“Romanzo criminale”, il luogotenente Lopreiato in aula: “Ecco tutte le mie inchieste contro i clan”
L’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo ha ripercorso le principali attività investigative condotte contro la ‘ndrangheta
E’ stata la volta del luogotenente Nazzareno Lopreiato, già comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia, oggi in aula nel processo “Romanzo criminale” contro il clan Patania di Stefanaconi. Rispondendo alle domande del pm della Dda, Andrea Mancuso, e poi dell’avvocato Pasquale Patanè, difensore dell’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio Sebastiano Cannizzaro, il teste ha ripercorso alcune fra le più importanti inchieste condotte in prima persona nel Vibonese ed in particolare guidando la Stazione dei carabinieri di Vibo, a dimostrazione che nel Vibonese buona parte delle più importanti inchieste antimafia sono state portate a termine, negli anni, dalle Stazioni dei carabinieri.
“Quando arrivai a Vibo – ha spiegato Nazzareno Lopreiato – provenivo da Serra San Bruno dove già mi ero occupato di ‘ndrangheta in prima persona portando a termine le inchieste che hanno assestato un duro colpo al temibile clan dei Vallelunga. A Vibo, invece, per primo ho portato a conclusione un’inchiesta di grosso spessore contro il clan Mancuso, ovvero l’inchiesta Minosse 2 che seguiva la prima parte dell’operazione con la quale già nel 2004 avevo colpito diversi esponenti dei clan di Vibo, Parghelia e Francavilla Angitola. L’operazione Minosse 2, coordinata dalla Dda di Catanzaro, ha poi portato alla condanna di esponenti importanti del clan Mancuso come Pantaleone Mancuso del ’47, detto Vetrinetta. Mi sono poi occupato dei Patania di Stefanaconi e dei Piscopisani, che all’epoca operavano insieme ed erano uniti nel portare a termine un’estorsione ai danni del titolare di un mulino, finiti al centro dell’operazione denominata Zain. Successivamente – ha continuato l’ex comandante della Stazione di Vibo – ho portato a termine l’operazione antimafia contro il clan dei Soriano di Filandari, con il coordinamento della Dda di Catanzaro”.
Quindi i riferimenti all’importante inchiesta contro il clan Tripodi di Portosalvo e Vibo Marina, iniziata proprio dall’allora comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo Valentia, Nazzareno Lopreiato, che per l’attività intercettiva si è servito pure dell’ausilio dell’allora comandante della Stazione dei carabinieri di Sant’Onofrio, Sebastiano Cannizzaro. “ Lui era un maresciallo vecchio stampo – ha ricordato Nazzareno lopreiato riferendosi a Cannizzaro – ed insieme abbiamo iniziato l’attività interccettiva sul clan Tripodi, sempre su delega della Dda di Catanzaro. L’inchiesta è stata da me chiusa con un’informativa riguardante l’intero clan, poi passata ai colleghi del Nucleo Investigativo. Dopo tale fase sono stato delegato nuovamente ad occuparmi del clan Tripodi dal pm della Dda di Catanzaro, Pierpaolo Bruni, riattivando l’attività intercettiva e concludendo il tutto con una nuova informativa di reato”.
Informativa che lambiva anche pezzi importanti della massoneria romana, venuti in contatto con il clan Tripodi, ed il Consiglio regionale del Lazio. La deposizione del luogotenente Nazzareno Lopreiato è servita soprattutto per dimostrare che le Stazioni dei carabinieri nel Vibonese si sono sempre occupate di indagini contro la criminalità organizzata, anche di un certo spessore. “Le inchieste contro la ‘ndrangheta – ha spiegato Lopreiato – le ho sempre fatte alla guida della Stazione, nonostante i pochi uomini a disposizione. Ho chiesto costantemente dei rinforzi e ricordo che in un’occasione dal Nucleo Investigativo mi mandarono altri due carabinieri. I rapporti con i colleghi del Nucleo Investigativo dell’epoca non erano idilliaci, ma neanche cattivi, tutto rientrava nella normalità. Ho appreso solo dai giornali – ha concluso l’ex comandante della Stazione dei carabinieri di Vibo – che l’allora procuratore antimafia di Catanzaro, Vincenzo Lombardo, in sede di audizione dinanzi alla Commissione parlamentare antimafia, avrebbe detto che nel Vibonese faceva più inchieste qualche maresciallo con pochi uomini a disposizione che un intero reparto investigativo”.
Prossima udienza il 6 febbraio.
Gli imputati. Ad essere accusati del reato di associazione mafiosa sono: Giuseppina Iacopetta, ritenuta al vertice della cosca dopo l’uccisione del marito, Fortunato Patania, freddato nel settembre 2011 durante la faida con i Piscopisani; i figli Salvatore, Saverio, Giuseppe, Nazzareno e Bruno Patania; Andrea Patania; Cosimo e Caterina Caglioti; Nicola Figliuzzi; Cristian Loielo; Alessandro Bartalotta; Francesco Lo Preiato; Ilya Krastev. L’ex maresciallo dei carabinieri, già alla guida della Stazione di Sant’Onofrio, Sebastiano Cannizzaro, è invece accusato di falso e concorso esterno in associazione mafiosa. Tale ultimo reato viene contestato pure a don Salvatore Santaguida, parroco di Stefanaconi.