Aveva 8 anni quando a Vibo gli salvarono la vita, il piccolo Leo scrive ai medici dello Jazzolino e fa piangere tutti: «Non vi ho dimenticati»
Nel 2022, durante una vacanza a Tropea, cadde e si spappolò la milza e un rene. I genitori, positivi al Covid, non poterono mai stargli vicino ma fu curato e coccolato da tutto il personale. Il padre è tornato da Bergamo e ha consegnato il messaggio del figlio, ecco cosa c’era scritto e com’è andata
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«Caro dottor Zappia e cari dottori del reparto di chirurgia, scrivo questa lettera per ringraziarvi per tutto quello che avete fatto per me dopo quel brutto incidente». Inizia così la lettera che Leonardo, un bambino di Bergamo che oggi ha 11 anni, ha scritto di suo pugno ai medici dello Jazzolino. A quei dottori che due anni e mezzo fa gli salvarono la vita.
Era il 21 luglio del 2022, quando Leonardo, in vacanza a Tropea con la sua famiglia, scivolò dal pedalò riportando un’emorragia interna. L’incubo si materializzò in un istante: dolori lancinanti e il concreto pericolo che perdesse la vita ad appena 8 anni. Ricoverato d’urgenza all’ospedale di Vibo, gli vennero asportati la milza e un rene. Dopo alcuni giorni di degenza fu dichiarato fuori pericolo e l’incubo si dissolse. A distanza di due anni e mezzo il papà di Leonardo, Michele, è tornato a Vibo Valentia per consegnare una lettera del figlio al personale del reparto di Chirurgia generale.
Davanti al cancello dello Jazzolino, l’uomo non trattiene l’emozione, travolto dal ricordo di quei giorni terribili in cui suo figlio ha rischiato di morire. Il mondo stava uscendo dalla pandemia, ma i due genitori risultarono positivi al Covid e gli fu ovviamente impedito di accedere in ospedale. Dal ricovero d’urgenza alle dimissioni del bambino, mamma e papà furono così costretti ad aspettare fuori. «Su quella panchina ai piedi della statua di San Pio ho passato le quattro notti più difficili della mia vita», racconta Michele, che nella vita fa il poliziotto. Non riesce a trattenere le lacrime e continua: «Guardavo la finestra della camera dove sapevo che mio figlio era ricoverato e speravo di poterlo intravedere al di là dei vetri. Io e mia moglie non c’eravamo quando Leo si è svegliato dopo l’intervento, ma c’erano i medici e gli infermieri, che lo hanno curato e coccolato come un figlio, tanto che Leo diventò la mascotte del reparto. Oggi sta bene. Ha ripreso la sua vita e noi siamo immensamente grati ai medici dello Jazzolino, perché se oggi nostro figlio è vivo è proprio grazie all’equipe diretta da Franco Zappia».
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Il primario è in reparto ad attenderlo. Chiama a raccolta il suo staff affinché possa incontrare Michele: «Ci devono essere tutti», sottolinea. Il papà di Leonardo arriva e si precipita a stringere le mani del medico che lo accoglie con commozione, poi lo conduce in una stanza dove l’aspettano anche gli altri dottori. Qui Michele legge la lettera che ha portato con sé da Bergamo. Le mani di papà Michele tremano. A stento riesce a leggere il foglio scritto a penna: «Sono passati più di due anni da quel brutto incidente ma non vi ho mai dimenticato – dice Leo attraverso la voce rotta dall’emozione del papà -. Nonostante le difficoltà ho continuato a vivere la mia vita grazie a voi, piano piano. Ora frequento la prima media, ho cambiato scuola di karate, ho visitato posti meravigliosi e non ho preso più l’antibiotico. Nonostante non possa fare alcuni sport che vorrei, questo non mi ferma e continuo ad andare avanti. Ricordo tutti quei giorni passati in vostra compagnia e ricordo la gentilezza, il bene, l’affetto e il tempo che mi avete dedicato. Prometto di stare attento e di riguardarmi in futuro, ma soprattutto prometto di non dimenticarvi mai. Con affetto Leonardo».
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Ora non è solo il papà di Leo a trattenere a stento le lacrime. Medici e infermieri sono tutti commossi e c’è chi non ha alcun timore di mostrarlo. Ma prima che l’incontro si concluda, manca ancora una lettera da leggere, quella di Aaron, il fratellino di 6 anni di Leo, che sta ora imparando a scrivere. Anche lui ha voluto mandare un messaggio. È breve ma altrettanto emozionante: «Ti voglio bene perché hai salvato Leo», con tanto di cuore e un’ambulanza. L’incontro è finito, pochi minuti che però valgono il ricordo di una vita. Per i medici e gli infermieri è già tempo di tornare al proprio lavoro, per salvare altre vite, per curare altri pazienti.
«Siamo stati estremamente felici di questa visita inaspettata – dice Zappia stringendo a sé la lettera del suo piccolo paziente mentre saluta Michele -. Non abbiamo mai dimenticato Leonardo e mai accadrà».