Le colonne della cava romana di Nicotera erano destinate a tutto l’Impero: le Università di Catania e Marsiglia nel sito dimenticato – FOTO
Attivo fra il I e il IV secolo d. C. e scoperto nel 1972 dall’archeologo Achille Solano, questo antico luogo rappresenta un tesoro semisconosciuto della Calabria. Ora un team di ricercatori e scienziati ha riacceso i riflettori sui reperti: «C'è anche un interesse geologico, perché queste pietre hanno 300 milioni di anni»
Partire dallo studio della pietra e della sua composizione, per disegnare le rotte che hanno portato colonne e vari manufatti in granito dalla cava romana di Nicotera nelle allora altre province dell’Impero romano. E dimostrare così – con dati tecnici e scientifici – che alcune colonne che ancora oggi sono parte di monumenti o antichi edifici a Roma, in Sicilia, in Toscana o persino in Tunisia, provengono proprio da qui. È il lavoro che sta portando avanti un team di geologi dell’Università di Catania, che da oltre vent’anni attenziona la cava nicoterese e che ieri si è recato sul posto per un sopralluogo, insieme a due ricercatori dell’Università di Marsiglia con i quali è in atto una collaborazione tesa ad approfondire la conoscenza anche del granito nicoterese.
Macchine fotografiche, metri, livelli e altri strumenti del mestiere in mano, la spedizione ha avuto inizio partendo dalla stazione ferroviaria. La cava – attiva fra il I e il IV secolo d. C. e riportata alla luce nel 1972 dall’archeologo Achille Solano – si trova infatti poco più giù, a un tiro di schioppo dal mare. Ad accompagnare i ricercatori c’erano il console del Touring Club Italiano Giovanni Bianco, il presidente dell’associazione Difesa diritti del territorio Pino Brosio insieme al responsabile del dipartimento Cultura Giuseppe Caloprestri, il vicesindaco Lorella Destefano con il consigliere con delega alla Cultura Giuseppe Leone e l’assessore Marco Vecchio. Presenti anche funzionari della Soprintendenza a supervisionare le operazioni in un luogo che è già sottoposto a vincolo archeologico.
Una fotografia dall’epoca romana
«È una cava d’interesse non solo archeologico ma anche geologico, perché questa roccia ha 300 milioni di anni. In più non è facile vedere dei siti in cui i romani estraevano granito e lo lavoravano, e vedere tutti questi elementi sbozzati ancora qui. È come se avessimo una fotografia di quanto accadeva oltre milleseicento anni fa», ha spiegato ai presenti il professore Rosolino Cirrincione, direttore Dipartimento Scienze biologiche, geologiche e ambientali e che insieme alle professoresse Rosalda Punturo e Patrizia Fiannacca porta avanti le ricerche. «La cava di Nicotera era molto produttiva e sicuramente più estesa di questa parte emersa, visto anche tutto il materiale in giro per l’Italia che riteniamo provenga da qui. Va valorizzata e inserita in percorsi turistici culturali – ha aggiunto poi rivolgendosi ai rappresentanti dell’amministrazione comunale e delle associazioni presenti -. E meriterebbe anche di diventare un geosito».
I segreti della cava svelati dalla geologia
La professoressa Punturo, che era già stata a Nicotera e qui aveva campionato il granito locale, ha poi fornito qualche dettaglio in più sugli studi in atto: «In letteratura si parla del granito di Nicotera utilizzato solo a livello locale. Ci sono ancora altri rilievi e analisi da fare, ma noi riteniamo, insieme ai colleghi francesi, che non sia così e che anzi sia stato esportato anche in luoghi parecchio lontani da qui». Ad uso locale, perlopiù calabrese, sarebbe stato destinato il granito proveniente da un’altra cava presente nel Vibonese, quella di Parghelia: «Quella roccia ha caratteristiche fisico-meccaniche diverse da questa, le colonne realizzate a Parghelia ad esempio si fratturavano più facilmente e quindi non hanno fatto viaggi molto lunghi».
Di colonne provenienti dalla cava di Nicotera invece c’è traccia persino in Tunisia, ha spiegato Pierre Rochette, professore di geologia arrivato da Marsiglia insieme al collega archeologo Andreas Hartmann-Virnich. «Si trovano in una moschea, non sappiamo se portate dai romani oppure dagli arabi più recentemente dopo averle prelevate da qualche altro edificio. Di queste colonne ne abbiamo poi trovate in Sicilia, in Campania, in Toscana e a Roma nei musei vaticani, dove ci ha aiutato con i prelievi Patrizia Macrì dell’Ingv. Vogliamo dimostrare la diffusione del granito di Nicotera oltre i confini calabresi e per farlo era necessario venire qui per vederlo e studiarlo da vicino». Presente anche l’archeologo calabrese Francesco Cuteri, dell’Accademia delle belle arti di Catanzaro, che già in passato si è occupato delle cave costiere calabresi.
Le voci dal territorio
Soddisfatto il console del Touring Giovanni Bianco, che ha incentivato l’arrivo degli studiosi nella cittadina costiera: «Sicuramente ci arricchiremo con le ricerche e le consulenze di questi esperti. Stiamo scrivendo nuove pagine su questa Nicotera che viene dissepolta dall’oblio della storia; bisogna continuare insieme, amministratori e associazioni del territorio». Dello stesso avviso Pino Brosio, che ha assicurato un impegno «ancor più intenso» da parte dell’associazione Diritti difesa del territorio.
La cava, da anni nell’abbandono, è stata ripulita per l’occasione dal Comune. A proposito dell’iter per l’acquisto del terreno, avviato dall’amministrazione nel 2021, il consigliere Leone ha assicurato: «È in agenda. Dal punto di vista culturale, rappresenta una nostra priorità insieme alla riapertura del Museo di archeologia».
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