domenica,Settembre 29 2024

Da Pizzoni a Berna, la vibonese che in Svizzera indaga sui meccanismi molecolari del cancro al seno: «Abbiamo scoperto la chiave genetica»

Paola Francica fa parte del gruppo di ricerca che indaga sui meccanismi delle metastasi e cerca di capire perché alcuni tumori sono resistenti alle terapie oncologiche: «Sogno di fare la differenza, ecco cosa abbiamo trovato»

Da Pizzoni a Berna, la vibonese che in Svizzera indaga sui meccanismi molecolari del cancro al seno: «Abbiamo scoperto la chiave genetica»
La dottoressa Francica, la dottoranda Lea Lingg e il professor Sven Rottenberg

La ricerca «e i suoi passi da gigante», il ruolo della prevenzione capace di incidere sulle chance di sopravvivenza, le terapie sempre più mirate e calibrate ai singoli pazienti. La lotta ai tumori contiene una varietà considerevole di sfumature. Ne abbiamo parlato con la dottoressa Paola Francica, originaria di Pizzoni, piccolo centro nel Vibonese, attualmente senior postdoc in Svizzera, nel gruppo di ricerca “Cancer Therapy Escape” guidato dal professor Sven Rottenberg all’Università di Berna.

L’importanza della ricerca nella lotta ai tumori

Con la dottoressa Francica abbiamo discusso dell’importanza della ricerca nell’individuazione e trattamento delle patologie tumorali: «È fondamentale in qualsiasi settore scientifico perché – spiega – grazie ad essa costruiamo le basi per il nostro futuro». Per quanto concerne il livello oncologico «in particolare ci permettere di trattare queste patologie, purtroppo in continua crescita, in maniera adeguata». La ricerca, «soprattutto negli ultimi 15-20 anni ha fatto considerevoli passi in avanti. Uno dei traguardi più significativi che è stato raggiunto riguarda il calo del tasso di mortalità dei pazienti. Questo è stato possibile grazie all’utilizzo di terapie mirate e uno screening precoce in grado di individuare l’insorgenza nella malattia negli stadi iniziali».

«Ogni tumore è diverso dall’altro»

A consentire una vera e propria svolta, «il sequenziamento del dna tumorale». La dottoressa fa rilevare: «Fino a qualche anno fa si pensava che le neoplasie sviluppate nello stesso organo, avessero caratteristiche molto simili». Invece «il sequenziamento del dna tumorale ha dimostrato che ogni tumore è completamente diverso dall’altro da un punto di vista molecolare». Perché questa scoperta è stata così importante? «È vero che la ricerca ci ha permesso di classificare le patologie da un punto di vista “istologico” ma è altrettanto vero che è stato possibile individuare all’interno di determinate categorie, altrettante sottocategorie». Sapendo che «ogni tumore è diverso dall’altro è un punto cruciale perché ci permette di trattare e curare il paziente non con una terapia generica ma con una “soluzione” mirata».

Tumore al seno, i passi in avanti

Tra le patologie tumorali più frequenti figura quello al seno: «Ci stiamo lavorando da tantissimi anni, io personalmente da circa 15. Ebbene grazie alla ricerca siamo riusciti a scoprire che, se un paziente perfettamente sano, presenta delle mutazioni su determinati geni (esempio sul gene Brca1), riusciamo a comprendere che quella persona ha circa il 70% delle probabilità di sviluppare un tumore al seno o a livello ovarico nel corso della sua vita. Sappiamo dunque che i soggetti portatrici di questa mutazione, se sottoposti a mastectomia preventiva, vedono ridursi sensibilmente il rischio di sviluppare la neoplasia». Alcuni anni fa, per esempio, fece notizia la scelta dell’attrice di Hollywood, Angelina Jolie, di sottoporsi a questo tipo di intervento proprio per scongiurare l’insorgenza del tumore.

E non solo «Oggi sappiamo che alcuni tipi di tumori con queste mutazioni sono particolarmente sensibili alle terapie che prevedono l’utilizzo di PARP inibitori, che inibiscono un enzima prodotto dalle cellule del nostro corpo». Un altro traguardo raggiunto appunto grazie alla ricerca: «Proprio per questo possiamo affermare che sì, sono stati fatti passi da gigante anche se resta tantissimo lavoro da fare».

La ricerca sui tumori in metastasi

Il lavoro della dottoressa Francica si concentra in modo particolare sulle neoplasie alla mammella: «Cerchiamo di capire quali sono i meccanismi che portano alle formazioni di metastasi, cosa provoca la resistenza alla terapia e soprattutto perché inizialmente i tumori sembrano rispondere bene alle cure con una riduzione della massa e poi, invece, assistiamo purtroppo ad una ricrescita del tumore. Tumore che, ad un certo punto dei cicli di terapia, non risponde più come nella fase di trattamento inziale».

In questo contesto «sto cercando di capire quali sono i meccanismi che vengono innescati che portano ad una proliferazione incontrollata delle cellule tumorali nonostante le terapie. Nello specifico mi sto occupando di una delle categorie più aggressive di tumore al seno, chiamata “triple negative breast cancer”, che spesso viene diagnosticato ad un livello avanzato metastatico». Facendo esperimenti, «ho scoperto un gene la cui mutazione rende il tumore resistente alla radioterapia. La mia ricerca ha dimostrato quali sono i meccanismi molecolari che vengono innescati da queste mutazioni che rendono le cellule tumorali resistenti alla terapia». Si tratta di «risultati che saranno di grande importanza anche a livello clinico. Sapremo infatti che per quel paziente con quella determinata mutazione la radioterapia non funzionerà per ridurre la massa tumorale. Questo consentirà di guadagnare tempo prezioso e sconfiggere il tumore con una terapia più adeguata».

La passione per la ricerca in campo medico

Quella della dottoressa Francica è una carriera partita dalla Calabria. Prima il diploma al liceo Berto di Vibo Valentia, poi la laurea in Biotecnologie Mediche e Farmaceutiche a Firenze, e infine il tirocinio al Centro di ricerca sul cancro al seno, (Institute of Cancer Research, Londra), nel laboratorio guidato dalla professoressa Clare Isacke: «Fin dal liceo la scienza m’ha sempre affascinata. In particolare, l’evoluzione genetica che poi sta alla base delle malattie oncologiche. Un altro fattore di non poco conto, è il desiderio di dare un contributo a livello internazionale pensando a quante persone, quotidianamente, si trovano ad affrontare questo tipo di malattia». A dare una svolta, oltre al percorso universitario, l’esperienza in terra inglese che ha portato la professionista, anni dopo, ad approdare nel team di ricerca svizzero contribuendo con la propria sensibilità e abnegazione a individuare innovative soluzioni nella lotta contro il cancro.

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