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Segreti dalla Preistoria, dopo 100 anni si torna a scavare nella necropoli di Torre Galli nel sito di Drapia portato alla luce da Paolo Orsi – VIDEO

Archeologi dell’Università Federico II di Napoli hanno riportato alla luce trenta nuove tombe. Scoperte armi che potrebbero riscrivere quanto già si sa sulle modalità di combattimento nell'Età del Ferro. Parla il professore Paccianelli che guida gli scavi

Segreti dalla Preistoria, dopo 100 anni si torna a scavare nella necropoli di Torre Galli nel sito di Drapia portato alla luce da Paolo Orsi – VIDEO
Gli scavi archeologici a Torre Galli

di Saverio Caracciolo

Dopo cento anni si torna a scavare a Torre Galli: alla ricerca di tracce dal passato, per capire come si viveva e soprattutto quali erano le tecniche di sepoltura qualche millennio fa. Siamo a Monte Poro, nel territorio di Caria, frazione di Drapia. Qui, tra il 1922 e il 1923 il celebre archeologo Paolo Orsi portò alla luce una necropoli risalente all’Età del Ferro. Oltre trecento sepolture, la maggior parte databili tra la fine del X e il IX secolo a.C. e le altre nel VI a.C.. Altri scavi erano stati effettuati sul finire degli anni Settanta dalla Soprintendenza e ora, a partire dal mese di settembre, una nuova campagna è stata avviata dall’Università Federico II di Napoli.

Non è in realtà la prima volta che il professore Marco Pacciarelli – docente di Preistoria e Protostoria all’ateneo partenopeo – e il suo team sono a lavoro a Torre Galli. Già una decina di anni fa erano stati qua e ora puntano a cavare ancora più segreti dall’antica necropoli.

E in effetti la squadra di archeologi napoletani, sotto la direzione scientifica di Pacciarelli e di Francesco Quondam, ha già riportato alla luce oltre 30 nuove sepolture. «Questo nuovo ciclo di scavi ha l’obiettivo di ricollegarsi alle ricerche di Paolo Orsi e di andare oltre vagliando nuovi aspetti che cento anni fa non potevano emergere adeguatamente. Oggi noi grazie alle moderne tecnologie possiamo fare passi avanti, per esempio sull’individuazione del tipo di sepoltura: abbiamo trovato tracce di legno, quindi pensiamo usassero delle casse e che i corpi non venissero adagiati nella nuda terra», spiega Pacciarelli ai microfoni di LaC.  

Ma c’è di più: «In questa necropoli è documentato per la prima volta in modo assolutamente chiaro il cambiamento nel modo di combattere di questi uomini». Dagli ultimi ritrovamenti, infatti, spiega il prof Pacciarelli, emerge che «già nel IX secolo a.C. combattevano con le fanterie armate di lancia. Si tratta di spade molto corte, molto leggere, che non avevano un grande impatto bellico», dice mostrandole.

Reperti di grande importanza, quelli ritrovati nelle circa 30 tombe tornate alla luce nelle scorse settimane, e che saranno conservati in un primo momento nel Museo archeologico nazionale di Vibo Valentia dove verosimilmente sarà avviato anche il restauro: «Sono materiali che hanno uno stato di conservazione spesso non ottimale, per cui necessitano subito di un intervento di restauro. Alcuni sono molto fragili e sono stati prelevati direttamente con la terra».

L’attenzione degli studiosi napoletani resta dunque alta sul sito archeologico di Torre Galli che nell’arco dei decenni non ha smesso di regalare perle: «Questa necropoli ha un valore enorme, ci parla delle civiltà che si sono stanziate nell’Italia meridionale prima dei greci, e ci offre anche un panorama più ampio sulle trasformazioni nelle comunità indigene di tutta la penisola italiana». Gli scavi sono stati condotti in costante sinergia con la Soprintendenza Abap di Reggio Calabria e Vibo Valentia, guidata da Maria Mallemace, per il tramite del funzionario di zona Michele Mazza.

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