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L’assedio dei Bonavota a Callipo: «Gli tocchiamo il figlio e poi vediamo se capisce»

Sarebbe stata questa l’intenzione del clan che avrebbe voluto piegare l’imprenditore per ottenere vantaggi economici. Per i due collaboratori di giustizia, Francesco Michienzi e Andrea Mantella, Pippo Callipo era già assoggettato alla cosca dei Mancuso

L’assedio dei Bonavota a Callipo: «Gli tocchiamo il figlio e poi vediamo se capisce»

L’operazione “Conquista”, che stamani ha portato al fermo di sei persone, ha fatto piena luce anche sulle intimidazioni, messe in atto a distanza di ben 12 anni, ai danni di due aziende riconducibili all’imprenditore Filippo Callipo.

Per la ricostruzione degli episodi estorsivi si sono rivelate fondamentali le dichiarazioni di due collaboratori di giustizia, Francesco Michienzi e Andrea Mantella, esponenti di spicco delle consorteria di ‘ndrangheta facente capo al clan Bonavota di Sant’Onofrio.

Omicidi ed estorsioni, decapitata la cosca Bonavota (NOMI)

Il primo tentativo di estorsione risale al 10 giugno del 2004. In quell’occasione venivano esplosi sei colpi di arma da fuoco all’indirizzo dell’azienda “Callipo Conserve” ubicata del comune di Maierato. Dopo l’intimidazione, Callipo riferiva agli inquirenti di non aver ricevuto alcuna minaccia o richiesta estorsiva ma esternava un sospetto, ossia faceva riferimento ad una richiesta di assunzione presentata alla propria azienda da parte di Michele Bonavota, cugino di Domenico Bonavota.

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Di quell’attentato in seguito si autoaccusò il pentito Francesco Michienzi precisando di averlo compiuto su incarico di Domenico Bonavota per il tramite di Vincenzino Fruci. Quest’ultimo gli avrebbe raccomandato di prestare particolare attenzione all’arma che avrebbe utilizzato, una pistola già “sporca”, intendendo che era stata già usata per altri delitti. Così da un verbale dell’interrogatorio del collaboratore di giustizia: “Il primo danneggiamento era Callipo Tonno, Tonno Callipo e lì andai io, andai io e gli sparai il muro…”.

Le dichiarazioni rese da Michienzi verranno poi riscontrate e corroborate da quelle dell’altro pentito Andrea Mantella e suffragate dagli esiti degli accertamenti svolti dai Ris dei carabinieri di Messina.

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Michienzi in un ulteriore interrogatorio preciserà: “Poi successivamente i Bonavota erano arrabbiatissimi perché non solo non si è rivolto, perché dice lui «ai Mancuso li aiuta… per aiutare intendo estorsione, va! Adesso quindi facciamo qualche altro dispetto. Mo ci informiamo che ha un figlio all’Università a Roma, ci informiamo dov’è, mandiamo qualcuno, saliamo, o gli spezziamo le gambe oppure gli facciamo una telefonata al padre e gli diciamo: ‘Sappiamo l’indirizzo di tuo figlio, vedi cosa devi fare’», però questa cosa non so se l’hanno fatta…”.

E ancora da un altro interrogatorio: “Domenico Bonavota diceva che: «Questo è uno tosto, che non molla che non paga. Però noi sappiamo che ha un figlio a Roma che studia. Dobbiamo vedere solo dov’è che gli tocchiamo il figlio e poi vediamo se capisce»”.

Doppio astio il clan nutriva nei confronti di Callipo: per il fatto che l’imprenditore non si era piegato ai voleri della consorteria e perché era ritenuto assoggettato (in quanto vittima) al sodalizio rivale, ovvero quello dei Mancuso, circostanza confermata anche dall’altro collaboratore Mantella.

Con le medesime modalità, analogo danneggiamento, a distanza di ben 12 anni, veniva subito da un’altra azienda riconducibile all’imprenditore Pippo Callipo. Il 2 aprile del 2016 venivano esplosi 11 colpi di arma da fuoco all’indirizzo del cancello d’ingresso della struttura ricettiva “Popilia Country Resort”. Della materiale esplosione dei colpi è accusato Domenico Febbraro, che sarebbe stato accompagnato sul posto da Giuseppe Lopreiato, risultato poi essere autista di fiducia di Domenico Bonavota. I due avrebbero agito proprio su mandato di quest’ultimo che da sempre avrebbe voluto piegare l’imprenditore.

Del coinvolgimento dei Bonavota ne è convinto anche Pippo Callipo che in una conversazione riferisce all’interlocutore di sapere, o quanto meno di sospettare, che i danneggiamenti siano riconducibili ai Bonavota: “son venuti sabato sera… o venerdì non mi ricordo però nel video non si vede niente… si vede un jeans e un paio di scarpe… ma questi sicuramente i ‘Bonavota’…”.

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