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Primo Maggio, don Carnovale: «La mancanza di lavoro genera persone ricattabili e impaurite»

Il direttore dell’Ufficio pastorale di settore della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea lancia l’allarme sui tanti morti sul lavoro: «Tema della sicurezza diventi per scelta politica una questione sociale»

Primo Maggio, don Carnovale: «La mancanza di lavoro genera persone ricattabili e impaurite»
Il Ministero del Lavoro

Oggi è il primo maggio, giorno in cui in Italia ricorre la Festa del Lavoro. Nell’occasione, sull’argomento si registra la riflessione del direttore dell’Ufficio pastorale di settore della Diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, don Pietro Carnovale. Per il sacerdote, il dato prevalente su questa delicata tematica è che in Italia manca il lavoro, soprattutto di qualità. Una scarsità che porta sempre più persone a essere «ricattabili e impaurite della prospettiva di perderlo o di non trovarlo, di essere precarie a vita, o di lavorare in nero, per cui dignità, diritti e salute finiscono in secondo piano. A questo – sottolinea il responsabile diocesano del lavoro e problemi sociali – va aggiunta una disoccupazione con picchi ingovernabili in diversi segmenti della popolazione: giovani, donne, cinquantenni, e in alcune aree come il Sud del paese. Siamo in piena crescita di diseguaglianze intergenerazionali, di reddito e di opportunità. E una deriva che preoccupa, anche con la ripresa economica in evoluzione del dopo emergenza Covit, con un Europa in cerca di transizioni giuste, e di uno sviluppo sostenibile. Dimenticato il nemico Covit è ritornato come nemico l’emigrante, anche quello per lavoro ricercato e richiesto dal sistema produttivo italiano e convalidato dal Governo. Tema affrontato come emergenza ma che tutti sanno è strutturale, per almeno i prossimi 20 anni».

Nell’occasione, don Carnovale si sofferma anche sui morti sul lavoro, snocciolando i numeri delle vittime registratesi dall’inizio dell’anno. Ben 332 sono gli scomparsi per infortuni, a cui si aggiungono i 449 in itinere e sulle strade, visto che chiunque perde la vita mentre svolge questa funzione «è da considerare un morto sul lavoro. A partire dalla prevenzione per la salute – prosegue – va sottolineato che c’è un aumento doppio delle malattie per i lavoratori stranieri, esposti ai ruoli più disagiati. Circa un terzo degli infortuni mortali avvengono in viaggio, andando o tornando al lavoro, ma anche conseguenza della professione. Numeri che vanno aumentati di un 30% dei lavoratori non iscritti all’Inail, di quelli in nero e dei precari. Non sono sufficienti i corsi sulla sicurezza per i lavoratori, quando non vengono rispettate le leggi e gli accordi con il sindacato, quando non vengono date le giuste disposizioni e indumenti di protezione». Per don Carnovale, tra l’altro, queste tematiche devono diventare per scelta politica una “questione sociale”, con un patto tra un sindacato unitario, forze partitiche e istituzioni. Da qui il suo sguardo alle prossime elezioni europee, fondamentali per costruire insieme un continente di pace, lavoro e giustizia sociale.

«L’Europa non sta attraversando un momento semplice – spiega – da due anni la guerra è tornata a colpirla nel cuore e il vento dei nazionalismi soffia in modo pericoloso, alimentando pulsioni isolazioniste e disgreganti. Per questo è ancora più importante, oggi, rilanciare il grande valore di un’Europa unita che prosegua il suo percorso di integrazione, rimettendo al centro questi tre valori costitutivi». Per la pace c’è bisogno di una politica estera comune «che dia all’Ue il ruolo di attore principale nella costruzione di vie diplomatiche per la risoluzione dei conflitti in essere ovunque affliggano le popolazioni». Per quanto riguarda il lavoro, invece, il progetto deve, soprattutto, «mettere al centro i bisogni delle lavoratrici e dei lavoratori, garantendo salute e sicurezza nel contesto in cui operano e superando le forme di precariato che spesso tarpano le ali alle attuali e future generazioni». E per fare questo bisogna dire basta a una concorrenza «troppo spesso fondata sul dumping contrattuale e dei diritti» e proseguire sulla giusta direzione «di incentivare la green economy e di mettere regole all’utilizzo dell’Intelligenza artificiale». Infine la giustizia sociale. «Conosciamo bene quale sia l’urgenza di una vera lotta contro le discriminazioni di genere, che proprio dal lavoro deve partire garantendo parità di trattamento tra donne e uomini. Giustizia sociale – conclude il direttore dell’Ufficio diocesano – significa anche garantire misure di contrasto alla povertà e un servizio sanitario e di istruzione pubblici efficienti consentendo a tutte/i di averne accesso. L’Ue e i suoi Stati membri devono continuare ad intensificare gli sforzi per definire una politica migratoria europea efficace, umanitaria e sicura che valorizzi le persone migranti nel loro progetto di vita e nel contributo che possono dare alla società civile».

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