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Processo “Odissea” a Vibo: accompagnamento coattivo per testimoni giustizia ancora assenti

L'ha disposto il Tribunale nel dibattimento al presunto boss di Zungri imputato di usura ed estorsione ai danni dei coniugi Grasso-Franzè assenti ingiustificati dall'aula

Processo “Odissea” a Vibo: accompagnamento coattivo per testimoni giustizia ancora assenti

Non sono stati ritenuti validi i non meglio specificati “impedimenti” che i coniugi Giuseppe Grasso e Francesca Franzè, testimoni di giustizia di Briatico, hanno oggi presentato al Tribunale collegiale di Vibo Valentia, attraverso il proprio avvocato Domenico Talotta, per giustificare la loro assenza dall’aula nella quale erano stati regolarmente chiamati a deporre. Il Tribunale, presieduto dal giudice Vincenza Papagno, ha così disposto per entrambi i testimoni di giustizia l’accompagnamento coattivo in aula con i carabinieri per la prossima udienza fissata per il 16 maggio. Il processo è quello che vede imputato Giuseppe Accorinti, 58 anni, presunto boss di Zungri, per i reati di usura ed estorsione ai danni proprio di Giuseppe Grasso e della moglie Francesca Franzè. Si tratta di un processo-stralcio nato dall’operazione denominata “Odissea”, scattata nel settembre del 2006 con indagini svolte dalla Squadra Mobile di Vibo coordinata dall’allora pm della Dda di Catanzaro, Marisa Manzini. Cadute già dinanzi al Tribunale del Riesame le aggravanti mafiose, gli atti dell’inchiesta sono passati per competenza funzionale e territoriale alla Procura di Vibo Valentia che nel febbraio 2011 ha ottenuto dal gip, Gabriella Lupoli, il rinvio a giudizio di Giuseppe Accorinti.

Il presunto boss di Zungri – difeso dagli avvocati Francesco Sabatino e Giuseppe Bagnato – secondo l’accusa avrebbe in diverse circostanze elargito prestiti ad usura, per un totale di 60mila euro, ai coniugi Grasso-Franzè  applicando un tasso di interesse mensile pari al 10%. Il secondo episodio contestato dalla Procura, risalente ad episodi iniziati nel 2001, vede invece Giuseppe Accorinti rispondere di usura ai danni di Giuseppe Grasso per un prestito complessivo di 100mila euro, con tassi di interesse mensili pari al 10%. L’accusa di estorsione, invece, si riferisce ad una serie di minacce di morte che Peppone Accorinti (in foto) avrebbe rivolto all’imprenditore Giuseppe Grasso in occasione di ogni mancato pagamento dei tassi usurari. Le presunte condotte estorsive coprono un arco temporale compreso fra il 2001 ed il 2005.

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