Processo Maestrale, Mantella parla del «potere» di Pitaro e Daffinà: «A disposizione per approfondimenti»
Nel corso della lunga deposizione i magistrati hanno mostrato al collaboratore di giustizia circa 80 fotografie, molte delle quali di persone non indagate. Tra queste anche quelle dell’ex consigliere regionale. Poi di sua iniziativa ha raccontato dell’esponente vibonese di Fi
Una «rete di copertura» per proteggere i medici coinvolti nella morte della giovane Federica Monteleone, deceduta all’ospedale di Vibo il 26 gennaio 2007 in seguito a un banale intervento di appendicectomia, il 26 gennaio 2007. A raccontarlo è stato il collaboratore di giustizia Andrea Mantella, ascoltato ieri nell’ambito del processo Maestrale-Olimpo-Imperium che si svolge nell’aula bunker di Lamezia,
Secondo Mantella, ex boss di un gruppo scissionista che ha imperversato a Vibo Valentia nei primi anni 2000, quando la ragazza morì si sarebbe attivata una «rete di copertura» costituita da «Luciano, Vetrinetta, i Mancuso, Pasqua…» per proteggere non solo i medici, ma anche «la ditta amica di Pantaleone Mancuso Vetrinetta». Queste informazioni Mantella le avrebbe avute da Paolino Lo Bianco che all’epoca lavorava in ospedale.
Ma Mantella non ha parlato solo di questo. In aula, la Dda di Catanzaro ha mostrato al pentito oltre 80 fotografie di varie persone, anche non imputate nel processo. Tra queste ultime, la Distrettuale ha mostrato anche l’immagine dell’avvocato ed ex consigliere regionale Vito Pitaro (all’epoca eletto nella lista Santelli Presidente), che Andrea Mantella ha definito «un massone politico», un uomo appartenente a «una loggia particolare, occulta». Pitaro non è stato raggiunto da alcuna misura e non risulta neppure indagato. Il collaboratore Mantella si è detto pronto a mettersi a disposizione dei magistrati per «approfondimenti».
Le dichiarazioni ancora «omissate» di Andrea Mantella
D’altro canto, Andrea Mantella ha più volte lasciato intendere che le sue dichiarazioni non si fermano a quanto è stato già emerso dagli atti dell’inchiesta. Lo ha detto due udienze fa, quando ha parlato di dichiarazioni «ancora omissate» sugli omicidi che la cosca Giampà avrebbe commesso per conto dei vibonesi. Lo ha ripetuto ieri nel corso dell’udienza quando ha affermato di avere fatto, dal 2016 ad oggi, dichiarazioni anche su giudici e magistrati, tutto materiale, allo stato, «omissato».
Coscarella «sponsorizzato»
Mantella ha affermato di riconoscere in foto anche Gregorio Coscarella, imprenditore vibonese considerato dalla Distrettuale «il volto presentabile» dei Fiaré di San Gregorio d’Ippona. Il collaboratore lo ha individuato come l’imprenditore «che aveva l’appalto alla mensa dell’ospedale». Lo considera, non solo nipote di Rosario Fiaré, ma anche uomo «sponsorizzato» da colletti bianchi come, l’ex dirigente dell’Asp di Vibo Cesare Pasqua.
Il favore alla moglie di Salvatore Galati
Altra foto che Mantella afferma di riconoscere è quella della moglie di Salvatore Galati, imputato nel procedimento. Secondo il pentito la donna avrebbe avuto un contratto migliore in virtù delle spese che doveva sostenere visto che marito e figli erano in prigione. Mantella, attraverso i suoi canali, ovvero Paolino Lo Bianco e Domenico Cugliari, alias Micu i Mela, si sarebbe mosso per arrivare all’ex presidente della Provincia Ottavio Bruni. Mantella afferma di avere avvicinato, non direttamente ma attraverso canali alternativi, l’ex presidente Bruni perché si interessasse del contratto della donna. Neppure Bruni è indagato nel procedimento.
«Il Licio Gelli vibonese»
Terminata la galleria fotografica, il teste si è sottoposto alle domande del pm Antonio De Bernardo. Anche durante l’interrogatorio il pentito ha portato il discorso, in alcuni casi, su persone non indagate e tantomeno imputate. È il caso del professionista, impegnato in politica e vicino a Forza Italia, Antonio Daffinà: «Stando sempre a quanto mi hanno riferito Paolino Lo Bianco e Salvatore Tulosai – dice Mantella –, il Licio Gelli vibonese è stato sempre Antonino Daffinà, il regista di tutto il potere occulto. A Vibo Valentia è una sorta di P2. Ed è Tonino Daffinà che governa tutto questo potere di colletti bianchi». Anche in questo caso le dichiarazioni di Mantella in aula – che peraltro si riferiscono a racconti di terze persone e non a una conoscenza diretta – sono tutte da riscontrare.
Luciano «referente» di Vetrinetta
Alfonso Luciano, ex dirigente sanitario della Casa Circondariale di Vibo Valentia nonché direttore dell’Ufficio Protezione e Prevenzione Aziendale dell’Asp di Vibo Valentia è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. Attraverso la sua professione di perito avrebbe garantito alle cosche di Vibo e Sant’Onofrio relazioni mediche favorevoli. Mantella lo considera un «referente» del boss deceduto Pantaleone Mancuso Vetrinetta. Afferma che Luciano avrebbe anticipato il fatto che l’attuale collaboratore sarebbe stato arrestato. Fatto che avvenne con l’operazione Asterix.
Massara e i rapporti con Accorinti
Mantella racconta, inoltre, di avere ricevuto, quando era un esponente apicale delle cosche vibonesi, anche favori dal dottore Francesco Massara, dirigente dell’Asp di Vibo, oggi accusato di tentata violenza privata aggravata, in concorso con Giuseppe Antonio Accorinti e Nazzareno Cichello, ai danni di una dottoressa veterinaria. Il collaboratore dice di essere stato avvisato da Massara della visita nel suo ufficio della Guardia di finanza circa alcuni bovini che Mantella sdoganava dalla Francia. Mantella, a sua volta, si sarebbe prodigato a «fargli avere qualche voto» in occasione di candidature. Massara avrebbe avuto relazioni con Carmine Galati e con Giuseppe Antonio Accorinti. Quest’ultimo in una occasione avrebbe minacciato di picchiarlo perché non gli aveva sbrigato una pratica di macellazione di bovini. «Questo fatto me lo raccontò Massara nel 2010».