Jazzolino da sgomberare, 10 domande per Occhiuto e una certezza: l’ospedale da campo certificherebbe il disastro
Creare delle unità mobili sarebbe dispendioso, inutile e poco sicuro. Ecco perché spostare tutto a Tropea è la soluzione migliore. Ma questo non è l'unico problema della sanità vibonese...
Il conto alla rovescia per intercettare 25 milioni di euro del Pnrr per la ristrutturazione dell’ospedale di Vibo è già iniziato. Ma con esso è iniziata anche una battaglia politica che se pur sottotraccia, denuncia l’atavico campanilismo che ha frammentato la provincia rendendola debole ed incapace a stare al passo. Cominciamo a sgomberare subito il campo: il trasferimento momentaneo di modelli gestionali per la ristrutturazione dello Jazzolino non significa chiusura dell’ospedale e una nuova definizione della rete ospedaliera. Il DCA 78/2024 del 26/03/2024 identificano lo Jazzolino come ospedale spoke mentre gli altri ospedali sono ospedali di comunità e presidio ospedaliero di Zona disagiata di Serra San Bruno.
La chiusura momentanea dei reparti di Chirurgia, Ortopedia ed Oculistica, rappresenta l’opportunità ad avere nell’area centro della città una nuova struttura a norma, capace di accogliere le articolazioni funzionali per l’operatività del nuovo ospedale e dei modelli territoriali. Se questo è, allora la riflessione deve rispondere ai seguenti quesiti: come possiamo fare a garantire in questa fase transitoria le prestazioni in sicurezza con il minor disagio all’utenza?; cosa possiamo fare per salvaguardare l’immagine di un territorio con grande potenzialità a vocazione turistica? Sono in campo diverse riflessioni: 1) trasferimento dei modelli gestionali momentaneamente in altri stabilimenti dell’Asp; 2) trasferimento di tali modelli in organizzazioni private già insistenti sul territorio; 3) creazione di un ospedale da campo attiguo a quello dello Jazzolino.
Per dare una risposta a tali quesiti credo sia necessario utilizzare delle tecniche di gestione ospedaliera. Un primo quesito cui rispondere è lo spostamento dei modelli gestionali in un setting senza rianimazione quale rischio comporta; dal PNE 2024, i due modelli chirurgia generale ed ortopedia hanno eseguito 341 interventi; con tecniche di FMEA (Failure Mode and Effect analysis) – FMCA (Failure Mode and effect Criticality Analisys) è possibile identificare un indice di priorità di rischio per la gestione complicanze nel post-operatorio pari a 1.86%. Significa che su una casistica complessiva di 341 sono attese, in un anno, circa 8 complicanze gravi che necessitano di un setting di rianimazione. Da tale riflessione si deduce che il trasferimento in sicurezza necessita l’attivazione di 2 posti letto di subintensiva per la stabilizzazione dei pazienti ed il successivo monitoraggio. In questa prospettiva, allora la soluzione prioritaria è il trasferimento della chirurgia con attivazione di due letti di subintensiva.
Le tre soluzioni in campo, ecco qual è la migliore
Dove deve avvenire il trasferimento? Anche il questo caso la scelta deve essere razionale e logistica: ospedale di Tropea. La scelta è dettata non già da campanilismo ma da tre motivazioni: 1) vicinanza a Vibo per supporto consulenziale multidisciplinare e tecnologico nella gestione dell’emergenza; 2) maggiore utenza e quindi domanda sanitaria durante i mesi estivi; 3) viabilità di connessione al centro spoke ed Hub migliore.
Per quanto attiene invece, il supporto dall’organizzazione privata, questa soluzione è gravida di importanti aspetti amministrativi (sperimentazione pubblico/privato con corredata costituzione societaria) e medico-legali (chi opera?, chi gestisce i pazienti?, chi risponde sul piano civilistico e penale?) che la rendono non praticabile.
L’ultima soluzione, creare l’ospedale da campo rappresenta una soluzione da bocciare prima della proposta: 1) perché dispendiosa, inutile, poco sicura; 2) perché destruente sul piano comunicativo relegando un territorio in quel limbo di immaginario collettivo di terra del “disastro”. Invitiamo i lettori a pensare ad un turista che deve venire in Calabria pensando di trovare un ospedale da campo come a Gaza o la vecchia Kabul. Non già per l‘amaro destino di queste terre, ma in tali contesti gli scenari sono profondamente diversi: completa distruzione con necessità di un punto logistico di intervento rispetto a nulla; di contro per Vibo ci troviamo dinnanzi a un territorio che ha stabilimenti a norma per garantire la prosecuzione delle attività in sicurezza. Già abbiamo pagato l’effetto mediatico nefasto (testata TG1, ecc), nella scelta scelerata di inviare l’esercito al pronto soccorso.
Le dieci domande a Occhiuto
Viene invocato l’intervento del commissario ad Acta Occhiuto; crediamo che sia un erronea visione. Gli spostamenti tecnici di modelli gestionali negli stabilimenti insistenti nell’Asp è prerogativa aziendale e non regionale. Invece è mandatorio, urgente ed inderogabile attivare il dibattito per dipanare in modo analitico ed articolato, con soluzioni operative, altre domande, chiedendo a questo punto un confronto diretto con il commissario ad acta, presidente Occhiuto. Ed allora cosa chiedere:
1) Che destinazione d’uso sarà dato all’immobile dopo l’apertura del nuovo ospedale?;
2) Quali azioni di politica sanitaria perseguirà la triade commissariale per attivare presso la struttura commissariale della Regione Calabria meccanismi perequativi per garantire equità di accesso alle risorse(- 32 milioni di euro al territorio Vibonese nel 2024) ed ai servizi sanitari? ;
3) Quali meccanismi perequativi attuerà la struttura commissariale nella distribuzione del fondo sanitario regionale per compensare la cronica, riduzione della quota pro capite (quota/pro capite socio sanitaria 128 euro vs 470 euro delle altre province) e quindi la carenza di LEA nel territorio e l’iniquità dell’accesso alle cure.
4) Perché il territorio vibonese sconta una minore offerta attuale di Posti letto (1.86 X1000 abitanti vs 2.97 delle altre province) che permane tale anche dopo l’attivazione dei posti letto del Nuovo Ospedale ( 2,39 vs 3,50);
5) Quale sia la strategia della direzione aziendale relativa al PO di Serra San Bruno per il potenziamento della componente lungodegenziale, l’incremento della dotazione dei posti letto di Medicina Generale e incremento dell’offerta territoriale. In particolare quale sarà l’articolazione della struttura territoriale complessa e composita come l’Ospedale Territoriale (Casa di Comunità, Ospedale di Comunità, UCCP/AFT/MCA, Postazione emergenza/urgenza;
6) Quali siano i meccanismi perequativi per una equità di accesso territoriale dopo l’attivazione del Nuovo ospedale; in particolare nel documento di programmazione della rete ospedaliera sono compresi: Tropea acuzie (58 PL) Vibo Valentia acuzie (171 PL) Serra San Bruno acuzie (35 PL), postacuzie (20 PL) (ospedale zona montana) Totale acuzie (264 PL), postacuzie (20 PL); il nuovo ospedale comprenderà 350 PL DEA I livello; il documento di programmazione prevede quindi “un esubero di 66 PL per acuzie e postacuzie; Il nuovo presidio avendo un offerta maggiore dei posti letto programmati sostituisce totalmente l’attuale offerta pubblica dell’area interessata”; quanto sopra riportato significa lo smantellamento degli stabilimenti periferici?
7) Quale sarà la strategia della Direzione aziendale e sanitaria in termini di acquisizione di personale (competenze specialistiche); risorse tecnologiche; qualità delle prestazioni (di rimodulazione dell’offerta); comfort alberghiero; facilità di accesso (es. abbattimento delle liste di attesa). per il recupero della mobilità passiva ( Vibo quota circa 60 milioni di mobilità passiva) soprattutto di contiguità;
8) Quale sarà la strategia aziendale per l’implementazione del DM 77/2022 considerato che sono state attivate le COT ma mancano allo stato attuale l’offerta territoriale (Ospedale di Community RSAM1 , Riabilitazione estensiva) che le COT dovrebbero governare per assicurare la continuità assistenziale del paziente dimesso dall’ospedale per acuti ;
9) Come si posiziona l’offerta sanitaria di Vibo rispetto alle soglie minime di volumi di attività e le soglie di esito prodotte dal PNE, che ha carattere vincolante nell’azione programmatoria regionale;
10) Quale politica di clinical governance la direzione Aziendale e Sanitaria perseguiranno per garantire l’integrazione dei processi sanitari del territorio nei percorsi-diagnostico-terapeutici delle reti di Specialità per la continuità assistenziale in fase preventiva e curativa dei pazienti affetti da patologie cardiovascolari, oncologiche ed osteoarticolari. Attivare un confronto politico e dare risposta e soluzione a queste domande è molto più proficuo, rispetto alla “ guerra dei poveri” per la decisione di spostamento di modelli gestionali; soprattutto rappresenterà un importante osservatorio civico per migliorare l’offerta sanitaria nella nostra comunità.
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