‘Ndrangheta: faida nel Vibonese, la Cassazione deposita i motivi della sentenza “Gringia”
I Patania di Stefanaconi contro i Piscopisani ed i Bartolotta. In 46 pagine le ragioni per 10 condanne a complessivi 118 anni di carcere e 4 annullamenti con rinvio
Sono state depositate dalla prima sezione penale della Corte di Cassazione le motivazioni della sentenza emessa il 14 settembre scorso nel troncone del processo “Gringia” celebrato con rito abbreviato contro il clan Patania di Stefanaconi. In tale data la Suprema Corte ha confermato 10 condanne, annullando con rinvio quattro posizioni nel processo sulla faida che ha insanguinato il Vibonese fra Stefanaconi, Piscopio, Vibo Valentia e Vibo Marina con i Patania schierati contro i Bartolotta-Calafati-Meddis di Stefanaconi e contro il clan dei Piscopisani guidato dalle “famiglie” Fiorillo, Battaglia e Galati.
Gli annullamenti con rinvio hanno interessato: Nicola Figliuzzi, di Gerocarne, condannato in appello a 14 anni (tentato omicidio di Francesco Calafati e avvenuto nel marzo 2012 a Stefanaconi e Francesco Scrugli avvenuto a febbraio 2012 a Vibo Valentia), difeso dall’avvocato Giuseppe Di Renzo e nel giudizio di merito anche dall’avvocato Antonio Barilaro; Giovanbattista Bartalotta, di Stefanaconi (difeso dall’avvocato Enzo Galeota e nel giudizio di merito pure dall’avvocato Francesco Sabatino), condannato in appello a 8 anni e 4 mesi ed accusato di concorso nel tentato omicidio di Francesco Calafati; Andrea Patania, di Stefanaconi, condannato a 20 anni in appello per l’omicidio di Giuseppe Matina, difeso dall’avvocato Giovanni Aricò e nel giudizio di merito anche dagli avvocati Gianfranco Giunta e Tiziana Barillaro; Salvatore Lopreiato (avvocato Marcella Belcastro), di Stefanaconi, che in appello era stato condannato a 8 anni e 4 mesi per il tentato omicidio di Francesco Calafati. Per tali quattro imputati la Cassazione ha stabilito che dovrà essere celebrato un processo di secondo grado in Corte d’Assise d’Appello a Catanzaro. In 46 pagine di sentenza, la Suprema Corte analizza ogni singola posizione e spiega il percorso logico-giuridico seguito dai giudici per motivare la decisione.
I motivi dell’annullamento con rinvio. Secondo la Cassazione, il ricorso di Nicola Figliuzzi deve essere accolto per quanto riguarda il tentato omicidio di Francesco Calafati in quanto si è dinanzi ad un “vizio di motivazione” della sentenza dei giudici d’appello. Agli atti del fascicolo sono presenti infatti ben due trascrizioni della medesima intercettazione ambientale: in una di esse il trascrittore ha riportato il nome “Cola” (che dovrebbe far riferimento a Figliuzzi) nell’altra il diverso trascrittore non ha ritenuto di trascriverla. Per quanto attiene invece a Giovanbattista Bartalotta (alias “Titta”) e Salvatore Lopreiato sussistono per la Suprema Corte “innegabili differenze narrative” fra il racconto dei collaboratori Loredana Patania e Daniele Bono in ordine all’opera di pedinamento degli imputati nei confronti di Francesco Calafati, mentre per quanto attiene Andrea Patania “non sussistono riscontri di tipo oggettivo individualizzanti nei suoi confronti”, accusato dell’omicidio di Giuseppe Matina a Stefanaconi, alias “Gringia”, dai collaboratori Daniele Bono e Arben Ibrahimi.
Le condanne confermate. 20 anni per Mauro Uras, killer di nazionalità tedesca ma residente a Canino (Vt); 13 anni Vasvi Beluli, killer macedone passato fra i collaboratori di giustizia; 30 anni per Sebastiano Malavenda, di Reggio Calabria; 20 anni per Francesco Alessandria, di Sorianello; 8 anni e 4 mesi per Rosalino Pititto di Stefanaconi; 4 anni ed 8 mesi ciascuno per Damiano Caglioti ed Antonio Caglioti, di Sant’Angelo di Gerocarne; 3 anni e 4 mesi per Caterina Caglioti, di Sant’Angelo di Gerocarne; 6 anni per Daniele Bono, di Sant’Angelo di Gerocarne, collaboratore di giustizia; 9 anni e 4 mesi per Arben Ibrahimi, sicario dell’ex Jugoslavia passato fra i collaboratori di giustizia.
Le motivazioni delle condanne. Per Antonio Caglioti, Damiano Caglioti e Caterina Caglioti, la Suprema Corte sottolinea che “la detenzione delle armi rinvenute, e di quelle mai ritrovate, è attribuibile a tutti i componenti della famiglia Caglioti, che ne facevano commercio e le custodivano per conto della famiglia Patania”, mentre i ricorsi dei collaboratori Daniele Bono, Vasvi Beluli e Arben Ibrahimi sulla pena loro inflitta sono da ritenersi per la Cassazione “inammissibili” attesa la “personalità degli imputati, la gravità ed il numero dei reati commessi”. Francesco Alessandria avrebbe agito invece nella faida quale uomo di fiducia del boss “Pantaleone Mancuso, alias Scarpuni”, seguendo le sue direttive.
Per quanto riguarda il tentato omicidio di Francesco Scrugli a pochi metri dalla Questura di Vibo, per la Suprema Corte ci si trova dinanzi a dichiarazioni dei collaboratori “precise e concordanti” che chiamano in causa pure Nicola Figliuzzi, mentre per quanto attiene a Rosalino Pititto lo stesso ha offerto il proprio “contributo permanente ai progetti omicidiari della famiglia Patania con piena consapevolezza della natura mafiosa dei delitti e dei motivi per cui determinati soggetti, tra cui Scrugli Francesco, erano stati individuati come obiettivi da eliminare”.
Sono altresì per la Cassazione riscontrate dalle dichiarazioni di Ibrahimi e Beluli le affermazioni di Bono Daniele sulla prassi “di far visionare ai killer fotografie delle vittime stampate al computer”, ovvero le foto di Francesco Scrugli, Raffaele Moscato e Rosario Battaglia, principali obiettivi dei Patania poiché elementi di vertice del clan dei Piscopisani in una faida che la Suprema Corte non esita a definire “spietata”, con gli omicidi a distanza di appena due giorni (settembre 2011) di Michele Mario Fiorillo, parente dei Piscopisani, e “Patania Fortunato, capostipite della famiglia e diretto referente dei Mancuso a Stefanaconi”, il tentato omicidio di Francesco Scrugli (11/2/2012), l’omicidio di Giuseppe Matina (20/2/2012), l’omicidio di Scrugli ed il contestuale ferimento di Battaglia e Moscato (Vibo Marina, il 21/3/2012), il tentato omicidio di Francesco Calafati (21/3/2012), il tentato omicidio di Francesco Meddis (Stefanaconi, il 26/6/2012) e l’omicidio di Davide Fortuna (spiaggia di Vibo Marina 6/7/2012).