venerdì,Novembre 22 2024

‘Ndrangheta: gli accordi fra i lametini ed i vibonesi per le pressioni sulle attività commerciali

Nuovi particolari dall’operazione “Giovani Leve” della Dda di Catanzaro contro il clan Giampà di Lamezia. Chiamati in causa i clan Mancuso, Lo Bianco e Pardea

‘Ndrangheta: gli accordi fra i lametini ed i vibonesi per le pressioni sulle attività commerciali

Un accordo fra Pantaleone Mancuso e Domenico Giampà per la gestione di un punto vendita della catena di un’importante negozio di casalinghi a Lamezia Terme. E’ quanto emerge dall’ordinanza dell’operazione “Nuove Leve” contro il clan Giampà dove vengono riportate pure le dichiarazioni del collaboratore di giustizia, Pasquale Catroppa. Il pentito ha raccontato agli inquirenti che Domenico Giampà, detto “Buccacciello” (attualmente pure lui collaboratore di giustizia) – dopo che Giuseppe Giampà, figlio del fondatore storico del Francesco Giampà, alias “Il Professore”, è divenuto collaboratore di giustizia – avrebbe rivestito un ruolo di vertice all’interno del clan. Un capo, dunque, capace di gestire all’esterno del carcere le azioni delittuose ma anche di rapportarsi con gli altri clan calabresi quali i Mancuso di Limbadi ed i Nicoscia di Isola Capo Rizzuto.

In particolare, Catroppa ha riferito agli investigatori un episodio in cui Domenico Giampà avrebbe stretto un accordo con Pantaleone Mancuso in base al quale una volta uscito dal carcere Saverio Giampà gli avrebbe dato in gestione un punto vendita della catena di supermercati a Lamezia Terme in quanto “Pantaleone Mancuso gestirebbe tale catena nella zona di Vibo Valentia per il tramite di suoi prestanome”.

Non è però il solo riferimento ai vibonesi contenuto nell’ordinanza contro il clan Giampà. In merito alla posizione di Francesca Allegro, 32 anni, di Lamezia Terme, moglie di Domenico Chirico, inteso “U Battero”, il collaboratore di giustizia Domenico Giampà ha infatti riferito agli investigatori di aver appreso dallo stesso Chirico Domenico che la stessa si faceva portavoce delle direttive del marito nelle varie estorsioni che venivano gestite dal medesimo, “anche tramite un suo parente soprannominato “U Ranise” di Vibo Valentia coinvolto nell’operazione che ha riguardato altro pregiudicato vibonese Andrea Mantella, nell’anno 2012”. In particolare, secondo gli investigatori  si sarebbe trattato “delle estorsioni alla Snai ed all’esercizio commerciale denominato Splendido & Splendenti”. Francesca Allegro si sarebbe occupata altresì della raccolta dei proventi estorsivi necessari per sostenere i detenuti della cosca.

In relazione a “U Ranise” è stata la Squadra Mobile di Catanzaro ad indentificarlo in Domenico Pardea, 49 anni, (in foto) originario di Vibo Valentia ma residente a Pizzo, che “risulterebbe appartenente alla famiglia di ‘ndrangheta omonima operante a Vibo Valentia. Sottoposto alla misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, lo stesso è stato controllato con Francesca Allegro nel febbraio 2013”.

Le investigazioni avrebbero poi permesso di accertare la frequentazione della donna con ulteriori sodali del clan Giampà, tra i quali “Michael Mercuri, soggetto coinvolto nell’ambito dell’operazione “Perseo” e condannato per la partecipazione all’associazione, oltre che con alcuni soggetti pregiudicati del Vibonese quali Luciano Macrì, che annovera – sottolineano i magistrati – svariati precedenti penali, come Domenico Pardea”, ritenuto vicino ai clan Lo Bianco di Vibo Valentia e Mancuso di Limbadi.

La stessa Francesca Allegro avrebbe intrattenuto con tali soggetti assidui contatti telefonici utilizzando anche applicazioni e sistemi informatici (social) difficilmente intercettabili da parte delle forze dell’ordine.

L’acquisto dell’auto e lo sconto spendendo il nome di Pardea. Gli investigatori avrebbero inoltre accertato che Francesca Allegro (in foto), dovendosi recare in un concessionario di auto a Vibo Valentia per chiedere il preventivo per l’acquisto di una nuova autovettura, si sarebbe rivolta proprio a Domenico Pardea (non indagato) chiedendogli di intervenire nei confronti dei titolari della concessionaria affinché le praticassero un particolare sconto. Domenico Pardea, ad avviso della Dda, avrebbe fornito a Francesca Allegro il nominativo del rivenditore di auto a cui rivolgersi, “spendendo anche il suo nome” ed al termine della trattativa Francesca Allegro avrebbe contattato telefonicamente Pardea informandolo che effettivamente il concessionario le aveva praticato uno sconto di quattromila euro sul prezzo di vendita. La donna, però, non sarebbe stata contenta, invitando Domenico Pardea a chiamare il concessionario “al fine di convincerlo a praticarle un ulteriore sconto”.

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