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Droga nelle Serre vibonesi e catanzaresi: prescrizione in appello per tutti gli imputati

Una sola assoluzione per non aver commesso il fatto. Fra gli imputati anche Emanuele Mancuso. La sentenza di primo grado in abbreviato a Vibo

Droga nelle Serre vibonesi e catanzaresi: prescrizione in appello per tutti gli imputati
La Corte d'Appello di Catanzaro e nel riquadro Emanuele Mancuso

Finisce in prescrizione in Corte d’Appello a Catanzaro (presidente Alessandro Bravin, giudici Antonio Giglio e Elvezia Cordasco) il processo celebrato in primo grado in abbreviato a Vibo Valentia e nato da un’inchiesta sullo spaccio di droga nelle Serre vibonesi condotta dai carabinieri del Norm di Serra San Bruno con il coordinamento del pm Filomena Aliberti. Un’operazione che era scattata nel giugno 2017. In particolare – in riforma della sentenza del 15 gennaio 2020 emessa dal gup del Tribunale di Vibo Valentia – è stato dichiarato il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione (dopo la riqualificazione in spaccio di lieve entità) dei reati contestati ai seguenti imputati: Damiano Mamone, 41 anni, di Serra San Bruno (in primo grado condannato a 4 anni e 6 mesi, più 16mila euro di multa); Simone Musolino, 34 anni,di Brognaturo (condannato in primo grado a 4 anni, 2 mesi e 12mila euro di multa); Cristian Francesco Valenti, 28 anni, di Serra San Bruno (condannato in primo grado a 2 anni e 10 mesi, più settemila euro di multa); Manuel Delfino, 36 anni, di Reggio Calabria (un anno e duemila euro di multa ciascuno in primo grado); Francesco Cannizzaro, 34 anni, di Sant’Eufemia d’Aspromonte (un anno e 2 mesi in primo grado); Piera Tounsi, 30 anni, di Suzzana (Mn, un anno e duemila euro di multa in primo grado); Emanuele Mancuso, 36 anni, di Nicotera (un anno e 4 mesi e tremila euro di multa in primo grado), collaboratore di giustizia.

L’unico ad essere stato assolto in appello per non aver commesso il fatto è stato Vincenzo Tino, 34 anni, di Capistrano (un anno e 4 mesi, più tremila euro di multa in primo grado), difeso dall’avvocato Francesco Muzzopappa. L’inchiesta dei carabinieri del Norm di Serra San Bruno aveva permesso di disarticolare una rete di spacciatori attiva nelle Serre vibonesi con diramazioni pure nel Soveratese, nel Reggino ed in altre zone d’Italia.  La rete di spaccio avrebbe inondato di hashish, marijuana, e in alcuni casi anche di cocaina, le “piazze” di Serra San Bruno, delle Serre catanzaresi e vibonesi e del Soveratese, contando su solidi canali di approvvigionamento e su una capillare distribuzione sul territorio. Il tutto coordinato attraverso uno strumento comunissimo quanto fallace: una chat di WhatsApp.  Ed è stato proprio il noto dispositivo di messaggistica a tradire i componenti del gruppo, senza alcuna posizione verticistica o componente associativa. Gruppo con il quale sarebbe entrato in rapporti anche Emanuele Mancuso, figlio del boss Pantaleone Mancuso, alias “l’Ingegnere”, che nel giugno del 2018 ha deciso di “saltare il fosso” ed iniziare a collaborare con la Dda di Catanzaro.

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