Sanità vibonese, Città attiva chiede all’Asp la riapertura di Medicina d’urgenza: «Fare meglio ora che siamo osservati dal Niguarda…»
Con una certa dose di sarcasmo i responsabili dell'Osservatorio civico denunciano le disparità rispetto ad altre regioni come la Lombardia evidenziando anche un numero insufficiente di personale e posti letto

«Ora che sappiamo di rappresentare un modello per il resto d’Italia, ci sentiamo legittimati ad alzare l’asticella delle pretese e, compiaciuti dal fatto che il Niguarda ci osserva con ammirazione, riteniamo che la Commissione straordinaria dell’Asp di Vibo non possa attendere un minuto di più per riaprire la Medicina d’urgenza e l’Osservazione breve intensiva». Con una certa dose di sarcasmo, l’Osservatorio civico “Città attiva” di Vibo, attraverso un comunicato stampa firmato dagli avvocati Daniela Primerano, Francesca Guzzo e Ornella Grillo, torna ad alzare la voce rivendicando un ruolo da protagonista per la regione. «Il primo passo – hanno sottolineato – è stato fatto mettendo a disposizione gli spazi, ma adesso bisogna raggiungere il traguardo attivando i posti letto ed assumendo il personale necessario».
«Per fare davvero una bella figura – hanno incalzato i tre legali dell’Osservatorio civico – insistiamo pure nella richiesta di provvedere subito all’acquisto di nuove barelle, di sedie a rotelle, di almeno un ecografo, di nuovi elettrocardiografi e di tutto il materiale sanitario e la strumentazione tecnologica mancante che abbiamo più volte elencato. Ora che il Niguarda di Milano ha gli occhi puntati su di noi, dobbiamo fare presto e, soprattutto, dobbiamo dimostrare che ce la possiamo fare anche da soli senza necessità di ricorrere ad “amministratori di sostegno”, perché – hanno poi evidenziato – si vocifera che si stia surrettiziamente commissariando anche l’organizzazione dell’emergenza-urgenza in Calabria».
«Siamo certi – prosegue la nota stampa – che ai colleghi meneghini siano stati riferiti i numeri che ci condannano inevitabilmente all’inefficienza nei servizi da uno Stato che continua a dividere i cittadini in categorie di serie “A” e di serie “B” trattandoli di conseguenza, ma ci sono anche quelli di serie “Z”, nella quale ovviamente rientriamo proprio noi calabresi. Perché nonostante abbiamo visto uno Stato correre in nostro aiuto 15 anni fa, a fronte dell’immediato aumento massimo delle addizionali regionali, non abbiamo potuto apprezzare ancora i meriti e gli effetti dell’intervento statale nel nostro sistema sanitario. Evidentemente – hanno rimarcato i tre legali -, i principi costituzionali sono da considerare ormai acqua passata, visto che dal 1948 ad oggi ne sono trascorsi di anni».
«Vorremmo innanzitutto chiedere agli esperti milanesi, riguardo alla dotazione di personale sanitario tra pubblico e privato convenzionato e di posti letto, se sanno che per 10.000 abitanti in Calabria ci sono 119 addetti mentre la Lombardia può contare su 151 operatori sanitari, 32 in più ogni 10.000 abitanti; e mentre la Lombardia ha a disposizione 41 posti letto ogni 10.000 abitanti, noi ne abbiamo solamente 33: il numero più basso in tutta Italia. Un triste primato che condividiamo con la Campania».
Disparità con la Lombardia e altre regioni
Ed infine, «per completare il quadro, un cenno lo dobbiamo fare anche alla spesa pro-capite: quella assegnata ai lombardi è di 2.246,00 euro, mentre per i calabresi è pari a 2.124,00 euro. Oltre 100 euro di differenza che vanno moltiplicati per il numero degli abitanti che, in Calabria, è pari a 1.855.454. E non ci si nasconda dietro apparenti criteri – hanno aggiunto Primerano, Guzzo e Grillo -, perché è a parità di condizioni che si fanno i confronti. E volutamente, in questa analisi, ci fermiamo al confronto con la sola Lombardia, trascurando i numeri di altre regioni che evidenzierebbero discriminazioni ancora più eclatanti. Tutto ciò, si badi bene, avviene sotto l’occhio vigile dello Stato che, ancora oggi, ha in mano la sanità calabrese e che quindi è il garante del nostro diritto alla salute. Evidentemente la nostra vita non vale granché, visto che la matematica non è un’opinione».
La situazione a Vibo Valentia
Spostando poi l’attenzione su Vibo, per l’Osservatorio civico “Città attiva” i numeri diventano «impietosi». Operando il confronto con le altre province, «il gap in termini di risorse, in particolare per l’assistenza socio-sanitaria, è pari al 40% in meno. La differenza con Crotone diventa così esagerata da indurre a ritenere che la realtà dei fatti sarebbe da sottoporre al giudizio della Corte europea dei diritti dell’uomo: 4.530.618,95 euro a Vibo e 35.124.476,16 a Crotone, a parità di popolazione, per il triennio 2022-2024». Anche in termini di posti letto, «i numeri dell’ingiustizia che subiamo sono eclatanti; 1,86 per 1000 abitanti quelli attuali e 2,39 quelli con la nuova programmazione. Al di sotto addirittura del coefficiente indicato a livello nazionale del 3 per 1000, mentre Crotone passa incredibilmente da 3,92 a 4».
«Ed è in questo scenario – hanno aggiunto ancora i tre legali dell’Osservatorio – che l’Asp di Vibo ha subito addirittura un taglio di risorse di ben 30 milioni nel passaggio dall’assegnazione provvisoria a quella definitiva e quindi dal Dca 217/2023 al Dca 92/2024. Ci si domanda, di fronte a questi numeri ed in vista della programmazione 2025-2027, che posizione abbia deciso di prendere la Commissione straordinaria chiamata a gestire l’Asp di Vibo e a garantire i Livelli essenziali di assistenza anche nella nostra Provincia, in coordinamento con il commissario ad acta alla Sanità, così come previsto dall’art. 4 comma 1 del Decreto Calabria?»
In conclusione, per l’Osservatorio civico “Città attiva” di Vibo, «sarebbe davvero inaccettabile, oltre che fortemente deludente, se la Commissione straordinaria, chiamata direttamente dal ministero dell’Interno a ripristinare la legalità, si dimostrasse incapace di attuare innanzitutto il principio di equità in un’Asp che, da decenni, viene fortemente penalizzata in termini di risorse, personale, posti letto e investimenti».