sabato,Novembre 23 2024

Centro migranti in un albergo, corruzione elettorale per Giamborino e Incarnato

Avrebbero cercato di agevolare l’imprenditore lametino Cuomo per una struttura da realizzare nel Cosentino in cambio di sostegno alle elezioni

Centro migranti in un albergo, corruzione elettorale per Giamborino e Incarnato
Pietro Giamborino

L’idea era di trasformare un albergo in un centro d’accoglienza per migranti. Per farlo, però, bisognava trovare l’albergo ed anche le entrature giuste per avviare la trattativa. Si fonda su questa base la contestazione mossa all’imprenditore lametino Pino Cuomo, all’ex consigliere regionale Pietro Giamborino ed al commissario liquidatore di Sorical Luigi Incarnato, nell’operazione Rinascita-Scott. Cuomo si sarebbe rivolto a Giamborino, indicato dagli inquirenti come elemento inserito nella criminalità organizzata vibonese, per concretizzare l’idea. Giamborino avrebbe contattato Incarnato affinché procurasse a Cuomo un appuntamento con il sindaco di Paola (Cosenza), Roberto Perrotta. In cambio, avrebbe ottenuto la promessa di sostegno elettorale alle elezioni politiche del 2018. La vicenda è riscostruita nelle 1.300 pagine dell’inchiesta Rinascita-Scott. Giamborino, stamane, è finito in carcere, Incarnato, segretario regionale del Psi, ai domiciliari, mentre per Cuomo è stata disposta la misura del divieto di dimora in Calabria.

L’accusa per Incarnato, in passato assessore regionale ai Lavori pubblici, è di corruzione elettorale. Giamborino avrebbe anche intascato del denaro dall’imprenditore interessato. L’albergo che avrebbe suscitato l’interesse dell’imprenditore è l’hotel Alahambra. Quando l’operazione sembrò sfumare, per le difficoltà tecniche manifestate dal sindaco dell’epoca, Roberto Perrotta (che non è indagato), Giamborino avrebbe proposto all’imprenditore di spostare l’operazione su Vibo Valentia, chiedendo, in ogni caso, che gli fosse corrisposto il denaro pattuito per avergli procurato l’incontro con il sindaco di Paola. A Giamborino la procura distrettuale antimafia di Catanzaro contesta l’aggravante di avere agito per consolidare il potere della ‘ndrina di Piscopio.

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