sabato,Marzo 15 2025

Pizzo e il caso del quadro ottocentesco dello Sposalizio della Vergine, Montesanti: «Continueremo a cercare le sue tracce»

Lo studioso torna nella chiesa della Madonna delle Grazie: «L’opera qui collocata è una pittura a tempera su muro. Eppure per il Catalogo della Soprintendenza si tratta di una tela»

Pizzo e il caso del quadro ottocentesco dello Sposalizio della Vergine, Montesanti: «Continueremo a cercare le sue tracce»

Un dato è certo. Dell’antico quadro dello Sposalizio della Vergine attribuito al pittore Carmelo Zimatore e inaugurato nel 1880 nella Chiesa di San Sebastiano a Pizzo, non v’è ancora traccia. A sollevare il caso, nelle scorse settimane, lo storico locale Antonio Montesanti. Proprio quest’ultimo, tenendo in considerazione i documenti consultabili nel Catalogo generale dei beni della Soprintendenza, aveva individuato un’opera simile, catalogata come “olio su tela” su una delle pareti della chiesa Madonna delle Grazie, lasciando ovviamente aperta l’esigenza di ulteriori approfondimenti. Successivamente sulla vicenda era intervenuta l’Arciconfraternita santissima Maria delle Grazie di Pizzo assicurando che quella custodita nell’edificio religioso altri non è che un affresco. Nulla a che vedere con l’opera ottocentesca scomparsa.

Il caso del quadro di Carmelo Zimatore

Dopo un ulteriore sopralluogo, lo storico Montesanti fuga ogni dubbio: «Il Ministero dei beni culturali può essere fallibile nel considerare il valore di un’opera? – si chiede – La domanda oggi si pone più stringente rispetto alla scelta o meno di rimuovere una stupenda opera ceramica dalla facciata di un edificio religioso realizzata dal maestro Curatolo. La risposta è sì. Può essere fallibile. E non solo per quanto a mio parere sta accadendo alla Chiesa dei morti. Qualche tempo fa – entra nel dettaglio l’esperto di storia locale – si era posta la necessità di capire con certezza se il quadro dello Sposalizio della Vergine fosse un dipinto su tela o un affresco. Se fosse stato su tela, pensavo, si sarebbe potuto condividere l’originalità con la Chiesa dello stesso paese che annualmente festeggia lo Sposalizio della Vergine pur non avendo più un dipinto ad olio della scena».

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L’opera è collocata nella parte alta della parete della Chiesa della Madonna delle Grazie, «Confesso – spiega Montesanti – che mi sono fidato della descrizione della scheda tecnica realizzata per quell’opera da storici dell’arte, per l’Istituto centrale del Catalogo dei beni culturali, ente che fa capo al Ministero della cultura. Il Catalogo– tiene a precisare – è la banca dati che raccoglie e organizza a livello centrale le informazioni descrittive dei beni culturali di tutta Italia, frutto delle attività di ricerca condotte da diverse istituzioni sul territorio. Fortunatamente online sono consultabili una parte delle schede di beni fino a oggi conferite al Sistema informativo generale del catalogo: monumenti, collezioni, raccolte, oggetti di interesse artistico e storico, reperti e siti archeologici, beni scientifici e naturalistici. Tra cui risultano due delle opere realizzate per quella parete. Tra queste, lo Sposalizio della Vergine. Ebbene nella scheda entrambi figurano come “dipinti ad olio su tela”».

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Il catalogo dei beni culturali

«Ovviamente – sottolinea lo storico – la credibilità dell’Istituto è tale da considerare più accreditata e veritiera la tecnica pittorica di esecuzione e il supporto utilizzato. E invece non è così! La necessità di un confronto, visto che localmente alcuni le indicavano come affreschi, mi ha indotto a effettuare una verifica più da vicino, in particolare al quadro della Stella Maris, vicino al coro».

E lì la sorpresa: «Quei dipinti non sono pitture ad olio su tela ma neanche affreschi su intonaco: sono tempere su un piccolo strato bianco di tonachino di preparazione del muro. Sono pitture a tempera su muro e non olio su tela, come indicato nelle schede di catalogo del Ministero. Un madornale errore che invito il Ministero a correggere immediatamente, perché rende inattendibile ogni studio o intervento di tutela e restauro». Ad oggi, dunque, il caso del quadro di Zimatore resta un mistero: «Ma continueremo a cercare le sue tracce. Mi auguro solo – conclude Montesanti – che gli esperti professionisti che hanno redatto quelle schede errate non siano gli stessi che decideranno le sorti delle ceramiche del maestro Giovanni Curatolo».

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