia una lavatrice che un business: prestiti facili da concedere a gente in ginocchio a cui le banche hanno voltato le spalle; i soldi sporchi da rifilare agli istituti, come se i clienti avessero saldato ogni rata; il povero sventurato, invece, finisce invece sotto strozzo, senza alcuna via d’uscita.