«Pasquale Bonavota ferito dai Soriano che volevano uccidere Antonino Barbieri»: l’incidente a una festa e le scuse del clan
Il racconto del collaboratore di giustizia Francesco Fortuna sui rapporti tra la cosca di Sant’Onofrio e le famiglie del Vibonese. I rapporti con i Mancuso quando cominciarono i lavori di ammodernamento della Salerno-Reggio Calabria. Le estorsioni a Pizzo divisa tra tre ‘ndrine

Una festa, un saluto all’amico col quale si condividevano furti e rapine, poi gli spari e i proiettili che feriscono anche uno degli elementi di spicco del clan di Sant’Onofrio.
Un’amicizia che rischiò di costare cara a Pasquale Bonavota quella con Antonino Barbieri. I due, insieme ad altre persone come Bruno Cugliari e Francesco Barbieri, racconta il collaboratore di giustizia Francesco Fortuna, «commettevano furti e rapine».
Ma, stando a quanto rivela il collaboratore, Antonino Barbieri era inviso al clan Soriano di Filandari, e una sera durante una festa i Soriano fecero un agguato contro Barbieri a colpi di arma da fuoco e ferirono anche Pasquale Bonavota.
In seguito – spiega Francesco Fortuna il 21 febbraio davanti al pm Andrea Buzzelli –, il clan di Filandari si scusò con in Bonavota per «l’accaduto dicendo che non era loro intenzione colpire Pasquale Bonavota e la cosa venne chiarita perché Pasquale Bonavota non morì, anche se in qualche modo lasciò una minima freddezza fra le due famiglie».
L’omicidio di Roberto Soriano
Francesco Fortuna fa anche un minimo cenno all’omicidio di Roberto Soriano avvenuto nel 1996. Insieme a Soriano è stato ucciso anche Antonio Lo Giudice e per questo duplice omicidio sono stati condannati in primo grado all’ergastolo il boss di San Gregorio d’Ippona Saverio Razionale e il boss di Zungri Giuseppe Accorinti.
Fortuna racconta che l’agguato che ferì Pasquale Bonavota «si collocava nell’ambito della faida tra gli Accorinti e i Soriano. All’interno della cosca ho saputo anche che la morte di Soriano Roberto era da inquadrarsi proprio nella faida che era in corso con gli Accorinti di Zungri».
L’inizio dei rapporti tra Mancuso e Bonavota
Secondo Francesco Fortuna, che è cresciuto e si è formato da criminale all’interno della cosca Bonavota, tra il clan di Sant’Onofrio e i Mancuso di Limbadi non vi fu nessun particolare rapporto fino a quando non cominciarono i lavori di ammodernamento «della Salerno-Reggio Calabria poiché un tratto di quei lavori passava da Sant’Onofrio…».
Le estorsioni su Pizzo
«Dopo l’avvicinamento dei Bonavota con gli Anello, i Bonavota iniziarono a prendere parti nelle estorsioni su Pizzo Calabro che venivano divise fra gli Anello i Bonavota ed i Mancuso, poiché non c’era una famiglia di Pizzo Calabro stesso che la controllava. Negli anni ’90 in cui Rocco e Tommaso Anello si trovavano in carcere per un lungo periodo si erano insediati i Fiumara che per un periodo erano molto presenti sul territorio ma dalla scarcerazione dei fratelli Anello e con l’arresto di Claudio Fiumara tutto tornò nelle mani di Rocco e Tommaso Anello. Per conto dei Mancuso, in particolare di Pantaleone Mancuso detto Scarpuni, a portare avanti i suoi interessi ed a percepire per suo conto le somme delle estorsioni era Gregorio Gioffrè che proprio perché curava gli interessi Pantaleone Mancuso (Scarpuni) aveva in mano tutti gli imprenditori o quasi del vibonese, anche perché i Mancuso aveva influenza su tutto vibonese».
L’antica amicizia tra Anello e Bonavota
Secondo Francesco Fortuna, l’amicizia tra gli Anello e i Bonavota risale ai tempi in cui i capi delle cosche erano giovanissimi, «tanto è vero – dice il collaboratore – che quando ancora Rocco Anello era minorenne e Vincenzo Bonavota era latitante andò con una macchina senza neanche avere la patente a Sant’Onofrio per prendere Vincenzo Bonavota e fargli trascorrere la sua latitanza a Filadelfia».
Pizzo divisa tra Anello, Bonavota e Mancuso
«A differenza di quanto affermato da diversi collaboratori di giustizia – dice Fortuna –, Pizzo Calabro non era assolutamente diviso in zone, dovunque fosse il lavoro le famiglie che dividevano il compenso erano gli Anello i Bonavota ed i Mancuso, questo valeva valeva fino all’Angitola cioè all’uscita dello svincolo autostradale di Pizzo Calabro da quel punto in poi tutto passava nelle esclusive mani di Rocco e Tommaso Anello escludendo però i villaggi turistici in cui i Mancuso aveva il predominio unitamente agli Anello, i fratelli Anello avevano controllo del territorio fino alla zona industriale di Lamezia Teme chiamata (ex Sir) da lì in poi la competenza ricadeva nelle mano dei lametini ma fino a quel limite tutte le attività partendo dall’Angitola e tutti i lavori che venivano effettuati in quello spazio venivano controllati dagli Anello. Le estorsioni effettuate dai Mancuso, Anello e Bonavota su Pizzo Calabro non erano indirizzati su bar, negozi, ristoranti ecc, e neanche su lavori che erano magari la costruzione di una semplice abitazione familiare, le estorsioni erano indirizzate a lavori più corposi come ad esempio lavori di complessi residenziali o lavori che venivano perpetrati sul territorio stesso strade o altro».