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Rinascita-Scott: il clan Lo Bianco-Barba a Vibo, ruoli e gerarchie

La storica ‘ndrina dal 2012 si sarebbe divisa la città capoluogo con altre due consorterie distaccate ma facenti parte dell’unico locale di ‘ndrangheta

Rinascita-Scott: il clan Lo Bianco-Barba a Vibo, ruoli e gerarchie
Una panoramica di Vibo Valentia
Carmelo Lo Bianco “Piccinni”

Colpisce al “cuore” soprattutto la ‘ndrina dei Lo Bianco-Barba di Vibo Valentia, l’operazione “Rinascita-Scott” della Dda di Catanzaro, condotta sul campo dai carabinieri. Un clan facente parte del più ampio “locale” di ‘ndrangheta di Vibo Valentia composto anche da altre due ‘ndrine: quella dei Pardea, detti “Ranisi” che hanno incluso anche gli ex fedelissimi di Andrea Mantella, e quella dei Pugliese, detti “Cassarola”.

Le competenze territoriali. Deceduti esponenti storici del clan come Carmelo Lo Bianco (morto nel marzo 2014 a Parma), detto “Piccinni”, ed il cugino omonimo Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro” (deceduto a Vibo nel dicembre 2016) e da ultimo (2019) anche Raffaele Franzè, detto “Lo Svizzero”, ritenuto il “contabile” del clan Lo Bianco, la riorganizzazione del clan ha previsto anche una suddivisione del territorio. Al clan Lo Bianco-Barba è rimasta la competenza sulla zona centrale di Vibo ed il centro storico, al clan Pardea (“Ranisi”) nel quale sono confluiti i Camillò, i Macrì, Salvatore Morelli e altri ex “fedelissimi” di Mantella, la zona che va dal Cancello Rosso al quartiere Sant’Aloe sino a piazza San Leoluca, al clan Pugliese (“Cassarola”), in cui sarebbe confluito anche Orazio Lo Bianco, il quartiere Affaccio e zone limitrofe. [Continua]

Vincenzo Barba

L’evoluzione del clan.  All’interno del clan Lo Bianco-Barba – e specie dopo il decesso nel dicembre del 2016 di Carmelo Lo Bianco (cl. ’45), detto “Sicarro”, – un ruolo rilevante sarebbe stato assunto da Enzo Barba, detto “Il Musichiere”, 68 anni,fra i principali arrestati dell’operazione “Rinascita-Scott” in qualità di promotore della cosca e per lunghi anni “braccio-destro” di Carmelo Lo Bianco detto “Piccinni”.

Paolino Lo Bianco

Un’accusa che Vincenzo Barba, condivide unitamente a Paolino Lo Bianco (figlio del defunto “Piccinni”), 57 anni, Filippo Catania, 69 anni, (cognato del defunto “Piccinni”), Antonio Lo Bianco (cl. ’48) e Raffaele Franzè, detto “Lele U Svizzeru”, deceduto nel maggio dello scorso anno. Si tratta di personaggi già tutti condannati a seguito dell’operazione “Nuova Alba”, condotta dalla Squadra Mobile di Vibo nel febbraio del 2007. Enzo Barba è ora accusato di aver svolto, alternativamente a Raffaele Franzè, il ruolo di “contabile” del clan.

Leoluca Lo Bianco

Leoluca Lo Bianco. Secondo l’inchiesta “Rinascita-Scott”, fra i componenti di spicco del clan c’è Leoluca Lo Bianco, detto “U Rozzu”, 61 anni, anche lui già coinvolto e condannato nell’operazione “Nuova Alba”. Illuminante il ritratto che ne fa il collaboratore di giustizia, Bartolomeo Arena, nell’interrogatorio dell’1 novembre scorso: “Si tratta della persona più falsa ed infida di tutta la ‘ndrangheta di Vibo Valentia, ma è anche l’unico dei Lo Bianco che ha il coraggio di affrontare gli altri ‘ndranghetisti, eventualmente andando allo scontro, così come il cugino Salvatore Lo Bianco, detto “U Gniccu”. Leoluca Lo Bianco – ha riferito ancora Bartolomeo Arena – appartiene alla ‘ndrangheta con una dote sicuramente maggiore alla mia. Questo lo dico perché quando io avevo la Santa, mi veniva indicato dagli altri appartenenti alla ‘ndrangheta come “mastro” per indicare che sicuramente aveva una dote più alta della mia, quindi all’epoca, almeno il Vangelo. Inoltre, Carmelo D’Andrea mi disse nel 2012 -2013 che il “Rozzo” aveva la dote del Trequartino, ma ora non so se gli hanno dato delle doti superiori. E’ compare dei Mesiano di Mileto e dei Camillò di Vibo.

Salvatore Morelli

Quando formammo nel 2012 il locale di ‘ndrangheta unico con i Lo Bianco- Barba, lui da subito ne fece parte ed è stato il primo “mastro di buon ordine”, ma successivamente si è distaccato perché aveva capito che il suo comportamento non era gradito alla maggior parte dei sodali. Leoluca Lo Bianco aveva infatti tentato di accoltellare Pino Presa (Raffaele Barba) e poi anche Francesco Carnovale, genero di suo zio Carmelo Lo Bianco detto Sicarro, per cui preferì allontanarsi spontaneamente per non essere distaccato dalla Società, per poi rientrare dopo qualche mese. Si tratta di una persona falsa ed infida poiché – ha dichiarato Bartolomeo Arena – seppur collocato con i Lo Bianco-Barba all’interno del Locale di Vibo, mantiene amicizie e rapporti sotterranei con Salvatore Morelli, detto L’Americano, che tra l’altro è suo nipote. E’ stato Morelli ad intercedere tra suo zio Leoluca Lo Bianco e Mommo Macrì quando il rapporto tra i due stava per trascendere alle vie di fatto. So anche che il “Rozzo” spesso si reca dal boss Diego Mancuso al quale riporta ogni novità che avviene a Vibo. Questo fatto me l’ha riferito Leonardo Manco perché si è reso direttamente conto della cosa”.

Nicola Lo Bianco

Nicola Lo Bianco e la vendita del pane a Vibo. Associazione mafiosa è anche il reato contestato a Nicola Lo Bianco, 48 anni, fratello di Leoluca. Di lui ha parlato a lungo il collaboratore Andrea Mantella e dalle intercettazioni emerge che Nicola Lo Bianco interviene per regolamentare il prezzo del pane in vendita a Vibo “anche nei supermercati, al fine di non creare svantaggi, derivanti dalla concorrenza lecita, a quei commercianti che lo proponevano in vendita a un prezzo più alto”.

Franco Barba

Franco Barba e i Lo Bianco. Fra gli esponenti del clan Lo Bianco-Barba, un ruolo importante ricoprirebbe anche il costruttore Franco Barba, 58 anni. Sarebbe stato lui, secondo le intercettazioni, a portare avanti nella ‘ndrangheta personaggi come Salvatore Lo Bianco, 48 anni, detto “U Gniccu”, Antonino Lo Bianco, 60 anni, detto “Nino Caprina”, e Carmelo Lo Bianco, 48 anni, detto “U Niru”. Ad accusarli di essere affiliati alla consorteria dei Lo Bianco, anche i collaboratori Andrea Mantella e Bartolomeo Arena.

Carmelo D’Andrea, 62 anni, alias “Coscia d’Agneiju”, (particolarmente legato ai defunti Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”, e Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni”), per tanti anni avrebbe invece ricoperto l’incarico di esattore della cosca Lo Bianco facendone parte con una dote elevata sino all’attualità, partecipando alle riunioni di ‘ndrangheta unitamente ad Antonio Lo Bianco (cl. ’48), cugino dei defunti boss omonimi Carmelo Lo Bianco (“Piccinni” e “Sicarro”) e che avrebbe messo a disposizione la propria abitazione per diversi summit di ‘ndrangheta. A tali riunioni a casa di Antonio Lo Bianco avrebbe preso parte pure Nazzareno Franzè, 58 anni, alias “Paposcia”, di recente posto ai domiciliari per motivi di salute a seguito dell’emergenza coronavirus.  

Se nei confronti di Carmelo Lo Bianco (cl. ’92), figlio di Paolo Lo Bianco, non sono invece emersi elementi per sostenere la gravità indiziaria quanto al reato di associazione mafiosa, discorso diverso per Michele Lo Bianco, 72 anni, detto “U Ciucciu”, fruttivendolo, ritenuto fra gli elementi di spicco del clan (è fratello di Carmelo Lo Bianco, detto “Sicarro”) ed in possesso di una dote di ‘ndrangheta elevata.   

Vincenzo Puntoriero

Di un’articolazione della ‘ndrangheta, legata anche ai Lo Bianco di Vibo, è invece ritenuto partecipe Filippo Susanna, 84 anni, nativo di Vibo e residente a Lucca, che avrebbe conferito una dote anche a Nazzareno Franzè, mantenendo rapporti pure con i Bellocco di Rosarno al pari di Vincenzo Puntoriero, 66 anni, originario proprio di Rosarno ma residente da anni a Vibo dove è titolare di negozi di abbigliamento. In stretto contatto con Paolino Lo Bianco, Vincenzo Puntoriero è accusato di essersi occupato di esercizio abusivo del credito, usura ed estorsione. 

Giovanni D’Andrea

Giuseppe D’Andrea, alias “Pino Coscia d’Agneiu”, 59 anni (fratello di Carmelo D’Andrea), avrebbe invece agito di recente quale “malandrino libero” rispettato dalla consorteria dei Lo Bianco, che gli riconosceva l’esercizio del potere ‘ndranghetistico su specifici settori ed attività commerciali. Giovanni D’Andrea, 34 anni, (figlio di Carmelo D’Andrea) viene invece ritenuto un componente del gruppo capeggiato dal padre, risultato in concorrenza e contrapposizione con la ‘ndrina dei Pardea.

Pasquale D’Andrea

Pasquale D’Andrea, 31 anni, residente a Bivona (cugino di Giovanni D’Andrea e nipote dei fratelli Cannatà), Gaetano Cannatà, 46 anni, alias “Sapitutto”, e il fratello Francesco Cannatà, 44 anni, ritenuti in stretti rapporti con Giovanni D’Andrea, si sarebbero invece dedicati in particolare «all’esercizio abusivo del credito e all’usura», alla stregua del tabaccaio Domenico Moscato, 61 anni, alias “Mimmu u Baruni” (zio del collaboratore di giustizia Raffaele Moscato)che avrebbe operato per conto di Vincenzo Barba e Rosario Pugliese.

Salvatore Tulosai

Altro ruolo di spicco nel clan Lo Bianco viene riconosciuto anche a Salvatore Tulosai, 61 anni, sposato con una nipote del defunto boss Francesco Fortuna, il quale – secondo le risultanze investigative – avrebbe affiliato alla ‘ndrangheta diversi soggetti fra i quali Salvatore Morelli, 36 anni, alias “L’Americano”, nipote di Leoluca Lo Bianco ed in seguito divenuto fra i fedelissimi di Andrea Mantella. Ad accusare Tulosai, che sarebbe dedito pure all’usura ed alle estorsioni, anche i collaboratori Mantella ed Arena.

Vincenzo Lo Gatto

Gli altri affiliati. Soggetto indicato come “molto legato ad Enzo Barba e Paolino Lo Bianco” è poi Vincenzo Lo Gatto, 39 anni, che avrebbe ricoperto anche il grado di “picciotto di giornata” all’interno del clan Lo Bianco-Barba. Domenico Franzone, 63 anni, alias “Chianozzo”, viene invece indicato come un soggetto particolarmente vicino a Filippo Catania ed al defunto boss Carmelo Lo Bianco, detto “Piccinni”. Anche sul suo conto pesano le dichiarazioni di Bartolomeo Arena. Franzone è stato già condannato per associazione mafiosa ed estorsioni nel processo “Nuova Alba”.

Domenico Rubino

Alle riunioni del clan Lo Bianco avrebbero quindi preso parte anche Fortunato Ceraso, 48 anni, Domenico Prestia, 50 anni, Raffaele Barba, detto “Pino Presa”, 52 anni (nipote di Enzo Barba), Domenico Rubino, 60 anni, detto “Orrait” o “U Hiolu”, e Paolo Carchedi, 57 anni (indicato come vicino a Paolo Lo Bianco). Accusato di essere affiliato al clan anche Francesco Bognanni, 47 anni (che porterebbe in “copiata” i nominativi di Carmelo D’Andrea, Leoluca Lo Bianco e Vincenzo Barba).

Assorbito infine nel clan Lo Bianco pure Sergio Gentile, 41 anni, alias “Toba”,  già appartenente ad un gruppo familiare a sé stante e che per i Lo Bianco-Barba si occuperebbe di attività estorsive.

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