Operazione Business Cars: usura nel Vibonese, due condanne in appello
Il blitz della Guardia di finanza e dei carabinieri, coordinati dalla Procura di Vibo, risale al 10 novembre del 2011. Cinque le parti civili
Sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro (presidente Loredana De Franco, a latere i giudici Grillone e Mastroianni) per il processo nato dall’inchiesta denominata “Business Cars” coordinata dalla Procura di Vibo Valentia. In riforma della sentenza del Tribunale di Vibo, i giudici di secondo grado hanno dichiarato estinto per prescrizione un capo di imputazione (reato di estorsione) contestato a Giovanni Battista Tassone, 69 anni, di Soriano, che passa così dalla pena di 7 anni di reclusione rimediata in primo grado a quella odierna pari a 5 anni e 9 mesi di carcere, più 11.500,00 euro di multa. Confermata invece la condanna a 3 anni di reclusione per Nazzareno Pugliese, 75 anni, di San Costatino Calabro. Tassone è stato difeso dall’avvocato Francesco Calabrese, Pugliese dagli avvocati Giuseppe Di Renzo e Giuseppe Bagnato per Pugliese. Gli imputati sono stati condannati in solido alla rifusione delle spese di lite sostenute dalle costituite parti civili Giuseppe Iennarella e Laura Mamone (assistiti dall’avvocato Giovanna Fronte), ed il solo Tassone anche alla rifusione delle spese di lite sostenute dalle parti civili Rocco Mannella e Loredana Calabretta.
L’operazione e le accuse
Il nome dato all’operazione (Business Cars), portata avanti grazie al lavoro investigativo della Guardia di Finanza e dei carabinieri, trae spunto dal fatto che un imprenditore, Giuseppe Iennarella (parte civile nel processo), titolare di un autosalone a Serra San Bruno, sarebbe stato costretto a pagare i debiti – quando non era in grado di farlo in contanti – attraverso la cessione auto di lusso che i presunti usurai, dopo averle utilizzate per un periodo, avrebbero rivenduto a commercianti compiacenti.
L’operazione è scattata il 10 novembre del 2011 e le contestazioni coprono un arco temporale che va dal 2005 al 2010. Nazzareno Pugliese e Giovanni Battista Tassone avrebbero invece – secondo l’accusa – concesso all’imprenditore usurato, in più soluzioni, fra il maggio 2008 e il febbraio 2010, un prestito complessivo di 127mila e 500 euro, pretendendo ed ottenendo, a titolo di interessi, 113mila e 600 euro in contanti, due autovetture del valore 44mila euro e, per il rientro definitivo, l’ulteriore corresponsione di 400mila euro ottenuta, ad avviso degli inquirenti, mediante esplicite minacce. Tra i beni posti a garanzia del prestito usuraio figurava anche la cessione di un immobile nel Mantovano del valore di circa un milione e 600mila euro.
Rocco Mannella (titolare di un autosalone a Serra San Bruno sin dal 1990 con chiusura dell’attività nel 2008) e Loredana Calabretta sarebbero invece rimasti vittime di presunte condotte usuraie poste in essere da Giovanni Battista Tassone, con tassi di interesse sino al 240% su base annua. Parte civile nel processo anche il Forum delle Associazioni Antiusura con gli avvocati Palermo e Rubini.
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