Pini di Vibo, Paolillo (Wwf): «Indeboliti apposta per giustificare l’abbattimento? Se la resina avesse il colore del sangue…»
Il responsabile locale del Settore conservazione dell’associazione ambientalista interviene sull’ordinanza che riguarda 18 alberi di piazza Salvemini dove è in corso un intervento di riqualificazione urbanistica: «La loro sorte era già segnata, basta guardare il progetto»
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«Era già tutto previsto». Così Pino Paolillo, responsabile del Settore Conservazione WWF Vibo Valentia/Vallata dello Stilaro, tramite una nota commenta con amarezza la «sentenza di abbattimento che incombe sui 18 pini domestici di Piazza Salvemini». Una decisione, quella presa dal Comune di Vibo, che secondo Paolillo affonda le radici già nel progetto di rigenerazione urbana del Comune, che avrebbe da tempo decretato la sorte di questi alberi.
«Un progetto di cosiddetta rigenerazione urbana, redatto tempo addietro, prevede di cambiare i connotati alla suddetta piazza, con viali in calcestruzzo, panchine, parcheggi e quant’altro, ma senza i pini preesistenti (tutti o qualcuno non si sa). Lo si deduce dallo stesso comunicato del Comune quando afferma che nel progetto era prevista la piantagione di nuovi alberi, al posto di quelli vecchi». Secondo Paolillo, era dunque chiaro fin dall’inizio che l’eliminazione di questi alberi fosse già stata pianificata.
Le alternative, secondo l’ambientalista, erano due:«Procedere subito al taglio dei bellissimi pini che godevano di ottima salute, non erano caduti in testa a nessuno, avevano tutto lo spazio per crescere belli e rigogliosi (con il rischio, in mancanza delle solite scuse, di suscitare una legittima protesta da parte dei cittadini), oppure cominciare ad asportare un bel po’ di terreno tutto intorno agli alberi (i cui cumuli sono ben visibili) con il conseguente affioramento e lesione delle radici, creando così le condizioni per una instabilità/pericolosità che sarebbe stata poi “certificata” dall’agronomo di turno ovviamente avallata dai rischi per l’incolumità pubblica».
Paolillo richiama poi l’autorità scientifica per spiegare il danno arrecato ai pini di piazza Salvemini: «Il 90% delle radici è generalmente concentrato nei primi 70 cm di suolo e la maggior parte delle radici assorbenti nei primi 15-30 cm» scrive citando Francesco Ferrini, Ordinario di Arboricoltura e Coltivazioni Arboree all’Università di Firenze». Dunque, prosegue, «ancora una volta, via libera alla ormai scontata soluzione finale, e chi s’è visto s’è visto. Tanto, gli alberi non gridano, non possono scappare dalle motoseghe e la resina che sgorga dalle ferite non ha il colore del sangue».
Anche piantando nuovi alberi, spiega l’attivista, la perdita sarebbe incolmabile: «Piantare dieci alberelli al posto anche di un solo albero di cinquanta o sessant’anni, non sarà mai la stessa cosa, da qualsiasi punto di vista, a tal punto che ‘per compensare il valore di un solo albero di 80 anni di vita, bisognerebbe mettere a dimora più di tremila di nuovi alberi che abbiano almeno una circonferenza del tronco di almeno 14 cm» precisa facendo riferimento a un’intervista all’agronomo di fama internazionale Daniele Zanzi.
«Per non parlare della redditizia destinazione finale, magari sotto forma di pellet o cassette per la frutta. Insomma, dopo il danno, la beffa: tanto vale risparmiare i soldi della perizia, visto che ormai, date le recenti esperienze, si sa come va a finire».