lunedì,Gennaio 13 2025

Quando Oliviero Toscani negò un selfie a uno studente di Vibo: «Non ti conosco, magari sei un mafioso come Messina Denaro»

Il fotografo morto oggi all’età di 82 anni nel 2016 fu denunciato da un liceale del Berto. Dieci anni prima un’altra infuocata polemica per la campagna di marketing territoriale commissionata dalla Regione Calabria: “Malavitosi? Sì, siamo calabresi”

Quando Oliviero Toscani negò un selfie a uno studente di Vibo: «Non ti conosco, magari sei un mafioso come Messina Denaro»

«Un selfie? No, che ne so che non sei un mafioso, perché devo farmi una foto con te? Anche Matteo Messina Denaro non aveva la faccia da mafioso, eppure lo era!». Così uno studente del Liceo Berto si vide rifiutare una foto con Oliviero Toscani nel 2016, quando il grande fotografo venne a Vibo per inaugurare nel museo Limen della Camera di Commercio la sua mostra Razza Umana. Un rifiuto argomentato in maniera spaventosa che gli costò una querela e una condanna a 8 mesi per diffamazione aggravata nel 2022.

Toscani, morto oggi all’età di 82 anni a causa di una grave malattia rivelata lo scorso anno, ha stupito, diviso e spesso indignato non soltanto i benpensanti. «Sono un totale situazionista – diceva – viaggio d’istinto, per me conta solo il presente». Un istinto che forse a Vibo lo tradì. O forse no. Forse anche quel selfie negato con una motivazione oggettivamente (e giuridicamente) censurabile, era assolutamente aderente al suo modo di pensare e provocare.

D’altronde, alcune sue iconiche campagne pubblicitarie restano cristallizzate nell’immaginario collettivo e raccontano un’Italia, forse un mondo, che non c’è più. Difficile immaginare oggi una foto come quella che pubblicizzava i jeans Jesus, con una ragazza in short di spalle e lo slogan “Chi mi ama mi segua”, che di certo non passerebbe le forche caudine del politicamente corretto. Stessa cosa dicasi per le campagne realizzate per Benetton negli anni ’80, foto che in alcuni casi hanno anticipato di 20 o 30 anni temi come la lotta al razzismo e la parità di genere sotto lo slogan “Tutti i colori del mondo”.

Non c’era scatto di Toscani che non facesse discutere. E successe anche in Calabria, quando la Regione nel 2007 gli commissionò per quasi 4 milioni di euro una campagna d’immagine e marketing territoriale con l’obiettivo di promuovere la Calabria fuori dai suoi confini. Il risultato fu più che spiazzante, tanto da far sospettare che il fotografo più famoso d’Italia si fosse preso gioco anche dei suoi committenti: foto di giovanissimi ragazzi e ragazzi sorridenti, dalla faccia pulita, vestiti totalmente di bianco, e per questo visivamente “onesti”, accompagnati da un claim che disorientava: “Malavitosi? Sì, siamo calabresi”. E ancora: “Ultimi della classe?” Sì, siamo calabresi”. E infine: “Terroni? Sì, siamo calabresi”. Insomma, quasi inarrivabile il senso per il grande pubblico, sebbene fosse chiaro l’intento di creare un contrasto insostenibile tra l’immagine di ragazzi perbene e alcuni dei più usurati stereotipi sulla Calabria e i calabresi. Le polemiche furono furiose e la campagna finì nel cassetto dei brutti ricordi, un po’ come è successo più recentemente, nel 2020, per il famigerato corto di Muccino, seppellito e dimenticato sotto un mare di polemiche.

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