«Non fa piacere uno di fuori che viene a fare pozzi a Limbadi». L’intervento del boss Mancuso per riportare la pace tra Contartese e Naso
La Dda di Catanzaro propone appello anche su un’assoluzione per tentata estorsione. La mediazione del boss attraverso Pasquale Gallone. Diventano definitive 14 assoluzioni
Una lite da appianare sul territorio “governato” dal boss Luigi Mancuso. Gli attriti tra due ditte che il capo cosca deve dirimere. A farne le spese sarebbe stato l’intruso, la ditta di “fuori” estromessa nonostante il lavoro fosse già appaltato.
Secondo il Tribunale di Vibo Valentia che ha emesso sentenza riguardo al processo Petrolmafie, non è dimostrato il coinvolgimento di Luigi Mancuso, boss di Limbadi, in una tentata estorsione ai danni di una impresa di Lamezia Terme che stava eseguendo dei lavori a Limbadi. Il caso, stralcio del processo Rinascita, coinvolge anche gli imprenditori Salvatore Contartese, Francesco Naso e il braccio destro di Mancuso, Pasquale Gallone. Da questa tentata estorsione sono stati tutti assolti nel primo grado di giudizio, sia in Rinascita Scott che in Petrolmafie.
L’estorsione ai danni della ditta di Lamezia
Secondo l’accusa l’impresa sarebbe stata costretta ad interrompere la propria attività lavorativa già appaltata, di modo che quello stesso incarico potesse essere assunto dalle società riconducibili a Contartese, senza altra causa o giustificazione che non fosse l’ubicazione dell’attività commerciale in un territorio sottoposto al controllo dei Mancuso. Secondo il Tribunale di Vibo Valentia non vi sono sufficienti elementi per «comprendere come in concreto egli abbia agito per consentire il subentro di Salvatore Contartese, in sostituzione» del precedente imprenditore.
Naso e i dissapori con Contartese
Secondo la Dda di Catanzaro la motivazione della sentenza appare «estremamente contraddittoria, illogica e viziata da errori di fatto e di diritto».
La vicenda sarebbe nata da contrasti tra Contartese e Naso, poiché il primo si sarebbe rifornito di calcestruzzo, per alcuni lavori, «da una società di “fuori”, ledendo gli interessi economici e soprattutto la posizione di dominio esclusivo nel territorio di Limbadi e Nicotera, di Francesco Naso». A riappianare la situazione sarebbe intervenuto Zio Luigi.
L’intervento di Zio Luigi
Come emergerebbe, infatti, dalle conversazioni del 22 e 24 agosto 2016 «Contartese, conscio della caratura del Mancuso che parlava attraverso Pasquale Gallone, si metteva a disposizione sia per incontrare Naso e sia per raggiungere un accordo con lui, secondo le indicazioni proprio del Mancuso affermando che se lo “zio Luigi” e non il “cavaliere” (ovvero il Naso) gli avesse dovuto ordinare di non portare più il cemento della ditta “concorrente”, lui non lo avrebbe fatto, lasciando così intendere che avrebbe accettato di rifornirsi dal Naso e, in definitiva, di fare la volontà dello “zio Luigi”».
Le rimostranze di Contartese
Anche Contartese avrebbe, però, avuto delle rimostranze da fare nei confronti di Naso, il quale «in contrasto con l’ordine impartito dallo “zio” di far lavorare “le imprese del paese”, proprio nel settore delle trivellazioni e palificazioni per costruzioni edili in cui operava il Contartese, Francesco Naso avesse favorito ditte di fuori».
Pasquale Gallone, parlando per conto di Luigi Mancuso, avrebbe avallato le lamentele di Contartese: «Non fa neanche piacere, per dire, vedere uno di un altro paese che viene a fare un pozzo dentro Limbadi». Un messaggio che, secondo Naso, «voleva rispettato».
Secondo la Dda di Catanzaro «non può esserci dubbio» che l’estromissione della ditta di Lamezia sia avvenuta per ordine di Zio Luigi, chiamato ad appianare le divergenze insorte sul suo territorio.
Assoluzioni definitive
La Dda ha proposto appello su 31 posizioni nell’ambito del processo Petrolmafie. Sono 14, dunque, le assoluzioni diventate definitive: Anna Bonfanti, Carmine Coppola, Domenica D’Amico, Rosa D’Amico, Biagio Esposito, Italiano Giasone, Salvatore La Rizza, Simone Micale, Marina Azzareno, Fabio Pirro, Lucia Nurcato, Rocco Costa, Emanuele Scevola e Domenico Roberto Tirendi.