‘Ndrangheta: “Costa Pulita”, misura cautelare revocata per imprenditore di Briatico
La Cassazione respinge il ricorso della Procura di Catanzaro nei confronti di un 55enne che nel frattempo il gip rimette in totale libertà. Il verdetto di condanna del 31 luglio 2018 aspetta ancora il deposito delle motivazioni
La Cassazione conferma la misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per tre volte a settimana (e contestuale obbligo di dimora nel comune di residenza) nei confronti dell’imprenditore di Briatico Giuseppe Granato, di 55 anni, condannato in primo grado il 31 luglio 2018 a 8 anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa nel processo con rito abbreviato nato dall’operazione “Costa Pulita” della Dda di Catanzaro. Al tempo stesso, però, il gip distrettuale di Catanzaro, Pietro Carè, in accoglimento di una successiva istanza degli avvocati Antonio La Russa e Francesco Gambardella, revoca anche tale misura e Granato ritorna totalmente libero. Era stato il Tribunale del Riesame di Catanzaro il 10 settembre dello scorso anno a revocare nei confronti di Giuseppe Granato la misura cautelare in atto dell’obbligo di dimora nel comune di residenza, con permanenza notturna nella propria abitazione.
Avverso tale decisione del Riesame, la Procura di Catanzaro aveva proposto appello in Cassazione che è stato però respinto e ritenuto “inammissibile in quanto manifestamente infondato e aspecifico”. Per la Suprema Corte, nel caso di Giuseppe Granato (arrestato e condotto in carcere nell’aprile 2006) si è in presenza di un’attenuazione “delle esigenze cautelari, che possono essere salvaguardate anche attraverso una misura, quale quella dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria, che costituisce un deterrente alla commissione di ulteriori reati considerato che, sia pure in modo non continuativo, viene esercitato un controllo da parte delle forze dell’ordine”. A dette argomentazioni, per la Cassazione “scevre da vizi logici e giuridici”, la Procura di Catanzaro ha opposto “aspecificamente una pronuncia che riguarda in modo specifico la misura degli arresti domiciliari, trascurando che il Tribunale del Riesame, nel ritenere attenuate le esigenze cautelari a fondamento della misura dell’obbligo di dimora con permanenza notturna nella abitazione, ha fatto leva sia sul tempo complessivo di sottoposizione di Granato a misura cautelare sia sul più pregnante rilievo del rispetto delle prescrizioni”. Da qui il rigetto del ricorso. L’ultimo provvedimento, quindi, è la decisione dello stesso gip, Pietro Carè, che accogliendo le istanze degli avvocati La Russa e Gambardella, ha revocato anche l’obbligo di dimora e l’oblbigo di presentazione alla polizia giudiziaria. [Continua dopo la pubblicità]
Da ricordare che la sentenza di condanna in abbreviato del gip di Catanzaro, Pietro Carè, nei confronti di Giuseppe Granato e numerosi altri imputati, accusati di far parte dei clan Accorinti e Bonavita di Briatico, porta la data del 31 luglio 2018 e ad oggi si aspetta ancora da parte dello stesso gip distrettuale il deposito delle motivazioni di quel verdetto. Lo stesso giudice, in accoglimento di una richiesta della Dda di Catanzaro, il 27 luglio 2018 – a tre giorni dall’emanazione della sentenza – aveva inoltre disposto la scarcerazione, oltre che per Giuseppe Granato, anche per Salvatore Prostamo, Francesco Marchese, Giuseppe Granato, Emanuele Melluso e Simone Melluso, tutti accusati e poi condannati per associazione mafiosa. Nei loro confronti era stato disposto il divieto di dimora nel comune di residenza, cioè Briatico. Una decisione, quella della scarcerazione su richiesta della stessa Dda di Catanzaro, che aveva suscitato all’epoca non poche perplessità fra gli addetti ai lavori alla luce delle contestazioni mosse nel processo, ma probabilmente un “escamotage” per evitare una liberazione per scadenza termini.
La confisca. Giuseppe Granato, oltre ad essere stato condannato ad 8 anni di carcere per associazione mafiosa, con la sentenza in abbreviato ha avuto la confisca di diverse società come: la quota del 13% del capitale sociale della “Sicam srl” (intestata a Giuseppe Granato, ma di fatto riconducibile ad Antonino Accorinti, indicato come il boss di Briatico) con sede legale a Briatico su corso Regina Margherita; la quota del 70% del capitale sociale (pari a 20mila euro) della “Costadei srl” con sede legale a Cosenza, e tutto il compendio aziendale della stessa “Costadei srl” fra cui il complesso residenziale denominato “Zambrone Village” realizzato a Zambrone in località Crita, costituito da 50 unità abitative, appartamenti in corso di costruzione e due terreni. Sempre a Giuseppe Granato è stata poi confiscata la ditta denominata “Impresa di Costruzioni San Leo” con sede a Briatico in località San Giacomo comprensiva di un fabbricato in località Solaro, di nove appartamenti, quattro autocarri, quattro appezzamenti di terreno a Briatico, un mini-appartamento in un complesso residenziale sito a Zambrone in località Crita. Fra i beni confiscati pure delle unità immobiliari a Cosenza in via Panebianco intestate ad Andrea Granato, ma di fatto, per il giudice, riconducibili a Giuseppe Granato.
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