Impianto televisivo da demolire anche per il Consiglio di Stato
Respinto l’appello della società e ritenuto corretto l’operato del Comune di Stefanaconi per l’impianto al confine con il territorio di Vibo Valentia
Respinto dal Consiglio di Stato l’appello avverso la sentenza con la quale il Tar di Catanzaro ha respinto il ricorso di Rete Sud srl contro il Comune di Stefanaconi finalizzato ad ottenere l’annullamento dell’accertamento di inottemperanza all’ordine di demolizione, emesso nel 2016, di uno degli impianti radiotelevisivi posizionato in località “Croce Nivera” al confine con il territorio comunale di Vibo Valentia. Rete Sud sosteneva che il Comune di Stefanaconi avesse adottato l’atto di inottemperanza all’ordine di demolizione in costanza del sequestro penale dell’impianto. Anche per i giudici amministrativi di secondo grado, però, la pendenza del sequestro è irrilevante ai fini della legittimità dell’ordine di demolizione e della sua eseguibilità e, quindi, della validità dei conseguenti provvedimenti sanzionatori emanati nel pieno rispetto della legge in materia. Per tale motivo il ricorso è stato ritenuto dal Consiglio di Stato in quanto infondato ed è stata ritenuta corretta anche la sanzione amministrativa di 20mila euro nei confronti di Rete Sud srl in quanto la cosiddetta buffer zone associata all’area di frana a rischio molto elevato rientra nella fascia sottoposta al regime vincolistico. Il sequestro dell’impianto era stato disposto dalla Procura di Vibo Valentia per via dell’assenza di un’apposita autorizzazione edilizia ai fini della radiodiffusione. Successivamente era stato dissequestrato – così come gli altri realizzati nella medesima località a pochi passi dal cimitero di Vibo – poiché i reati penali di abusivismo sono caduti in prescrizione. Il Comune di Stefanaconi aveva disposto la demolizione di alcune opere realizzate in difformità dei permessi a costruire già rilasciati alla società Rete Sud Srl contestando alla stessa di aver edificato, in località Croce Nivera, un traliccio metallico dell’altezza di 49 metri contro i 42 autorizzati e un manufatto adibito a locale tecnico difforme per caratteristiche architettoniche rispetto a quello indicato negli elaborati progettuali già trasmessi al Comune nel 2011.