sabato,Ottobre 5 2024

Vibo, il nuovo centro studi giuridici presieduto da Saccomanno debutta con un’analisi del caso Open Arms in difesa di Salvini

Primo incontro pubblico di “Giustizia&Giusta”. Sul processo che coinvolge il ministro leghista arriva a puntare il dito contro il capitano della nave: «Se riteneva che ci fosse un’emergenza a bordo doveva entrare in porto forzando il blocco»

Vibo, il nuovo centro studi giuridici presieduto da Saccomanno debutta con un’analisi del caso Open Arms in difesa di Salvini
Il tavolo dei relatori

È stato il processo Open Arms a dare la stura al primo confronto promosso dal neonato Centro studi giuridici “Giustizia&Giusta” che ha mosso i primi passi ieri a Vibo Valentia. Dopo i saluti del presidente del Consiglio dell’Ordine di Vibo Valentia, Francesco De Luca, è intervenuto il presidente Giacomo Francesco Saccomanno, che ha ribadito la necessità di riequilibrare i rapporti tra il potere esecutivo e la magistratura, «in quanto – si legge in una nota – negli ultimi decenni vi è stato un forte condizionamento ed utilizzo del processo per danneggiare questo o quell’altro “politico”». «Un uso, a volte spropositato, in evidente violazione della Costituzione e che, però, sta portando l’Italia ad una deriva giudiziaria – ha continuato Saccomanno -. Il Centro si assume l’onere di processare i “processi non giusti” e di informare correttamente i cittadini e, se possibile, assumere anche posizioni forti e penetranti». A seguire è intervenuto il professore Luciano Maria Delfino, che ha, preliminarmente, evidenziato la mancanza di un dialogo tra i poteri dello Stato, l’indebolimento della Carta costituzionale, «con la inderogabile necessità che vi sia un’operazione di riequilibrio del sistema che possa garantire al potere legislativo ed al potere esecutivo di non essere sempre sotto scacco dell’ordine giudiziario». In quest’ottica – è stato detto – «è necessario procedere ad affrontare e definire l’aspetto della responsabilità civile dei magistrati, di separare le carriere tra giudici e magistrati dell’accusa, ma soprattutto di sottrarre il controllo disciplinare a coloro che ne devono essere oggetto, ciò consentirebbe di giungere a un rasserenamento del panorama e consentirebbe di ripristinare un quadro di giusto equilibrio tra i poteri». In riferimento al processo Open Arms, Delfino ha evidenziato che si è trattato «di una legittima difesa degli interessi dello Stato, senza alcuna privazione della libertà, in quanto la nave avrebbe potuto spostarsi in qualsiasi altro porto messo a disposizione dalle altre Nazioni, come la Spagna». Secondo l’avvocato Giovanni Marafioti, poi, «del caso non doveva occuparsi la magistratura italiana, ma gli organismi sovranazionali (Cedu, Corte Europea di Giustizia, ecc.), atteso che si assumono violati principi che nascono da convenzioni internazionali, violazioni che sarebbero state consumate non da un privato cittadino, ma da un ministro che agisce a tutela di un bene tutelato da una legge dello Stato». Sempre secondo Mirafioti, «spettava esclusivamente al comandante della nave entrare senza indugio nelle acque territoriali italiane e fare sbarcare i migranti. Tale condotta emergenziale sarebbe stata assistita dalla esimente dell’art 51 c.p. che non punisce chi commette il fatto nell’adempimento di un dovere, che era in testa allo stesso -gravato da una posizione di garanzia-, e cioè quello di prestare il necessario soccorso. Per come ammesso dall’allora ministro Toninelli, la sicurezza della navigazione sino all’attracco era di sua competenza, mentre il ministro Salvini si occupava dello sbarco». Infine, l’avvocato Vincenzo Barca ha contribuito al dibattito riferendosi e richiamando i principi fondamentali della Costituzione Italiana avendo riguardo di puntualizzare «le discrasie procedurali della pubblica accusa nel processo Open Arms per i reati contestati a Matteo Salvini nell’esercizio delle sue funzioni di Ministro, anche rispetto a casi analoghi, dove è stato violato l’art.112 della nostra Carta Costituzionale, specificando che la “giustizia giusta”, è quella giustizia che, tempestivamente, sulla base del principio del giusto processo risponde con assoluta certezza nello stesso modo a casi identici».

Le conclusioni sono state affidate al presidente Saccomanno, il quale ha ribadito che «il Centro Studi andrà avanti, anche affrontando altre situazioni critiche come il processo di Genova, dove il presidente della Regione, Giovanni Toti, è stato costretto a dimettersi per poter ottenere la libertà, e cercherà di portate la vicenda dell’Open Arms dinnanzi alla Corte costituzionale».

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