‘Ndrangheta: non favorirono la latitanza del boss Crea a Ricadi, 7 assoluzioni tra cui quella di Luigi Mancuso
Sentenza in abbreviato del gup di Reggio Calabria. Per il boss di Limbadi prevalgono le tesi difensive degli avvocati Paride Scinica e Francesco Calabrese. Quattro i vibonesi imputati
Assoluzione perché il fatto non sussiste. Questa la sentenza emessa dal gup del Tribunale di Reggio Calabria, Angela Mennella, nel processo con rito abbreviato nei confronti di sette imputati accusati di aver favorito la latitanza di Domenico Crea, 42 anni, di Rizziconi, catturato dalla Polizia di Stato a Santa Domenica di Ricadi il 2 agosto del 2019, dopo oltre quattro anni di latitanza. Al momento della cattura, Crea si trovava con la moglie e le figlie ed era ritenuto il reggente del sodalizio di Rizziconi in ragione dello stato di detenzione del padre Teodoro e del fratello Giuseppe, quest’ultimo arrestato dopo oltre un decennio di irreperibilità, era ricercato per diversi provvedimenti restrittivi tra i quali figurava una condanna ad oltre 21 anni di reclusione per associazione mafiosa ed estorsione. Assoluzione quindi per: Luigi Mancuso, 70 anni, di Limbadi; Pantaleone Di Mundo, 44 anni, di Limbadi; Pasquale Gallone, 64 anni, di Nicotera Marina; Salvatore Gallone, 57 anni, di Caroni; Antonio Monterosso, 44 anni, di Reggio Calabria; Michele Rottura, 64 anni, di Rizziconi; Antonino Rottura, 63 anni, di Rizziconi. Dovevano rispondere tutti del reato di favoreggiamento personale aggravato dalle finalità mafiose e Pasquale Gallone anche del reato di procurata inosservanza di pena, mentre ad Antonino Rottura veniva contestato pure il reato di associazione mafiosa (cosca Crea di Rizziconi).
L’operazione, che mirava a fare luce sulla rete di protezione nei confronti del latitante Domenico Crea, era scattata nell’agosto dello scorso anno con il coordinamento della Dda di Reggio Calabria. Secondo l’accusa, la latitanza dell’esponente dell’omonimo clan di Rizziconi sarebbe stata protetta da una articolata rete di fidati sodali, tra i quali Domenico Pillari ( che si sarebbe avvalso della fattiva collaborazione del figlio Giovanni) e Rocco Versace (sotto processo con rito ordinario), che al contempo si sarebbero occupati di garantire l’operatività del sodalizio attraverso la veicolazione di messaggi verso esponenti di altre articolazioni criminali.
Luigi Mancuso e Pasquale Gallone
In ordine alla circostanza che Domenico Crea abbia trascorso gran parte della sua latitanza in provincia di Vibo Valentia, e più precisamente a Santa Domenica di Ricadi, le indagini ipotizzavano il coinvolgimento di Luigi Mancuso e di Pasquale Gallone, quest’ultimo indicato quale braccio-destro del boss di Limbadi. Gli interventi in aula dinanzi al giudice degli avvocati Paride Scinica e Francesco Calabrese hanno tuttavia portato minato alla radice l’impianto accusatorio portando all’assoluzione con formula piena per Luigi Mancuso, attualmente detenuto in quanto condannato in primo grado a 30 anni nel processo Rinascita Scott. Pasquale Gallone era invece difeso dall’avvocato Giorgio Vianello Accorretti e si trova detenuto per Rinascita Scott (troncone con rito abbreviato dove è stato condannato a 20 anni). Pantaleone Di Mundo era difeso dall’avvocato Pietro Antonio Corsaro.
Domenico Crea sarebbe stato ospitato – secondo gli investigatori – in una località non ancora individuata ma comunque sita tra i comuni di Nicotera e di Limbadi, venendo rifornito di generi alimentari e di conforto. Attraverso comunicazioni riservate e incontri che si sarebbero svolti – secondo l’originaria ipotesi accusatoria – presso la proprietà dei fratelli Antonino e Michele Rottura di Rizziconi, sarebbero stati organizzati almeno undici incontri con Domenico Crea, con altrettante “trasferte” a Nicotera e Limbadi. Il boss di Rizziconi – secondo la Dda di Reggio Calabria – avrebbe ricevuto “imbasciate” da parte di Luigi Mancuso il quale “nella sua veste mafiosa non solo aveva autorizzato la presenza del latitante in quel territorio e messo a sua disposizione un sito sconosciuto ove trascorrere la latitanza, ma anche trasmesso e ricevuto messaggi per il latitante veicolandoli attraverso Domenico Pillari”. Il pm aveva chiesto per Mancuso e Pasquale Gallone la condanna a 7 anni.
Gli spostamenti di Domenico Pillari sarebbero stati organizzati e mediati nella quasi totalità delle occasioni da Pantaleone Dimundo (ma l’accusa non ha retto e l’imputato è stato assolto), il quale era accusato di essersi impegnato, unitamente a Michele Rottura, nello svolgimento di lavori di trivellazione presso la proprietà di Pasquale Gallone veicolando le richieste di incontro dei rizziconesi agli altri favoreggiatori ossia i fratelli Gallone (Pasquale e Salvatore) che avevano un rapporto privilegiato con Luigi Mancuso.
Antonino Monterosso, 44 anni, nativo di Taurianova, ma residente a Reggio Calabria, era invece accusato di aver messo a disposizione del latitante l’immobile sito a Santa Domenica di Ricadi, luogo in cui Domenico Crea è stato tratto in arresto dalla polizia in data 2 agosto 2019. Per lui il pm, Alessia Giorgianni, aveva chiesto la condanna a 6 anni e 8 mesi ma è prevalsa la linea difensiva prospettata in aula dall’avvocato Guido Contestabile che ha portato all’assoluzione. Salvatore Gallone era invece difeso dall’avvocato Salvatore Campisi, mentre Michele Rottura e Antonino Rottura erano assistiti dall’avvocato Pasquale Loiacono.
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