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Processo per l’alluvione di Vibo del 2006, la Corte d’Appello conferma le assoluzioni: nessun colpevole

L’avvocato di parte civile, Giuseppe Pasquino, aveva impugnato - ai soli effetti civili - la sentenza di primo grado per il reato di disastro colposo. L’omicidio colposo era invece caduto in prescrizione nel 2016

Processo per l’alluvione di Vibo del 2006, la Corte d’Appello conferma le assoluzioni: nessun colpevole
Un'immagine dall'alto dell'alluvione del 3 luglio 2006

Nessun colpevole per il disastro dell’alluvione che il 3 luglio 2006 ha sconvolto Vibo e le Marinate provocando tre morti e danni per milioni di euro. La Corte d’Appello di Catanzaro, presieduta dal giudice Loredana De Franco, ha infatti confermato la sentenza emessa dal Tribunale collegiale di Vibo Valentia il 30 giugno 2020. A ordinare la citazione in giudizio degli imputati, assolti in primo grado, era stata la prima sezione penale della Corte d’Appello dinanzi alla quale il 23 ottobre scorso si era registrata la richiesta della Procura generale di confermare la sentenza assolutoria di primo grado. Al processo di secondo grado si era quindi giunti poiché il legale di parte civile, l’avvocato Giuseppe Pasquino, aveva proposto appello (ai soli effetti civili) avverso le assoluzioni per il reato di disastro colposo. In particolare, l’avvocato Giuseppe Pasquino rappresentava nel processo i genitori e i fratelli del piccolo Salvatore Gaglioti – deceduto nel corso dell’alluvione – e i familiari dello zio Ulisse Gaglioti (anche lui deceduto). Tali parti civili (che ora sono stati condannati dalla Corte al pagamento delle spese processuali) avevano quindi proposto appello in sede penale (ma ai solo effetti civili, non avendo la Procura di Vibo appellato le assoluzioni incassate dagli imputati in primo grado) nei confronti dei seguenti imputati: Domenico Corigliano, ex comandante della Polizia Municipale di Vibo (avvocati Antonio Pagliaro ed Elvira Domanico); Giacomo Consoli, ex dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Vibo (avvocato Antonello Fuscà); Pietro La Rosa, responsabile della sorveglianza idraulica dei bacini idrografici nella provincia di Vibo (avvocato Giosuè Megna); Raffaella, Alessandra, Maria Antonietta e Fabrizio Marzano, proprietari di alcuni immobili in contrada Sughero, difesi dall’avvocato Tony Crudo.  Nel processo d’appello figurano quali imputati anche: Ugo Bellantoni, 88 anni, di Vibo Valentia (già alla guida dell’Ufficio tecnico del Comune di Vibo); Silvana De Carolis, 73 anni, di Vibo Valentia (ex dirigente del Comune di Vibo).

L’appello per chiedere la responsabilità degli imputati (ai soli effetti civili per l’obbligo risarcitorio poiché all’accusa privata – cioè alle parti civili – è precluso l’appello per gli effetti penali che spetta invece alla Procura) si era registrato per il solo reato di disastro colposo in quanto occorre ricordare che il 25 ottobre 2016 il Tribunale di Vibo aveva dichiarato la prescrizione (atteso che nessuno degli imputati aveva inteso rinunciarvi per avere un’eventuale assoluzione nel merito) per i reati di omicidio colposo e omissione d’atti d’ufficio. Gli imputati dovevano tutti rispondere di aver cagionato con condotte colpose, ognuno per i rispettivi ruoli, la morte del piccolo Salvatore Gaglioti (di soli 16 mesi) e dello zio Ulisse Gaglioti sommersi, unitamente a Nicola De Pascale (altra vittima dell’alluvione), da una colata di fango e detriti sulla Statale 18 nei pressi della non lontana contrada Sughero.

Le altre parti civili e i responsabili civili

Tre gli enti chiamati a rispondere quali responsabili civili: la Regione Calabria, assistita dall’avvocato Antonio Montagnese, il Comune di Vibo, difeso dall’avvocato Nicola Lo Torto, la Provincia di Vibo, difesa dall’avvocato Francesco Maione. Tali difensori, nel corso della precedente udienza odierna, si erano associati alla richiesta della Procura generale di Catanzaro per la confermare della sentenza assolutoria di primo grado decisa dal Tribunale di Vibo. Tra le parti civili, invece, oltre ai familiari delle vittime, figuravano anche Legambiente Calabria rappresentata dall’avvocato Rodolfo Ambrosio e i privati Anna Maria Betrò, Annalisa, Francesca e Giuseppe De Pascale, tutti assistiti dall’avvocato Giovanni Vecchio.

L’avvocato Pasquino nel corso del suo intervento in aula aveva provato a spiegare ai giudici della Corte d’Appello di Catanzaro i motivi per i quali – a suo avviso – esistevano dei profili di responsabilità in capo agli imputati di cui aveva chiesto di dichiarare la condanna al risarcimento dei danni. In particolare, il legale aveva ricordato che gli imputati erano stati tutti assolti in primo grado, con la formula “perché il fatto non sussiste”, sulla base dell’eccezionalità dell’evento alluvionale e della mancanza di un nesso causale tra le condotte addebitate e l’evento medesimo. L’intervento in aula del legale di parte civile aveva puntato a provare invece tale nesso causale partendo “dall’errata valutazione delle emergenze processuali, in particolare dei testi D’Amico, Nigro, Naso, Versace, Virdò e dei testi che avevano riferito del rinvenimento del veicolo e dei corpi delle vittime, nonché delle perizie in atti, completamente disattese”. La Corte d’Appello ha però deciso di confermare il verdetto assolutorio già sancito dal Tribunale di Vibo.

Nel collegio di difesa figurano gli avvocati: Giuseppe Di Renzo, Francesco Adamo, Giovanni Marafioti, Antonio Fuscà, Domenico Giosuè Megna, Antonio Crudo, Luigi Li Gotti, Giuseppe Altieri.

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