Il primo omicidio fascista di un parlamentare non fu quello di Matteotti ma avvenne nel Vibonese: la storia (dimenticata) di Domenico Piccoli
Nel notte tra il 14 e il 15 marzo del 1921 i ferrovieri ritrovano il corpo maciullato dell'onorevole del Partito Socialista
È all’inizio della galleria Mondella, tra Pizzo e Porto Santa Venere, che il macchinista del treno diretto a Reggio Calabria, si vede costretto a fermare il locomotore per un allarme emergenza attivato non si sa da chi. Dopo una veloce ispezione delle carrozze, scesi sui binari, i ferrovieri ritrovano il corpo esanime e maciullato dell’onorevole Domenico Piccoli. Siamo nel marzo 1921, tre anni prima del delitto Matteotti.
Solo qualche mese prima, nel gennaio di quell’anno qualche gruppetto fascista calabrese aveva lanciato un avvertimento: ogni socialista che scenderà in Calabria lo farà a rischio di vita.
È per questo che alcuni storici lo ritengono il primo vero “omicidio di Stato del fascismo”. L’inchiesta governativa chiuderà la sua indagine sul tragico evento: nella notta tra il 14 e il 15 marzo 1921 l’onorevole cadde dal treno – si disse – perché sbagliò porta: aprì quella della carrozza invece di quella della vicina ritirata, come si chiamava in quel tempo il bagno dei treni.
Eppure l’esperto ingegnere vicentino fu un perfetto viaggiatore, viaggiò per anni tra l’Europa, l’Australia e l’America, come poteva scambiare la porta di uscita della sua carrozza con quella del bagno? In realtà è facile supporre che il deputato socialista vicentino fu buttato giù dal treno, magari da persone salite proprio alla fermata di Pizzo, che precede la galleria, sorprendendo l’onorevole ed inscenando un incidente.
Ma Proviamo a contestualizzare l’evento: per prima cosa siamo ad un mese e mezzo dalla scissione del Pci a Livorno, e quel periodo è incendiato dalla violenza fascista in tutta Italia. A Vicenza come a Cosenza o Messina.
In secondo luogo, il metodo: buttar giù da un treno i personaggi indesiderati era una modalità in uso a quei tempi. Perse in tal modo la vita il generale Andrea Graziani (1931) sul treno Prato – Firenze, che utilizzava frequentemente ed anche in quel caso l’inchiesta venne frettolosamente chiusa derubricando la morte come un incidente (eppure il corpo fu trovato nella scarpata opposta alla direzione di marcia!).
A queste circostanze aggiungiamo i forti dubbi dei colleghi di Piccoli e dei suoi amici in Parlamento, primo fra tutti Filippo Turati, il quale denunciando le intimidazioni ai deputati socialisti da parte dei fascisti, in particolare a quelli diretti in Calabria, ironicamente disse nel ricordo ufficiale a Montecitorio: «Data la caccia fatta a tutti i deputati socialisti, dico se non sarebbe il caso, per tediare meno la Camera, di fare una commemorazione generale preventiva».
Ma chi era Domenico Piccoli?
Vissuto tra il 1854 e il 1921, nasce in una facoltosa famiglia di orientamento liberal progressista, divenne un socialista convinto negli anni Novanta. Imprenditore, ingegnere, direttore di fabbriche e società; visse in Campania, nel Veneto, a Perugia, a Milano, in Calabria. Si recò due volte in Australia per fondare attività. Era un uomo attento alle novità (scrisse il primo manuale in Italia sull’uso del telefono, pubblicato con Hoepli nel 1882).
Consigliere comunale a Vicenza all’opposizione quando sindaci erano di destra, moderati o intransigenti, Domenico Piccoli fu il portabandiera degli aiuti vicentini nei giorni del terremoto del 1908 a Messina. Per questa dedizione civica diventò anche consigliere comunale della città dello Stretto. Venne eletto deputato nel 1919.
Laureato in matematica prima e in ingegneria poi al Politecnico di Milano, fu dirigente in molte aziende, prima in Campania poi a Venezia; ma visitò anche la Londra industriale di fine Ottocento, il Belgio, Chicago nel 1894 dove assistette al grande sciopero da cui nacquero i sindacati dei lavoratori americani. Amico di Alessandro Rossi, riuscì anche a diventare direttore di scuole professionali quando fu confinato a Cosenza.
Insomma, era una personalità poliedrica che esprimeva le sue idee con convinzione e vigore, e per queste doti divenne ben presto un punto riferimento nel gruppo parlamentare socialista alla Camera.
Proprio per queste sue convinzioni e la efficace capacità di impegnarsi dal nord al sud del paese ed all’estero per riorganizzare scuole, aziende e la presenza socialista nei territori, finì nel mirino dei fascisti che lo uccisero nel modo più subdolo ed impunito dell’ epoca, buttandolo fuori dal treno, poco dopo la fermata alla Stazione di Pizzo, nella notta tra il 14 e il 15 marzo 1921, dopo solo tre anni di attività parlamentare.
È dunque un uomo che meriterebbe di essere riscoperto e ricordato come un martire dell’antifascismo anche in Calabria, anche a Pizzo, luogo del suo orrendo omicidio, nel suo ultimo viaggio da parlamentare socialista.
*Storico