‘Ndrangheta: i retroscena della faida delle Preserre svelati dal pentito Moscato
Negli atti dell’inchiesta “Costa pulita” i nuovi verbali del collaboratore di giustizia vibonese che spiega alleanze e tradimenti sull’asse Gerocarne-Piscopio passando per Vibo Marina e Nicotera
La guerra di ‘ndrangheta nelle Preserre vibonesi ed i retroscena raccontati dal collaboratore di giustizia Raffaele Moscato. Ci sono anche diversi verbali inediti del pentito di Vibo Marina organico al clan dei Piscopisani negli atti dell’operazione “Costa Pulita” che ha inflitto un duro colpo ai clan Mancuso di Limbadi, Accorinti-Bonavita-Melluso di Briatico e Il Grande di Parghelia. Verbali che svelano particolari interessanti anche sulla faida nelle Preserre vibonesi fra i clan Emanuele e Loielo.
Raffaele Moscato spiega infatti agli investigatori che un ruolo importante in diversi fatti di sangue avrebbe avuto pure il boss Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni” (in foto) il quale nella zona di Gerocarne si sarebbe servito di Francesco Alessandria, detto “Mustazzo”, già coinvolto nell’inchiesta “Gringia” per la faida fra i Patania di Stefanaconi e il clan dei Piscopisani. “Mustazzo era vicino a Pantaleone Mancuso – dichiara Moscato – ed è coinvolto nell’omicidio di Zupo”. Il riferimento è all’agguato costato la vita ad Antonino Zupo, ucciso il 22 settembre 2012 a Gerocarne mentre si trovava agli arresti domiciliari poiché coinvolto nell’inchiesta “Ghost” per traffico di stupefacenti. “Zupo era il riferimento degli Emanuele quando era fuori – spiega Moscato – mentre Alessandria, Mustazzo, doveva essere ucciso perché vicino a Pantaleone Mancuso, detto Scarpuni, e vicino a Gerocarne ai rivali degli Emanuele”.
L’imbasciata di Zupo a Battaglia. “Mustazzo era stato avvistato a Soriano insieme a Nazzareno Colace ed a Pantaleone Mancuso, Scarpuni. Una settimana prima di morire, Antonino Zupo aveva mandato un’imbasciata a Rosario Battaglia mentre noi – racconta il collaboratore – eravamo a casa di Davide Fortuna in via Arenile a Vibo Marina dove erano state piazzate molte microspie per essere intercettati”. Raffaele Moscato aggiunge quindi che tale “imbasciata era stata portata da Domenico Zupo, fratello di Antonino, un altro che faceva parte del gruppo degli Emanuele”. Messaggio che sarebbe stato recapitato quindici giorni prima dell’omicidio di Francesco Scrugli (20 marzo 2012) e del ferimento dello stesso futuro collaboratore di giustizia e di Rosario Battaglia. “Domenico Zupo disse a Battaglia Rosario di andare a trovare il fratello Antonino a Gerocarne mentre si trovava ai domiciliari. Battaglia rispose che appena aveva tempo andava, ma poi noi siamo stati arrestati e Zupo qualche tempo dopo ucciso. Mustazzo se non lo arrestavano – aggiunge Moscato- doveva essere ucciso anche da quelli di Gerocarne perché Mustazzo stava con i Mancuso”. Con Pantaleone Mancuso, detto “Scarpuini”, per l’esattezza, il quale su Gerocarne si sarebbe schierato con i Loielo in contrapposizione al gruppo degli Emanuele. “Zupo voleva Rosario Battaglia a casa sua per dirgli che stava per succedere qualcosa, che c’era qualcosa che non andava. Ed infatti dopo Zupo (in foto sopra) è stato ammazzato. E questo perché Bruno Emanuele ha sempre detto a Zupo di fare riferimento a noi Piscopisani se serviva qualcosa”.
I “sospetti” dei Piscopisani sull’agguato a Zupo. “Anche per il tentato omicidio di Giovanni Emanuele – racconta Moscato – è coinvolto Pantaleone Mancuso che è riuscito a fargli il lavaggio del cervello a Rinaldo Loielo così come ha fatto con i Patania di Stefanaconi”. Rinaldo Loielo che, a detta di Moscato, sarebbe stato legato da rapporti di comparaggio a Mancuso ed avrebbe avuto un ruolo pure nel tentativo di uccidere lo stesso futuro collaboratore di giustizia con l’uso di una bomba. “Perché Rinaldo Loielo altrimenti – sottolinea Moscato – voleva mettere la bomba a me? Perché Rinaldo Loielo voleva uccidere me se io non c’entravo nulla con Gerocarne e Rinaldo non l’ho mai visto in vita mia e non lo conosco? Pantaleone Mancuso gli aveva fatto il lavaggio del cervello riuscendo a farlo mettere anche contro di noi”.
Il progetto di morte contro Rinaldo Loielo. La contrapposizione fra i clan Emanuele e Piscopisani da un lato e i Loielo spalleggiati dal boss Pantaleone Mancuso, dall’altra, avrebbe quindi portato i primi a decidere pure l’omicidio dello stesso Rinaldo Loielo. “Doveva essere ucciso cinque, sei giorni prima del nostro arresto, ma io – ricorda Moscato – mi sono rifiutato di andare. Erano venuti quelli di Gerocarne a Piscopio per proporci l’omicidio. Rosario Battaglia mi disse se volevo andare, ma io gli risposi di No perché prima dovevamo sistemare le cose nostre”. Le “cose nostre”, ovvero i fatti di sangue contro i Patania di Stefanaconi e contro Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, il boss di .Limbadi e Nicotera Marina che, proprio per la detenzione dell’ordigno esplosivo con il quale doveva saltare in aria Raffaele Moscato, è stato poi condannato unitamente a Rinaldo Loielo e Filippo Pagano.
‘Ndrangheta: “Damiano Vallelunga e Luigi Mancuso allo stesso livello”
Inchiesta “Robin Hood”, il pentito Moscato svela i rapporti di Ferrante coi boss (VIDEO)
ESCLUSIVO | La ‘ndrangheta a Vibo Marina nelle dichiarazioni inedite del pentito Raffaele Moscato
‘Ndrangheta: Gerocarne, la faida delle Preserre vibonesi ed il ruolo degli Stambè (VIDEO)
‘Ndrangheta: faida nel Vibonese, la Cassazione deposita i motivi della sentenza “Gringia”
Armi per la faida delle Preserre, condannati i fratelli Loielo