“Rinascita”, il pentito Mantella: «Ecco chi ha ucciso Fortuna a Pizzo»
Il collaboratore indica gli autori dell’omicidio eccellente di “Ciccio Pomodoro”, al vertice della ‘ndrangheta di Vibo. I retroscena, il traditore ed i legami fra i clan di Sambiase e San Gregorio d’Ippona
Omicidi “eccellenti” ed una lunga scia di sangue hanno segnato lo scontro fra i clan Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona da un lato ed i Lo Bianco di Vibo Valentia dall’altro. Cade il segreto investigativo su molti verbali del collaboratore di giustizia, Andrea Mantella, ed è possibile quindi ricostruire – grazie all’operazione “Rinascita-Scott” dei carabinieri e della Dda di Catanzaro – le dinamiche criminali sottese alla guerra di mafia combattuta senza esclusione di colpi sin dai primi anni ’80.
Porta infatti la data del 1 luglio 1981 l’omicidio di Pino Gasparro, alias “Pinu U Gattu”, nella piazza principale di San Gregorio d’Ippona ad opera di Francesco Fortuna, alias “Ciccio Pomodoro”, di Vibo Valentia, dopo che il nipote Pasquale Franzè, detto “U Tarra”, gli aveva riferito che Gasparro si era reso responsabile di un furto di animali. [Continua dopo la pubblicità]
La fuga di Fortuna a Lamezia. “Ciccio Pomodoro – ha dichiarato a verbale Andrea Mantella – dopo quel fatto fece un periodo di latitanza a Lamezia; Razionale Saverio, Rosario Fiarè e Pasquale Gasparro, andarono a Lamezia dal “Professore”, ovvero da Francesco Giampà, fratello di mio cognato Pasquale Giampà, a chiedere la testa di “Ciccio Pomodoro” che si trovava lì. Il “Professore” si rifiutò e da quel momento i Razionale-Gasparro-Fiarè simpatizzarono per i Iannazzo di Sambiase, poi divenuti parte avversa dei Giampà”.
L’omicidio di “Ciccio Pomodoro”. Andrea Mantella – che si rivela un “pozzo” di conoscenze sulle dinamiche criminali calabresi – indica quindi gli autori dell’omicidio di Francesco Fortuna, detto “Ciccio Pomodoro”, ritenuto all’epoca “capo società” della ‘ndrangheta nella città di Vibo. Un fatto di sangue avvenuto a Pizzo il 23 settembre 1988. “Quando Ciccio Pomodoro uscì dal carcere – ha fatto mettere a verbale Mantella – gli venne dato il confino a Pizzo Calabro, ma sottovalutava l’odio che i Gasparro- Razionale-Fiarè covavano nei suoi confronti e non li riteneva in grado di poterlo affrontare. Successivamente ho appreso che hanno fatto un traggiro con Cecè Mammoliti, boss di Castellace, rassicurando Ciccio Pomodoro del fatto che non gli sarebbe successo nulla, tanto che questi andava in giro con una Vespa per Pizzo tranquillo frequentando un bar vicino al “Bar degli Amici”, di fronte alla Esso, anche perchè lui aveva un appartamento sopra. Proprio davanti a questo bar, “Ciccio Pomodoro”, su mandato di Saverio Razionale e Rosario Fiarè, per tramite di Peppe Mancuso, venne ucciso per mano di Peppe Pagliaro di Lamezia, poi morto di leucemia.
Le “fonti” del collaboratore. Mantella offre quindi altri elementi importanti per far luce sull’omicidio di Francesco Fortuna (“Ciccio Pomodoro”), rimasto sinora impunito. “Che le cose andarono così lo sanno anche i bambini –spiega il collaboratore – ed io ne ho avuto la conferma da mio cognato Antonino Franzè, da mio cognato Pasquale Giampà di Lamezia e dai fratelli Gino e Peppe Da Ponte di Sambiase. Ne abbiamo parlato pure nel carcere di Catanzaro con Giampà Francesco, detto “Il Professore”. Questi lo sapevano per certo perchè Ciccio Pomodoro non è morto subito ed al Pronto Soccorso aveva fatto in tempo a dirlo al fratello Antonio Fortuna che ha sposato mia zia Raffaella Mantella”.
Il “favore” fatto dai lametini ai Fiarè-Razionale. Andrea Mantella entra ancor più nei dettagli ed il suo racconto getta un “fascio di luce” sulla faida fra i Lo Bianco-Fortuna ed i Gasparro-Fiarè-Razionale. “Oltre alla pregressa richiesta di Saverio Razionale e Rosario Fiarè – dichiara ancora il collaboratore – quando Ciccio Pomodoro era latitante a Lamezia, ho appreso da Gino Da Ponte che Peppe Pagliaro aveva fatto un favore a Saverio Razionale e Rosario Fiarè, oltre che a Pasquale Gasparro, quello anziano accusato da mia madre che, essendo di Sambiase come lui, aveva legami con Pagliaro. Successivamente in carcere a Paola quando ho parlato degli omicidi della faida, Saverio Razionale – spiega ancora Mantella – si è riservato solo sulla morte di mio zio Lo Bianco Domenico, attribuendosi direttamente la responsabilità della vendetta per l’omicidio di suo cognato Pino Gasparro, dicendomi direttamente che era stato lui ad ordinare a Pagliaro di uccidere “Ciccio Pomodoro”, dimostrandosi contento per la vendetta portata a termine, dicendomi testualmente “A chistu cornutu u ficimu ammazzare, u paga u sangu i canatuma”, in un momento in cui io gli dissi che a me non interessavano i fatti del passato”.
Il fallito agguato a Vibo contro Fortuna. Del tutto inedito è poi l’ulteriore racconto di Andrea Mantella su un precedente fallito agguato ai danni di Francesco Fortuna. “Saverio Razionale aggiunse che a Ciccio Pomodoro – rivela Mantella – in precedenza gli avevano teso un agguato mentre faceva una scampagnata a Vibo, quando ci andava di nascosto, ad un capannone sulla provinciale per Triparni, vicino al locale “San Valentino”. Armati di fucili – dichiara il collaboratore – erano andati per ucciderlo Saverio Razionale, Filippo Fiarè e Michele Vinci, quello che adesso ha una ditta di movimento terra, tutti facenti parte del gruppo dei Sangregoresi; l’agguato è fallito, mi disse Razionale, perché nel frattempo, finchè si sono organizzati, loro erano andati via e non li hanno trovati”.
Il “traditore” di Fortuna. Mantella rivela quindi un altro particolare inedito che apre un’altra storia tutta ancora da scrivere. Accanto a Francesco Fortuna vi sarebbe stato infatti un traditore, un vibonese il cui nome lo si ritrova anche nel primo maxiprocesso contro il clan Mancuso del 1984: Nazzareno Topia, poi deceduto. “Nell’occasione – conclude Mantella – Razionale mi disse che la pedina era Nazzareno Topia, il traditore che faceva parte del gruppo di “Ciccio Pomodoro”.
La vicinanza di Nazzareno Topia (cl. ‘45) a Francesco Fortuna e gli stretti rapporti fra Topia e Saverio Razionale sono stati evidenziati anche nella sentenza di primo grado del processo “Rima” contro il clan Fiarè risalente al 2007. A nessuno dei chiamati in causa da Andrea Mantella per l’omicidio di Francesco Fortuna viene al momento contestato tale delitto nell’inchiesta “Rinascita-Scott”. Le sue dichiarazioni, in ogni caso, trovano straordinario riscontro in quelle rese anni prima dal pentito Pasqualino D’Elia, originario di San Costantino Calabro, collaboratore di giustizia dal 1996 ed appartenente alla cosca dei Pagliaro-Andricciola di Sambiase. Si è autoaccusato di essere stato uno degli autori materiali dell’omicidio di Francesco Fortuna, unitamente ai Iannazzo ed ai Pagliaro di Sambiase che, secondo il suo racconto, dovevano ricambiare un favore ai vibonesi. Un racconto coincidente con quello reso da Andrea Mantella. Sull’omicidio di Francesco Fortuna hanno inoltre reso importanti dichiarazioni anche i collaboratori: Michele Iannello di San Giovanni di Mileto, il defunto Gerardo D’Urzo di Sant’Onofrio, Guglielmo Luigi Farris ed il crotonese Antonio Sestito.
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