Droga: traffico di coca per la ‘ndrangheta nel porto di Livorno, 10 arresti (NOMI)
Fra loro anche un vibonese ritenuto in collegamento con il clan Piromalli-Molè di Gioia Tauro. L'operazione è stata denominata "Akuarius 2"
Sono partite dall’omicidio di Giuseppe Raucci, ucciso a Tirrenia (Pisa) il 9 dicembre 2015 per questioni di droga e trovato morto in un parcheggio a Ginestra fiorentina (Firenze), le indagini della Dda di Firenze che hanno portato oggi i carabinieri di Livorno e la guardia di finanza di Pisa a eseguire 10 ordinanze di custodia cautelare per traffico internazionale di stupefacenti. L’operazione “Akuarius 2” ha consentito di smantellare un’organizzazione di trafficanti internazionali con base a Livorno e legami con la ‘ndrangheta, guidata, secondo l’accusa, da un uomo, Riccardo Del Vivo, già agli arresti domiciliari in quanto sospettato di fare da tramite con i rappresentanti delle cosche calabresi in Toscana.
Era il porto di Livorno la base delle operazioni della banda chiamata “Pesci”, dal nome con cui veniva chiamata dai suoi clienti: l’organizzazione gestiva la parte logistica delle importazioni di carichi di cocaina via nave dal Sudamerica, garantendosi la collaborazione di personale portuale, incluse alcune guardie giurate, per far uscire senza controlli la droga dagli spazi doganali. Gli investigatori hanno sequestrato l’ultimo carico, oltre 134 chili di cocaina, per un valore di circa 5 milioni di euro. Del Vivo, secondo quanto emerso dalle indagini, era al soldo delle cosche di Reggio Calabria, che gli passavano 20mila euro al mese per avere a disposizione l’organizzazione nel porto di Livorno ogni volta che era in arrivo una grossa partita di cocaina. La banda si occupava di recuperare il container una volta sbarcato in porto e poi di farlo uscire. Le cosche assegnavano alla banda anche una sorta di bonus del 5% della droga recuperata. Nell’ultima importazione illegale, poi intercettata dagli investigatori, la quota sarebbe stata di circa sette chili per un controvalore stimato di 245mila euro. Del Vivo, 68 anni, di Livorno, è finito in carcere assieme al concittadino Gabrielle Bandinelli, 41 anni, a Domenico Lentini, 50 anni, di Vibo Valentia, e ai livornesi Luis Lemucchi, 27 anni, a Massimo Bulletti, 67 anni, Gino Giovannetti, di 66, ed Emanuele Galia, 53 anni, di Rosignano (Livorno). Sono, invece, ristretti ai domiciliari i concittadini Ivano Sighieri, 67 anni, Marco Corolini, 40 anni e Luca Adami, 29 anni. Due misure interdittive sono stati disposte nei confronti delle guardie giurate Sandro Di Lorenzo, 49 anni, e Federico Chelli, di 44, entrambi di Livorno.
I movimenti di Del Vivo, che incontrava gli altri “Pesci” in un locale di via della Passata a Livorno, sono stati seguiti e documentati costantemente da personale della sezione mezzi tecnici della Direzione centrale servizi antidroga. La svolta nelle indagini e’ arrivata dopo alcuni incontri, in stile mafioso, che il presunto capo dell’organizzazione ha avuto fra le lapidi del cimitero dei Lupi di Livorno con alcuni rappresentanti delle cosche di ‘ndrangheta in Toscana, filmati di nascosto dagli investigatori dell’Arma e delle Fiamme gialle.
In uno di questi appuntamenti, a fine luglio 2016, era comparso Domenico Lentini, considerato rappresentante della cosca Piromalli-Molè in Toscana, che con un suo collaboratore incontra Del Vivo al cimitero per organizzare l’importazione di grosso carico di cocaina dal Sudamerica, a bordo della nave “Erato”. Il capo dei “Pesci” aveva predisposto un piano per intercettare il container, fornendo, tra l’altro, telefoni con intestatari fittizi e auto pulite ai suoi complici. Coloro che dovevano prelevare la droga avrebbero atteso la notte, quando il varco portuale sarebbe stato presidiato dalle sole guardie giurate “infedeli” che, dietro lauto compenso, avrebbero consentito il transito della loro auto. “Dove te la porto la bimba?” è il messaggio in codice mandato dai Pesci ai Calabresi il 10 settembre scorso, quando tutto era pronto per ricevere la droga. Gli investigatori hanno filmato tutti i movimenti: l’utilitaria con tre “Pesci” che entra nella darsena, raggiunge il container di gli incaricati conoscono il numero grazie a un pizzino, e poi escono col carico senza subire alcun controllo. Il blitz di carabinieri e finanzieri e’ poi scattato poco dopo vicino alla casa di Del Vivo, dove la droga, secondo i piani dell’organizzazione, doveva essere sorvegliata da due uomini armati: i tre “Pesci” sull’utilitaria vengono arrestati e i 134 chili di cocaina nascosti nel bagagliaio sequestrati. (Agi)