I “Fogli d’Autunno” di Vincenzo Varone: un’indagine intima tra cronaca e storia
L’ultima fatica letteraria del giornalista e scrittore miletese ripercorre decenni di fatti avvenuti nell’ex capitale normanna di cui l’autore si conferma profondo conoscitore
Nuova pubblicazione firmata da Vincenzo Varone, giornalista di lungo corso, saggista, editorialista con alle spalle la direzione di alcuni periodici. L’opera dal titolo “Fogli d’autunno” è dedicata soprattutto alla sua Mileto con le sue storie, di cui Varone è stato diretto testimone, come quella del piccolo Erduan Sali, il piccolo slavo ucciso a San Calogero e sepolto come un vuoto a perdere nelle campagne di Mileto e che oggi riposa in pace nella cappella della Curia diocesana del cimitero comunale dove davanti alla sua lapide non manca quasi mai un fiore fresco.
“Un segno di affetto verso un figlio del Cielo – scrive l’autore -, morto per colpa di mano assassina, che nei suoi anni brevi non ebbe mai la gioia di sentirsi amato” e come quella più lontana ma ancora viva di Lina Francis, l’artista circense di Rieti uccisa nel 1966, in piazza Pio XII, dal suo amante diventato all’improvviso assassino.
“Mileto all’epoca rimase sconvolta da quel delitto, tant’è che ancora oggi – si legge nel libro – sono in tanti a ricordare quel circo, gli inviati dei giornali giunti sul posto, i flash delle macchine fotografiche che lampeggiavano impertinenti sul luogo dello scempio. E ancora, Gregorio l’assassino, un uomo alto, grosso e dall’aspetto gentile, ma soprattutto lei, Filomena Biscetti, in arte Lina Francis, presentatrice di spettacoli, radiosa come il sole, morta in una notte di primavera sinistra e tempestosa, per colpa di un amore sbagliato”.
E in “Fogli d’autunno” non potevano mancare i tanti personaggi che hanno popolato l’ex capitale normanna, come l’uomo con il mantello Franco Pata, un intellettuale che scelse di abbandonare la Mondadori e la “Milano da bere” per ritornare a vivere nella Mileto della sua adolescenza, dove trascorse il resto della sua vita lontano dal tintinnio cattivo del profitto e del successo ad ogni costo.
Alcune pagine sono, inoltre, ispirate a Natuzza Evolo, alla quale Varone ha recentemente dedicato il libro “Sotto il cielo di Paravati”, recensito dai maggiori organi d’informazione nazionali. Nella parte dedicata alla grande mistica, Vincenzo Varone racconta anche la visita ai detenuti del carcere di Vibo Valentia. Una visita in cui la mistica diede conforto e speranza a tutti i carcerati.
“Da allora sono passati più di dieci anni – racconta l’autore -, ora Natuzza, che è venuta mancare nel giorno di tutti i Santi del 2009, riposa nella cappella della Fondazione Cuore Immacolato di Maria Rifugio delle Anime e veglia dal Cielo soprattutto sull’umanità ferita. Per quanto riguarda, invece, i detenuti di quell’incontro molti di loro hanno sicuramente finito di pagare il loro conto con la giustizia e con la società, mentre altri sono ancora dietro le sbarre. Di loro non conosciamo il percorso compiuto in tutti questi anni e quali mutamenti ha subito la loro vita. Ma di una cosa siamo più che certi: quel giorno ogni carcerato ha ricevuto un segno di affetto e di calore. Di quelli che arrivano quando il buio sembra avvolgere tutto e tutti”.
Un libro, quello di Varone, scritto con gusto, con lo stile tipico dell’autore che riesce a far rivivere attraverso la scrittura storie e personaggi che hanno lasciato il segno.