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«Inammissibile la stretta sui farmaci salvavita a Vibo»: Sinistra italiana chiede che i fondi non vengano ripartiti solo in base a parametri demografici

Sotto accusa un sistema «iniquo» che non tiene conto dei dati epidemiologi e delle malattie croniche: «In 20 anni sottratti 2 miliardi alla sanità Calabrese»

«Inammissibile la stretta sui farmaci salvavita a Vibo»: Sinistra italiana chiede che i fondi non vengano ripartiti solo in base a parametri demografici

Il coordinamento provinciale di Sinistra italiana, attraverso un comunicato stampa firmato da Fortunato Petrolo e Giacinto Nanci, denuncia la grave carenza di fondi nella sanità calabrese, tornando sulla mancanza di dispositivi per diabetici nell’Asp di Vibo Valentia. Un problema che trova origine «in un sistema di finanziamento regionale basato sulla demografia anziché sull’epidemiologia, penalizzando la Calabria che ha un’alta incidenza di malattie croniche». Una situazione ulteriormente aggravata dalla bassa percentuale di posti letto e dal pessimo posizionamento delle Asp calabresi nelle graduatorie nazionali. «La terna commissariale dell’Asp di Vibo Valentia ha comunicato appena il 29 novembre che non garantisce i dispositivi salvavita per il controllo del diabete e “invita” i medici a prescrivere l’indispensabile. Una scelta che mette in difficoltà moltissimi calabresi che rinunceranno a curarsi, ed evidenzia un dato: le Asp pensano solo a tutelare i bilanci e mettono in grave pericolo la vita dei malati di diabete. Non si può far passare il principio che le cure sanitarie siano una gentile concessione, ma è necessario affermare che è un diritto sancito dalla Carta costituzionale».

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«Crediamo – hanno sottolineato – che questa scelta non sarà la sola perché la Calabria ha una maggiore prevalenza, rispetto ad altre regioni, di patologie croniche a maggiore diffusione: ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica, bronchite cronica ostruttiva, osteoartrosi, reflusso gastroesofageo, eccetera. Nonostante ciò, la sanità calabrese ha la più bassa percentuale di posti letto per 100mila abitanti (pari a 315,9 posti letto), contro la media nazionale di 390 posti letto per 100mila abitanti. Questa maggiore prevalenza è stata certificata con Decreto n. 103 del 30 settembre 2015 firmato dall’allora commissario al Piano di rientro sanitario calabrese che, successivamente, come previsto dalla Legge, è stato vidimato prima dal ministero dell’Economia e poi dal ministero della Salute. Lo stesso Decreto è fornito di specifiche tabelle, dove si può calcolare in 287mila i malati cronici in più presenti in Calabria, rispetto allo stesso campione di un’altra regione».

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Sinistra italiana pone degli interrogativi ai commissari e al presidente della Regione, Roberto Occhiuto: «Come mai l’Asp di Vibo non ha i soldi per garantire le cure ai diabetici ricadenti nel proprio territorio? La risposta – che provano loro stessi a fornire – è perché la Calabria ha una maggiore presenza di malattie croniche rispetto al resto d’Italia, o perché la Regione Calabria da più di 20 anni riceve meno fondi rispetto ad altre Regioni per la sua sanità. È un paradosso: dove ci sono più malati sono arrivati meno fondi perché è rimasta inapplicata la Legge n. 662 del 1996, che prevedeva il riparto dei fondi anche in base all’epidemiologia. Mentre è stato sempre attuato il riparto dei fondi, basato solo sulla demografia, che ha penalizzato la Calabria e in genere il Sud. Prova di ciò – hanno sottolineato – è il fatto che nel 2016, per come dichiarato dall’allora presidente della Conferenza Stato-Regioni (che ripartisce i fondi sanitari alle regioni), Stefano Bonaccini, è stata fatta una “parzialissima” modifica dei criteri di riparto basandola anche sul concetto della “deprivazione”, cioè sui reali bisogni delle popolazioni».

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Con questa «”parzialissima” modifica, la Calabria ha avuto nel 2017 ben 29 milioni di euro in più del 2016 e tutto il Sud ben 418 milioni in più. Considerando che la modifica era “parzialissima”, si può stimare che se fosse stata completa, quei 29 milioni si sarebbero moltiplicati almeno per quattro e, considerando che la ripartizione scorretta verso la Calabria dura da più di 20 anni, è facile calcolare che ai malati calabresi sono stati sottratti più di due miliardi di euro. Ed è per questo – incalzano – che non abbiamo avuto i fondi per attivare i Centri di eccellenza per cui, ogni anno, sono più di 200 milioni di euro che i calabresi spendono per le cure fuori regione, ripianando così i bilanci delle Regioni del Nord. Quindi la Calabria con più malati cronici ha avuto fondi sanitari insufficienti per cui, a causa del disavanzo, ci è stato imposto nel dicembre 2009 il Piano di rientro sanitario e, nel 2011 il commissariamento».

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«Piano di rientro imposto – insistono -, sotto la sorveglianza del ministero dell’Economia, con ulteriori risparmi sulla spesa per la salute dei calabresi, ed è per questo che nonostante 15 anni di Piano di rientro, 13 di commissariamento, 5 di commissariamento di tutte le Asp calabresi e dei suoi tre maggiori ospedali, abbiamo un punteggio nei Lea  (Livelli essenziali di assistenza) rispettivamente per l’area della Prevenzione e della Medicina territoriale di 36 e 38 punti (la sufficienza è un punteggio di 60 punti l’ottimale e di 100 punti) e arriviamo appena alla sufficienza, 64 punti, per i Lea ospedalieri. Ad aggravare la situazione dei malati calabresi e la loro prospettiva futura è che, proprio mentre i commissari della Asp di Vibo Valentia comunicavano quanto sopra, l’Agens comunicava una condizione desolante della sanità calabrese e, in particolare, ha reso noto che le Asp di Crotone e di Vibo sono in graduatoria nelle ultime cinque posizioni sulle 112 Asp validate».

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«Sinistra Italiana invita presidente Occhiuto a chiedere, in sede di Conferenza delle Regioni, che la ripartizione dei fondi venga fatta in base all’epidemiologia e non in base alla demografia. Inoltre, sollecitiamo il presidente a chiedere al governo centrale la chiusura dell’ingiusto Piano di rientro. In questo lungo periodo – concludono – si sono registrati solo sprechi e disservizi a danno dei cittadini calabresi, limitando in maniera preoccupante il diritto alla salute».

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