Vibo, la balcanizzazione del centrosinistra e le lotte “ad excludendum”
Le manovre politiche proiettate al futuro nascondono rese dei conti e vecchi dissapori che rischiano di compromettere ogni ipotesi di rilancio e alternativa al centrodestra
Dice Google che “balcanizzazione” significa “riduzione in uno stato di cronico disordine civile o di frantumazione politica”. Per rendere l’idea, certamente forzando un po’ la mano, la balcanizzazione è il male di cui soffre il centrosinistra vibonese (giusto per restare nei confini locali) da quasi 15 anni. Da quando ci si preparava a partorire il Partito democratico. Nell’evolversi dei cicli di morte e rinascita, la situazione si continua a ripetere anche oggi. Perché dietro la maschera del bene comune c’è quasi sempre il bene personale di qualcuno, e dietro la maschera dell’inclusività c’è sempre qualcuno che ci rimette le penne. Ebbene, se si volesse scattare una fotografia della geopolitica monteleonese all’indomani delle elezioni regionali, quando apparentemente non si intravedono altre elezioni all’orizzonte, ecco stagliarsi i “balcancini” in fiore.
È di oggi l’attacco del dirigente Pd Franco Arena al segretario di federazione Enzo Insardà. Per Arena, Insardà deve decidere in maniera chiara e definitiva se continuare a tessere la tela di Penelope by Serra San Bruno, al secolo Brunello Censore, o di spostare il baricentro del peso politico nel capoluogo, che sarebbe rappresentato dal “nuovo corso” di Stefano Luciano. Il quale Luciano, e qui prende forma un altro “balcancino”, ha deciso qualche settimana fa che il suo interlocutore privilegiato debba diventare il fu primario di Neurologia Mimmo Consoli. Il tandem palesato a mezzo stampa ha prodotto, alcuni giorni fa, una riunione con altri pezzi del centrosinistra locale: Raffaele Mammoliti e Michele Mirabello. Entrambi hanno avuto una prima interlocuzione, seduti al tavolo di casa Consoli, con i succitati Luciano e Insardà, in una sorta di conventio ad excludendum. Ed ecco servito un altro “balcancino”.
I suddetti Mammoliti e Mirabello, però, molto tempo prima avevano gettato le basi per un altro progetto politico, che includeva un altro pezzo di centrosinistra (un altro “balcancino”, insomma), l’area dei Progressisti di Antonio Lo Schiavo. Il notaio, però, al tavolo del medico non era stato invitato. Men che mai era stato invitato l’uomo del Monte, la Penelope serrese, evidentemente troppo ingombrante. Peccato che Censore abbia già dato prova di resurrezione dalle ceneri con le ultime elezioni regionali, che hanno portato in trionfo il suo “sindaco” Luigi Tassone dimostrando che il consenso – piaccia o no, metodi brutti o metodi belli – ce l’ha ancora. Il Pd censoriano, ça va sans dire, è un altro “balcancino”. Ma a rompere le uova nel paniere del futuro, quello nato dal movimento di Pippo Callipo di cui Consoli si sarebbe fatto bandiera, pare si sia messo pure il coordinamento cittadino del Partito democratico, per nulla intenzionato a fare da sparring partner a vaghi progetti di rilancio delle sorti del mondo senza comprendere i vantaggi politico-programmatici di tal manovra.
Ma la fotografia geopolitica della balcanizzazione della sinistra vibonese forse non è sufficiente a comprendere la ratio di tutte queste manovre. Che si spiega meglio mettendo in fila le diapositive. Perché il quadro è in continuo mutamento, e perché l’obiettivo ultimo di ognuno è costruire qualcosa per il futuro della città e non solo, che poi è l’essenza stessa della politica. A volte però, ed a Vibo troppo spesso, i fini “alti” finiscono per scontrarsi con la miseria delle ambizioni personali. E addio alternative al centrodestra…