La felce preistorica nei boschi delle Serre e nel Vibonese, gli esperti: «È un fossile vivente» – Video
Nuove stazioni sono state individuate nei mesi scorsi nel Parco regionale e anche in alcuni territori della provincia di Vibo. Le guide turistiche Barillaro e Pascolo: «Specie rarissima da tutelare»
Il parco regionale delle Serre si conferma ancora una volta scrigno di biodiversità. In più aree, infatti, è stata individuata la “Woodwardia radicans”, nota comunemente come felce bulbifera, specie rara di felce gigante con origini che risalgono al periodo Terziario (inizio del Cenozoico, 65 milioni di anni fa). Appartenente alla famiglia delle Blechnaceae, si tratta di una pianta che presenta fronde che possono superare i 3 metri di lunghezza. A spiegarci l’importanza della scoperta, Stefania Barillaro, guida escursionistica e profonda conoscitrice del comprensorio vibonese e calabrese: «La felce è stata individuata nell’altro Stilaro da guide del parco naturale regionale delle Serre Giorgio Pascolo, Cosimo De Luca ed Emanuele Valenti. Altri esemplari si possono trovare a Gerocarne e Polia. Al momento meglio non dare indicazioni sui luoghi precisi perché servono misure di protezione».
La felce preistorica
Una precedente rilevazione, datata 1999 ad opera di Giuseppe Pisani, era stata riportata sul bollettino dell’Informatore botanico italiano. La nuova stazione conferma la buona salute del sito e la crescita di questa specie, tra le più interessanti e rare della flora europea. La felce bulbifera si trova oggi solo in alcune limitate zone dell’Europa meridionale. La caratteristica distintiva della Woodwardia, come sottolineato dagli esperti, «è la presenza di bulbilli che si sviluppano nella parte superiore del fusto fogliare, da cui la pianta prende il nome. Questi piccoli organi – viene specificato- consentono una forma speciale di propagazione vegetativa: quando le fronde toccano il terreno umido, i bulbilli si radicano e danno origine a nuovi individui, permettendo così alla pianta di diffondersi e proliferare in modo efficace anche in ambienti favorevoli alla sua crescita». Barillaro sottolinea: «La sua presenza nel nostro territorio è importante poiché la sua evoluzione è rimasta quasi identica a quando sulla terra vi era la presenza dei dinosauri (Terziario). È un vero fossile vivente ed ha bisogno di un microclima particolare. La temperatura non deve variare molto tra i 20/25 gradi in tutto il periodo dell’anno». Pertanto «ha bisogno di umidità costante e di luoghi non eccessivamente assolati. Tutte queste caratteristiche si possono trovare in poche aree».
L’importanza della felce nel Parco delle Serre
Il passare del tempo non ha reso la felce preistorica immune a qualsiasi cambiamento: «L’equilibrio tra tutti gli esseri viventi di queste nicchie ecologiche è molto delicato. Per esempio – sottolinea la guida Parco regionale Serre- basta che ci sia un taglio eccessivo degli alberi al di sopra delle forre in cui vive per determinare la scomparsa in quel luogo di esemplari che al loro apice di crescita potrebbero avere fronde di una lunghezza di 4/5 m circa. Per questo è indispensabile un monitoraggio costante da parte degli esperti». Ma il controllo potrebbe non essere sufficiente: «Sarebbe opportuno un censimento e al contempo andrebbe fatto un lavoro di sensibilizzazione agli operatori che manutentano i sentieri del parco e a tutti i privati proprietari dei terreni nella zona, sull’importanza di non condurre tagli degli alberi in modo massivo». Il vibonese si conferma dunque un territorio che non smette di regalare sorprese: «Tra le specie da tutelare – fa presente la Barillaro – anche la palma nana (Chamerops humilis), vive abbarbicata sugli scogli e ve ne sono diverse varietà a Capo Vaticano».
Pascolo: «È un fossile vivente»
Sulle caratteristiche della felce, la guida Pascolo, tra i scopritori della nuova stazione, precisa: «È una specie rarissima risalente a 80/70 milioni di anni fa quando in quest’area vi era un clima caldo-umido. Il suo habitat si è poi ridotto dopo la glaciazione e ad oggi si trova in ambienti umidi, con presenza di acqua. È un vero fossile vivente». C’è poi una curiosità in merito alla felce: «Viene definita bulbifera per la modalità con cui si riproduce. Le fronde – dotate di bulbilli – toccano terra, radicano e danno origine a nuove piante.». Proprio nel Vibonese, nella valle Ruffa, si trova la stazione più popolosa: «È stata censita e risulta la più grande d’Europa con più di duecento individui. Questo a testimonianza dell’alto tasso di biodiversità che vanta la nostra terra e la Calabria. Per questo è importante parlarne».
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