‘Ndrangheta: clan dei Piscopisani, carcere per Nazzareno Fiorillo
E’ indicato quale vertice assoluto della consorteria mafiosa. Respinto dalla Cassazione anche il ricorso di Stefano Farfaglia
Restano in carcere Nazzareno Fiorillo, 54 anni, detto “U Tartaru”, di Piscopio, e Stefano Farfaglia, 36 anni, di San Gregorio d’Ippona. E’ quanto deciso dalla Cassazione che ha dichiarato inammissibili i loro ricorsi avverso le decisioni del Tribunale del Riesame di Catanzaro che hanno confermato l’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip distrettuale nell’aprile scorso nell’ambito dell’operazione antimafia denominata “Rimpiazzo” contro il clan dei Piscopisani.
Anche per la Suprema Corte sussiste la gravità indiziaria quanto all’inserimento di Nazzareno Fiorillo nel clan dei Piscopisani, oltre “all’assenza di elementi da cui desumerne la successiva dissociazione o l’irreversibile allontanamento dagli ambienti criminali di riferimento”. Secondo la Cassazione, il Riesame ha dato conto della formale investitura di Nazzareno Fiorillo nel clan, ricevuta per ragioni “di anzianità dai co-fondatori del sodalizio, con il ruolo di capo locale, così come dei contatti con i vertici del sodalizio, attraverso significativi, reiterati e continui incontri con esponenti anche del gruppo avversario, dopo l’omicidio di Fortunato Patania, diretti alla riappacificazione con i clan Mancuso e Patania, mettendo a disposizione del gruppo anche un locale adibito ad ospitare summit tra sodali”.
Per i giudici sono credibili i collaboratori di giustizia Raffaele Moscato e Andrea Mantella, ed anche convergenti nonchè “specifiche, costanti e coerenti” le dichiarazioni di Loredana Patania e Daniele Bono. Andrea Mantella avrebbe appreso del ruolo di vertice di Nazzareno Fiorillo all’interno del clan dei Piscopisani da Salvatore Morelli e da Domenico Bonavota. [Continua dopo la pubblicità]
La Suprema Corte ribadisce inoltre che per la partecipazione ad un’associazione di tipo mafioso non è necessario che il membro del sodalizio si renda protagonista di specifici atti esecutivi del programma criminoso, essendo sufficiente che lo stesso assuma o gli venga riconosciuto il ruolo di componente del sodalizio ed aderisca consapevolmente al programma criminoso, accrescendo per ciò solo la potenziale capacità operativa e la temibilità dell’associazione. Il reato di associazione mafiosa si consuma nel momento in cui il soggetto entra a far parte dell’organizzazione criminale, senza che sia necessario il compimento, da parte dello stesso, di specifici atti esecutivi della condotta illecita programmata poiché, trattandosi di reato di pericolo presunto, per integrare l’offesa all’ordine pubblico è sufficiente la dichiarata adesione al sodalizio con la c.d. “messa a disposizione”, in quanto idonea ad accrescere, per ciò solo, la potenziale capacità operativa ed intimidatoria dell’associazione criminale. In ogni caso, a Nazzareno Fiorillo viene contestato anche un episodio estorsivo ai danni del titolare di un supermercato di detersivi e prodotti per la casa di Vibo.
Riguardo invece a Stefano Farfaglia, la Cassazione respinge il suo ricorso dando piena credibilità alle dichiarazioni di Raffaele Moscato e Andrea Mantella. Stefano Farfaglia avrebbe fatto parte della c.d. “Società minore” di Piscopio con il grado mafioso di picciotto ed in procinto di passare a sgarrista, secondo le accuse di Raffaele Moscato che lo indica come soggetto disposto a ricevere armi per conto del clan dei Piscopisani. Andrea Mantella riferisce invece le confidenze che gli avrebbe fatto Francesco Scrugli descrivendo Farfaglia come “uomo a disposizione dei Piscopisani e fornitore di auto per le azioni di Scrugli o per smontare i pezzi”.
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